domenica
24 Agosto 2025

Covid, due contagi in più in provincia dopo una settimana senza morti e nuovi casi

Il totale sale a 1.030: i nuovi positivi sono emersi da un test sierologico e durante un ricovero ospedaliero

Coronavirus MediciDopo una settimana intera senza nuove diagnosi di contagi da coronavirus e senza decessi per Covid-19, in provincia di Ravenna la pandemia torna a registrare nuovi casi. Si tratta di due donne: una è residente a Ravenna e la positività è emersa a seguito di screening e si trova in isolamento domiciliare, l’altra è residente fuori provincia e la positività è emersa a seguito di un ricovero in una struttura privata. Entrambe sono asintomatiche. Il totale dei casi quindi arriva a 1.030 (di cui oltre 850 guariti e 85 deceduti). Sono, infine, 72 le persone in quarantena e sorveglianza attiva in quanto contatti stretti con casi positivi o rientrate in Italia dall’estero.

I due casi ravennati fanno parte dei venti nuovi di oggi in tutta la regione. Dall’inizio dell’epidemia in Emilia-Romagna si sono registrati 27.928 casi di positività. I tamponi effettuati raggiungono complessivamente quota 360.962, più 3.001 test sierologici. Le nuove guarigioni sono 62, per un totale di 21.467: oltre il 76% sul totale dei contagi dall’inizio dell’epidemia. Continuano a calare i casi attivi, e cioè il numero di malati effettivi, che a oggi sono 2.282 (-46 rispetto a ieri). Questi i dati – accertati alle ore 12 di oggi sulla base delle richieste istituzionali – relativi all’andamento dell’epidemia in regione.

Si registrano 4 nuovi decessi: due uomini e due donne. Complessivamente, in Emilia-Romagna i decessi sono arrivati a 4.179 Per quanto riguarda la provincia di residenza, 2 decessi si sono avuti nella provincia di Parma, 1 in quella di Bologna (nessuno nell’Imolese), 1 in quella di Forlì-Cesena (nel Cesenate). Nessun decesso nelle province di Piacenza, Reggio Emilia, Modena, Ferrara, Ravenna, Rimini e da fuori regione.

Calcio C, ora è ufficiale: il Ravenna si giocherà tutto ai play-out contro il Fano

La decisione del consiglio federale della Figc. Andata e ritorno il 27 e 30 giugno

Il Ravenna si giocherà l’intera stagione ai play-out. È questa la decisione comunicata dal Consiglio Federale della Figc per il campionato di serie C di calcio, terza serie nazionale e ultima dei professionisti.

I giallorossi, quintultimi nel girone B al momento della sospensione forzata per coronavirus, incontreranno quindi il Fano penultimo. Rispetto alle previsioni la sfida si disputerà con partite di andata e ritorno, in programma il 27 (a Fano) e il 30 giugno (a Ravenna), a porte chiuse.

A fronte di eventuali contagi e impossibilità di disputare le partite, la federazione ha dato tempo fino al 20 agosto per terminarli. Se non fosse possibile, il Ravenna sarebbe salvo e retrocederebbero le ultime tre in classifica.

Già retrocesso in serie D invece il Rimini, decretato ultimo in classifica nonostante fosse a pari punti con lo stesso Fano.

Dentix verso il crac: ai pazienti restano i debiti con le finanziarie

La catena odontoiatrica presente a Ravenna e Faenza. I clienti chiedevano prestiti così la clinica incassava la parcella intera

DentistaIl fallimento della catena odontoiatrica Dentix Italia tocca anche il territorio ravennate: a Ravenna e a Faenza sono presenti due ambulatori (in totale 57 nel Paese distribuiti tra 12 regioni, Dentix Italia fa capo alla Dentix Spagna che ha fatto richiesta in tribunale di istanza pre-fallimentare.). Per i clienti si prospetta una situazione tutt’altro che felice perché, secondo quanto riporta Federconsumatori-Cgil, l’azienda aveva un meccanismo collaudato: i pazienti venivano indotti ad accendere un finanziamento per affrontare le cure odontoiatriche necessarie così Dentix incassava subito l’intero ammontare della parcella e il consumatore si faceva carico degli interessi da riconoscere alla finanziaria.

