Riso, 7.000 anni di storia per un un cereale versatile e sano

In Italia è arrivato nel IX secolo e se ne coltivano almeno una decina di varietà

Pexels Polina Tankilevitch 4110255

Il riso, seme della pianta Oriza Sativa, è un cereale antichissimo: si pensa che abbia avuto origine nei climi umidi del continente asiatico, dove è utilizzato da oltre 7000 anni. Le sue radici hanno la particolarità di riuscire a svilupparsi in terreni molto bagnati o addirittura sommersi: questo gli permette di limitare i dannosi sbalzi termici tra notte e giorno durante la sua crescita. In Europa, è stato introdotto dagli Arabi nel VII secolo, mentre in Italia è giunto intorno al IX secolo, quando è sbarcato in Sicilia in seguito alle invasioni saracene.

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Quello che oggi utilizziamo nelle nostre cucine è il risultato della molitura del risone (il riso grezzo) ottenuto dalla mietitura: i semi del riso, infatti, sono delle cariossidi che hanno la caratteristica di rimanere avvolti nelle brattee (“pellicine” esterne del pericarpo dette anche pula) anche a maturità e questo rende necessario sottoporli ad un processo di raffinazione prima dell’uso.

Una volta liberato dagli strati esterni, il chicco, costituito dall’endosperma vitreo, è composto per l’80% da amido, per il 7% da proteine (a medio valore biologico in quanto sono prive solo dell’amminoacido lisina) e per lo 0,5% da lipidi, oltre a contenere preziosi sali minerali (potassio, ferro, fosforo e calcio), vitamine (PP, B1 e B2) e acqua. Circa il valore proteico, questo migliora se si abbina al riso un legume che compensa la mancanza di lisina.

Se poi utilizziamo del riso integrale, facciamo anche rifornimento di fibra, il carboidrato complesso in grado di ridurre i valori di colesterolo e trigliceridi nel sangue e depurare l’organismo.

Circa la digeribilità, il riso risulta più digeribile di altri cereali perché i suoi amidi, di piccole dimensioni, sono attaccati facilmente dagli enzimi digestivi e assimilati meglio nell’intestino. I granuli che costituiscono l’amido presente nei chicchi sono infatti fino a 20 volte più piccoli di quelli contenuti nel frumento e ben 70 volte più piccoli rispetto a quelli della patata.

Veniamo ora all’uso del riso in cucina che sottostà alla scelta della varietà da impiegare in base al piatto che vogliamo realizzare. Le migliaia di varietà di riso coltivate nel mondo si dividono principalmente in due macrocategorie: le indiche, tipiche di climi tropicali con chicchi allungati e sottili, e le japoniche, adatte a climi temperati con chicchi corti, ovali o tondeggianti. La seconda famiglia, ossia la japonica, è quella coltivata in Italia (qui non troveremo il basmati, il thai jasmine, il patna, il venere, ecc.) e comprende 4 sottocategorie, che si differenziano in base alla forma del chicco:

  • Comune, come Originario e Balilla, piccolo e rotondo.
  • Semifino, tra cui Maratelli e Vialone Nano, medio e tondeggiante.
  • Fino, rappresentato da Ribe e S.Andrea, allungato e a pasta dura.
  • Superfino, come Arborio e Carnaroli, grosso e lungo.

Sull’etichetta devono essere riportati la varietà, l’origine e l’eventuale aggiunta di talco o vasellina, sospettati di irritare le mucose. Ancora, la dicitura “Extra” indica una quantità di impurità e di difetti inferiore a un terzo di quella legale. Oltre ai marchi IGP e DOP, per l’acquisto, sarebbe importante cercare il logo “Riso Italiano”, con tre chicchi tricolori, spesso significato di piccole risaie biologiche o di marchi affidabili.

Riso Orientale
Vediamo ora nel dettaglio qualcuna delle varietà più diffuse:

  • Originario e Balilla: hanno chicchi piccoli, tondi e molto teneri, che tengono poco la cottura e che sono in gradi di rilasciare grandi quantità di amido. Sono ideali per tutte le ricette in cui non serve che i chicchi restino distinti, come dolci, timballi, sformati e crocchette..
  • Maratelli: è una varietà di riso semifino selezionata all’inizio del ‘900 da Mario Maratelli nei suoi campi di Asigliano Vercellese. Tra gli anni ’60 e ’70 raggiunse il suo picco, sia per l’estensione delle coltivazioni, sia perché particolarmente apprezzato in cucina, soprattutto per preparare i risotti e due piatti tradizionali come la panissa vercellese e la paniscia novarese. Soppiantato da altre varietà all’inizio degli anni ’80, è tornato ad essere coltivato negli anni ’90.
  • Vialone Nano: tipica della Bassa veronese, questa varietà di riso è stata la prima in Europa ad aver ottenuto, nel 1996, il marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta). Ha chicchi di media grandezza, di forma tonda e semilunga, e si presta particolarmente alla preparazione di risotti. I “risi e bisi” sono una delle ricette regionali più note, tipiche della tradizione veneta, che prevedono l’impiego di questa varietà.
  • Rosa Marchetti: è un’antica varietà di riso italiana, selezionata nel 1964 e introdotta sul mercato agli inizi degli anni ’70, classificata tra i risi semifini, con chicchi di medie dimensioni. Con il passare degli anni, la sua coltivazione è stata abbandonata per la scarsa resa produttiva e, dal 2014, reintrodotta e affidata in esclusiva a una sola azienda agricola. È un riso indicato per minestre, zuppe e timballi.
  • Arborio: è un superfino, originariamente coltivato in Piemonte ma oggi diffuso anche in Lombardia, nel Ferrarese e nel Polesine. Ha chicchi molto grandi, un nucleo molto ricco di amido, che in cottura rimane al dente, una superficie che invece tende a sfaldarsi e una buona capacità di assorbire i condimenti: queste caratteristiche lo rendono una delle varietà più indicate per la preparazione dei risotti
  • Carnaroli: riso superfino, caratterizzato da chicchi allungati dalla consistenza solida, è prodotto principalmente in Piemonte e in Lombardia. Ha un alto contenuto di amido ma, rispetto ad altre varietà, ha una migliore tenuta durante la cottura lenta, quindi è perfetto per i risotti.
  • Baldo: riso superfino italiano coltivato in prevalenza tra Vercellese, Pavese e Novarese, è una varietà meno conosciuta di altre ma dalla resa altrettanto buona, soprattutto per la preparazione di risotti, grazie all’amido che rilascia cuocendo e alla capacità di assorbire bene i condimenti.
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