«Si tratta di una situazione che si ripete con una ciclicità inaccettabile – afferma il sindacato che tutela i consumatori –. Sono, infatti, trascorsi appena pochi mesi dal fallimento di un’altra clinica odontoiatrica che ha lasciato senza cure e con molti debiti i cittadini che avevano prenotazioni. Da alcune testimonianze, le accuse più frequenti, portate all’attenzione di Federconsumatori nazionale, sarebbero cure spesso lente e a singhiozzo e interventi poco efficaci. Ora sopraggiunge lo stop operativo. Da giorni, gli operatori non rispondono più ai pazienti e le cliniche sembrano aver cessato, di fatto, l’attività».

Federconsumatori ricorda che le cure odontoiatriche per troppi cittadini sono divenute un vero e proprio calvario: «Abbandonati dal settore pubblico, vittime, nel privato non regolato, di società di capitali, votate al puro incasso finanziario e spesso prive di deontologia medica. Per questo ci siamo rivolti al ministro Speranza, chiedendo un incontro per discutere e pianificare una necessaria e urgente riforma del settore, che preveda, da un lato, investimenti diretti da parte del settore pubblico (Stato e Regioni), dall’altro, una regolazione del settore privato che metta al centro la forma societaria della Società Tra Professionisti (STP), con uno stop alle società di capitali. Questa soluzione, a nostro avviso, meglio di altre riesce a coniugare maggiori garanzie per i cittadini dal punto di vista della sicurezza e completezza delle cure, nonché della solidità del soggetto erogatore».

Gli infermieri in piazza: «Siamo stanchi dell’indifferenza del Governo»

Davanti alla sede della prefettura il flash-mob del sindacato Nursing Up che chiede un miglioramento delle realtà contrattuali «per migliorare l’assistenza ai pazienti»

Gli infermieri del sindacato Nursing Up sono scesi in piazza a Ravenna stamani, 8 giugno, per uno dei flash-mob organizzati in varie città italiane perché ritengono che mentre una parte della società civile ha saputo apprezzare e aiutare gli sforzi fatti durante la pandemia, dal Governo arrivi solo indifferenza verso la categoria e le sue necessità professionali e contrattuali.

«Siamo stanchi, ma soprattutto amareggiati e feriti dentro – si legge in un comunicato dei giorni scorsi che annunciava le manifestazioni in strada –. Perché non possiamo e non vogliamo più aspettare che qualcuno si ricordi di noi. Perché dobbiamo e vogliamo comunicare il nostro malcontento, raccontando ai cittadini, i diretti interessati delle nostre battaglie per la salute, tutto quello che sta succedendo e soprattutto cosa chiediamo legittimamente. Logorati e afflitti, ma ancora più tenaci».

Nursing Up, Sindacato degli Infermieri italiani, ha riassunto in dieci punti le istanze della categoria: «Chiedendo di migliorare le nostre realtà contrattuali e lavorative chiediamo di riformare un sistema contrattuale lacunoso che ci ha ingabbiati, che non ci permettere di esprimere la nostra professionalità. I cittadini comprenderanno, che nella nostra legittima richiesta di revisione dell’organizzazione e del sistema delle valorizzazioni rientra non solo il nostro bene e interesse ma anche il loro. In un ospedale il medico individua e cura la malattia, ma l’infermiere si prende cura del paziente durante il percorso di cura. Due personalità distinte, seppur componenti della stessa straordinaria squadra, con differenti professionalità».

Ecco i dieci punti. Gli infermieri chiedono:

  1. Un‘area contrattuale infermieristica che riconosca peculiarità, competenza e indispensabilità ormai evidenti di una categoria che rappresenta oltre il 41% delle forze del Servizio sanitario nazionale e oltre il 61% degli organici delle professioni sanitarie. Analogamente accada per le professioni sanitarie ostetrica e tecniche.
  2. Risorse economiche sufficienti per garantire una indennità infermieristica che, al pari di quella già riconosciuta per altre professioni sanitarie della dirigenza, sia parte del trattamento economico fondamentale, non una “una tantum” e riconosca e valorizzi sul piano economico le profonde differenze rispetto alle altre professioni, sempre esistite, ma rese evidenti proprio da COVID-19.
  3. Risorse economiche per il contratto della sanità finalizzate e sufficienti per conferire un’indennità specifica e dignitosa per tutti i professionisti che assistono pazienti con un rischio infettivo.
  4. Riconoscimento della malattia professionale e correlato meccanismo di indennizzo in caso di infezione con o senza esiti temporanei o permanenti.
  5. Immediato adeguamento delle dotazioni organiche del personale operante nella generalità dei presidi ospedalieri e sul territorio. Aggiornamento altrettanto immediato della programmazione degli accessi universitari, perché gli infermieri attuali non bastano, ne mancano 53mila ma gli Atenei puntano ogni anno al ribasso
  6. Aggiornamento della normativa sull’accesso alla direzione delle aziende di servizi alla persona, dove l’emergenza ha dimostrato che non è possibile prescindere da una competenza sanitaria di tipo assistenziale a garanzia degli ospiti.
  7. Superare, per gli infermieri pubblici e per gli altri professionisti non medici, il vincolo di esclusività, concretizzando un’intramoenia che consenta di prestare attività professionale a favore di strutture sociosanitarie (RSA, case di riposo, case di cura e strutture residenziali, riabilitative, …), anche per far fronte alla gravissima carenza di personale infermieristico di tali realtà.
  8. Tutte le richieste ed innovazioni sopra riportate, dovranno essere considerate tra i requisiti richiesti per procedere con l’accreditamento e l’autorizzazione delle strutture private.
  9. Direttive e risorse finalizzate a sostenere l’aggiornamento professionale dei professionisti del comparto, riduzione del debito orario settimanale degli stessi (orario di servizio) pari ad almeno 4 ore settimanali, da utilizzare per le attività di aggiornamento, come già avviene per i medici.
  10. Direttive e nuove risorse finalizzate all’immediato e stabile riconoscimento degli infermieri specialisti e gli esperti in applicazione  della Legge 43/06 ,e per la valorizzazione economico giuridica della funzione di coordinamento  , valorizzazione delle competenze cliniche e gestionali degli interessati.

Cervia si promuove nelle città emiliane. «E nei manifesti c’è una cervese doc…»

Al via la campagna promozionale. Il sindaco: «Pianificata in poche settimane, un’impresa»

Parma manifesto CerviaVacanze estive 2020: vinceranno le località più vicine e sicure. «Ne siamo convinti a Cervia, dove da settimane stiamo lavorando per consentire ai turisti soggiorni in piena sicurezza», si legge in una nota inviata alla stampa dallo staff del sindaco Massimo Medri.

È partita oggi un’imponente campagna di affissioni nei principali centri del territorio emiliano, Bologna, Parma, Modena, Reggio Emilia, sia per incoraggiare i turisti fidelizzati, già affezionati alla riviera ma ancora dubbiosi sulla possibilità di spostarsi per le vacanze, che per intercettare i nuovi potenziali turisti, coloro che, come molti italiani, rinunceranno a un viaggio fuori regione o all’estero a favore del mare italiano, possibilmente il più vicino a casa.

La campagna recita: “Libera. Sicura. Speciale”, «rimandando appunto sia allo sforzo fatto dal territorio per garantire sempre le corrette distanze in spiaggia, nei ristoranti e nelle vie della movida, sia all’accoglienza speciale che da sempre caratterizza il territorio di Cervia e Milano Marittima», si legge nella nota inviata alla stampa.

La campagna di affissioni sarà inoltre accompagnata da una clip video sui canali social di Visit Cervia.

«Siamo riusciti grazie anche all’ottimo lavoro di Cervia Turismo a partire già in questi giorni con la campagna di promozione su tutto il territorio emiliano – dichiara il sindaco Massimo Medri –. Una campagna nata a seguito del Covid, che si è dovuta adeguare ai messaggi e alla comunicazione dopo il coronavirus, ma che è uscita nel momento più giusto per promuovere la nostra località, ora che gli italiani stanno prenotando la loro vacanza e iniziando a pensare alla meta. Una pianificazione della campagna avvenuta in pochissime settimane, e realizzata in neanche un mese, ringrazio per questo Daniela Rampini, presidente di Cervia Turismo, e tutti i dipendenti che hanno reso possibile questa impresa. Sono inoltre contento di annunciare che la testimonial  di questa nuova campagna è una cervese doc, e per questo ringrazio anche Emma Benini».

Il ristorante Fata Roba di Fusignano riapre al pubblico, ma nel nuovo locale a Lugo

Si chiama Le Loverie: «Abbiamo voluto rilanciare uno spazio storico»

Loverie Fata RobaLa società Fata Roba, rinomata per l’omonimo ristorante di Fusignano (al momento chiuso al pubblico) nel comparto street-food e hamburger gourmet, ha lanciato (dal 5 giugno) un nuovo locale a Lugo. Si chiama Le Loverie e si trova in via Tellarini 31.

«Sono tre i motivi che ci hanno spinto a fare questa scelta – spiega in una nota inviata alla stampa l’Ad Fabrizio De Vita –. Innanzitutto premiare Lugo che in questi anni ci ha regalato tante soddisfazioni, e la cui fetta di clienti affezionati è cresciuta costantemente. Ci è sembrato logico e naturale inaugurare un nuovo locale in una città che ha dimostrato tanto affetto nei nostri confronti. In secondo luogo dare una testimonianza concreta dell’etica che è alla base del nostro modo di fare impresa. Abbiamo voluto rilanciare un locale storico della città, che è stato un punto di riferimento per più generazioni e che a nostro avviso meritava una seconda vita. Infine vogliamo accettare la sfida di un nuovo concept di ristorazione – con la stessa qualità di sempre, che nel 2019 ci ha permesso di essere inseriti nella “Guida ai Piaceri e ai Sapori” dell’Emilia Romagna 2019 del quotidiano La Repubblica – ma con una connotazione più nazionalpopolare, e con un modello di business nettamente più scalabile, poiché nel prossimo futuro abbiamo in progetto altre aperture, e Lugo è stata una scelta fondamentale in questo senso».

Le Loverie del Fata Roba apre al pubblico tutte le sere dalle 18 e «molto presto – scrivono dal locale – sarà disponibile ad accogliere i propri ospiti anche a pranzo».

Ravenna, chiuso il ponte Teodorico – FOTO – Le modifiche alla viabilità

Resterà interdetto fino a dicembre. Verrà demolito nei prossimi tre weekend di giugno

Sono partiti oggi, lunedì 8 giugno i lavori per la realizzazione del nuovo ponte Teodorico, a Ravenna. Un intervento da parte di Rete Ferroviaria Italiana (Gruppo FS Italiane), con un proprio investimento da oltre 9 milioni di euro, nell’ambito degli accordi sottoscritti con il Comune di Ravenna, l’Autorità Portuale e la Regione Emilia Romagna per migliorare l’accessibilità ferroviaria all’area portuale.

La demolizione del vecchio ponte Teodorico è programmata negli ultimi tre fine settimana di giugno (13/14, 20/21 e 27/28) durante i quali il traffico ferroviario sarà parzialmente sospeso sulle linee Castelbolognese–Ravenna, Ferrara–Ravenna e Faenza–Ravenna e i treni sostituiti con autobus, rispettivamente, fra Lugo e Ravenna, fra Alfonsine e Ravenna e fra Russi e Ravenna. I dettagli su orari e percorsi dei bus sostitutivi per le specifiche giornate d’interruzione della linea, saranno consultabili sui siti internet delle compagnie ferroviarie o nelle biglietterie.

Dall’8 giugno il ponte resterà chiuso alla viabilità comunale, fino alla conclusione dei lavori, prevista per dicembre 2020.

Il traffico è completamente interrotto dalla circonvallazione alla Rotonda dei Goti, in corrispondenza della Rocca Brancaleone, fino all’incrocio con via Arbe, e anche nel tratto iniziale di via Darsena.

Per consentire ai mezzi che provengono dalle zone di via Chiavica Romea – via delle Industrie di raggiungere via Darsena – via Candiano, il senso di marcia di via Teodorico sarà temporaneamente invertito e lungo la stessa via Teodorico sarà realizzata una pista ciclabile provvisoria. Per rendere più fluida la circolazione sarà inoltre realizzata una rotonda provvisorie all’incrocio tra via Antico Squero e via Darsena e il tratto di via Antico Squero compreso tra via Teodorico e la nuova rotatoria provvisoria sarà a doppio senso di circolazione.
Inoltre, conseguentemente all’interruzione della circolazione sul tratto della circonvallazione alla rotonda dei Goti sopra citato, i veicoli provenienti da via San Gaetanino potranno soltanto girare a destra in via di Roma o a sinistra in via Sant’Alberto ma non proseguire dritto nella circonvallazione alla rotonda dei Goti.

L’andamento dei flussi di traffico a seguito della chiusura del cavalcaferrovia sarà costantemente monitorato in tutti i punti sensibili e qualora necessario – scrive il Comune di Ravenna – «saranno presi altri provvedimenti, per rendere la circolazione la più fluida e sicura possibile ed evitare l’insorgenza di situazioni di potenziale pericolo per la circolazione».

Incendio alla Fabbrica Vecchia, va in fumo un altro pezzo della storia del porto

L’ala sud che ospitava stalle e fienili è stata danneggiata. Insieme al Marchesato rappresenta il primo insediamento del futuro scalo

Un incendio ha danneggiato una parte della Fabbrica Vecchia, l’edificio a Marina di Ravenna sul canale Candiano che risale alla fine dell’Ottocento e rappresenta il primo insediamento dell’abitato e del futuro porto. I vigili del fuoco sono intervenuti nel pomeriggio di ieri, 7 giugno, e sono dovuti tornare stamani per il ravvivarsi delle fiamme. A subire il danno è stata l’ala sud che, in origine, abbracciava il cortile interno ed ospitava le stalle, i fienili ed alcuni depositi.

Le cause dell’incendio, secondo il comitato che tutela l’edificio, si può presupporre siano da imputarsi ai numerosi frequentatori abusivi che facilmente superano le recinzioni esistenti di messa in sicurezza. Giancarlo Bazzoni, presidente del comitato, rinnova l’appello al Comune e all’Autorità Portuale per avviare al più presto il recupero del complesso storico, già oltremodo danneggiato da abbandono ed incuria

Riapre il labirinto nel campo di mais di Alfonsine. Sentieri larghi più di 2 metri

All’azienda Galassi a partire dal 13 giugno. In mostra anche un labirinto sospeso con canne di bambù

Labirinto Effimero SetieroRiapre sabato 13 giugno (inaugurazione ore 16, ultimo ingresso alle 22) il labirinto effimero di Alfonsine, scolpito all’interno di un grande campo di mais e quest’anno dedicato all’Inferno di Dante.

Il Labirinto  2020 si estende su una superficie di 70mila metri quadrati con oltre 2 km di percorsi (larghi più di 2 metri, onde evitare incontri troppo ravvicinati fra i visitatori in questo periodo di emergenza Covid…).

Come avvenuto dal 2016, il labirinto sarà anche dinamico, in quanto all’interno del percorso sono presenti tre porte (chiamate Virgilio, con riferimento al tema dantesco) che possono essere chiuse da chi le attraversa, “costringendo” in tal modo a far cambiare sentiero a chi li segue.

Al Labirinto Effimero quest’anno si affianca anche il “Labirinto Sospeso”, con un percorso di 2,5 km su una superficie di 4mila mq realizzato con canne di bambù sospese e altro materiale di recupero. Al centro è ospitata un’installazione dal titolo “Scalata all’Inferno”, della giovane artista Laura Rambelli.

Inoltre, come da tradizione, saranno presenti le aree per grigliare con braciere e aree per fare pic-nic (distanti oltre 20 metri le une dalle altre) e, novità, sono state realizzate anche 4 aree riservate per prendere il sole. Per chi lo vorrà, negli stessi orari di apertura del labirinto, si potrà mangiare anche al ristorante dell’agriturismo.

I labirinti si trovano nell’Azienda agricola Galassi Carlo (via Roma, 111) ad Alfonsine.

Il costo dell’ingresso per entrambi i labirinti è di 9 euro per gli adulti, 5 per i bambini (fino a 12 anni).

Info e prenotazioni cell. 335 8335233 info@galassicarlo.com..

I labirinti rimarranno aperti fino a metà settembre, ore 16-22.

«Un errore aver ritenuto i bambini untori. La rinascita deve partire anche da loro»

Il primario di Pediatria dell’ospedale di Ravenna, Federico Marchetti, a tutto campo: «Il lockdown ha portato paure e angosce, la didattica a distanza a ritardi educativi»

8daa64b3 0e04 46a6 8fb1 4593a1fe040bBambini e coronavirus. Ne abbiamo parlato con il dottor Federico Marchetti, primario del reparto di Pediatria e Neonatologia dell’ospedale Santa Maria delle Croci di Ravenna.

Perché i bambini non si sono (o quasi) ammalati di Covid-19?
«I bambini e gli adolescenti hanno avuto delle forme di infezione molto più lievi, spesso asintomatiche appunto e le ipotesi in merito a questo migliore patrimonio di difesa sono diverse. La risposta immunitaria innata, che è la risposta precoce che si rivolge a gruppi di agenti patogeni, tende a essere “più attiva” nei bambini. Ci sono poi minori condizioni di rischio per concomitanti malattie croniche. Gli adulti potrebbero essere più sensibili a una risposta immunitaria paradossalmente dannosa contro il virus che si caratterizza per la liberazione di “citochine”, le sostanze che provocano il danno, in primo luogo a livello polmonare. Un modello simile vale per altre malattie infettive, come il morbillo o la varicella per le quali esiste un vaccino: gli adulti hanno una probabilità 25 volte maggiore di avere conseguenze gravi da varicella rispetto ai bambini».

Quanti casi si sono verificati in provincia e come sono stati affrontati?
«Sono stati 48 i casi di bambini ed adolescenti (su oltre mille totali, ndr) con documentata infezione da Covid-19, tutti con sintomi lievi e tutti seguiti a domicilio, tranne il ricovero di un neonato, poi prontamente dimesso. Questo grazie allo straordinario lavoro che è stato messo in campo nell’intera Ausl della Romagna, anche a Cesena, Forlì e Rimini. Un lavoro abbastanza unico, nella sua perfetta organizzazione, nell’intero panorama nazionale».

Avete evidenze su quanto e come i bambini possano aver contagiato, da asintomatici, il resto della famiglia?
«In questi mesi si è parlato troppo e male di quanto i bambini potessero essere la fonte del contagio. Di fatto quello che sappiamo è che i bambini si sono ammalati nella stragrande maggioranza dei casi per contagio dagli adulti e non il contrario. Avere ritenuto i bambini come possibili “untori” ha fatto molto male a loro in primis e al complessivo sistema di ripartenza di attività educative e sociali che li devono per forza riguardare, come priorità e non per ultimi».

Ci sono patologie che si sono sviluppate oppure che non sono state adeguatamente curate in questo periodo, con relative conseguenze?
«Vi è stata molta attenzione nel seguire i casi affetti da patologie croniche, fornendo piena disponibilità a contatti telefonici e anche diretti in caso di bisogno. In Pediatria le nostre attività non si sono fermate, ora stanno riprendendo a pieno regime anche con l’attività ambulatoriale specialistica. Nelle prime fasi ci sono stati alcuni casi che, per altre patologie acute, sono arrivati più tardi del dovuto all’attenzione sanitaria. Per fortuna sono andati bene, in altri contesti hanno avuto conseguenze severe. Questo va assolutamente evitato. Bisogna tornare a una assistenza che guarda con particolare attenzione i bambini affetti da patologie croniche, e in particolare con disabilità e disagi psichici, con la rimessa in campo di una assistenza fatta di prossimità e non solo a distanza».

Quali sono state le conseguenze della “quarantena” nei bambini? Ci sono stati casi particolari?
«Alcuni segnali allarmanti già ci sono, soprattutto per bambini che soffrivano di alcune patologie neuropsichiatriche. Sono stati necessari anche alcuni ricoveri per attacchi di panico o disturbi da sintomi somatici, ma i casi si stanno risolvendo».

Come affrontare le paure dei più piccoli? Quali saranno le conseguenze sul lungo periodo?
«In questa fase è fondamentale dare messaggi di rassicurazione anche ai nostri bambini: l’importante è tornare a una vita sociale ed educativa fatta di relazioni, con ragionevole sicurezza, con il rispetto di alcune semplici regole, quando necessarie. Si parla tanto di resilienza dei bambini, di capacità di adattamento, ma non bisogna più esagerare con l’isolamento forzato: vale per tutti, per loro ancora di più. Siamo invasi da notizie, da preoccupazioni giuste sui tempi e modi di ripartenza ma dei diritti dei bambini ad avere una vita sociale ed educativa se ne parla pochissimo. La gestione su come bambini e adolescenti hanno vissuto questo terribile periodo alla fine è affidata ai genitori. Difficile dire quali potranno essere le conseguenze. Lo capiremo tra un po’. Ma prima si riparte meno problemi avranno. La massima attenzione andrebbe riservata ai bambini e alla famiglie fragili e per diversi motivi: in termini di salute, di povertà, di complessivi disagi».

Chi sta soffrendo di più per la mancanza della scuola? Qual è l’età più critica?
«Come pediatra sento questa cosa con particolare sofferenza. Ogni età è critica e per ragioni diverse. Di certo quelli che hanno sofferto di più sono i bambini con problemi di apprendimento, con difficoltà di aiuto domestico. È tempo che anche per la scuola e per tutti i servizi per l’infanzia, come è stato per gli ospedali e il personale sanitario nelle zone più duramente colpite, ci sia una assunzione di responsabilità collettiva. Non possiamo far pagare ai bambini, e alle loro famiglie, il peso delle nostre esitazioni, lasciando che gran parte delle scelte, per ora discusse prevalentemente in una prospettiva infettivologica, siano rimandate a settembre».

Crede quindi che la scuola debba riaprire in settembre?
«La scuola è molto di più che una serie di esami, ha il compito di formare e non solo di informare! La scuola deve assolutamente riaprire a settembre, ma già da adesso bisogna muoversi (come si sta facendo) con una prospettiva di luoghi di incontro formativi, educativi e di gioco. Si tratta, lo dico da semplice cittadino, di evitare di parlare solo ed esclusivamente delle giuste tecniche per riaprire in sicurezza, ma di fare un profondo sforzo che ponga la scuola al centro di una prospettiva di rinascita e di base per una ripartenza, didattica e formativa».

La didattica a distanza ha quindi avuto ricadute indesiderate?
«Per tutti, tranne quei pochi che possono vantare una buona dotazione tecnologica in casa e genitori in grado di accompagnarli nelle lezioni e nei compiti, si è accumulato un ritardo educativo, che per la maggioranza (secondo i dati prodotti dalle indagini di Save the Children e della Sant’Egidio, almeno 6 su 10) è molto rilevante, e non puòessere nascosto dietro i pur doverosi sforzi di didattica a distanza. Tra l’altro, si moltiplicano le segnalazioni da parte di genitori e insegnanti sul fatto che, anche in quella minoranza di bimbi che ha avuto accesso alle tecnologie e al supporto domestico, si rendono sempre più evidenti cali di attenzione e indisponibilità alle attività finalizzate all’apprendimento. Lo smart working tra l’altro non è compatibile con il supporto richiesto ai genitori per i figli impegnati nei sistemi di educazione a distanza. Richiedono infatti entrambi tempo, energie e capacità, che si aggiungono alle esigenze di attenzioni e cure verso i figli. Molti genitori purtroppo in questo momento hanno come assoluta priorità quella del lavoro».

I bambini hanno abusato dei dispositivi elettronici? E questo può aver portato alla cosiddetta “sindrome della capanna”, alla voglia di restare chiusi in casa?
«Sì, sicuramente sì. Alcuni genitori ci hanno parlato di una chiusura che da forzata sta diventando di scelta, con una ripetizione ossessiva fatta di collegamenti virtuali (smartphone, video giochi e altro), di paure, di piccole o grandi angoscie».

È stato importante poter tornare a fare attività motoria?
«Vedere sfrecciare in bicicletta i bambini e adolescenti con i genitori e gruppi di amici in questi giorni è l’altra faccia positiva della medaglia. Speriamo di vederli sempre di più all’aria aperta, in luoghi di incontro sicuri. I bambini sono bravissimi a seguire i consigli che gli diamo. Lo vediamo tutti i giorni in ospedale. Va garantita una ripresa dell’attività motoria che da sempre ribadiamo essere importante per un benessere psicofisico. I modi possono essere trovati, non serve solo fantasia, ma anche tanta volontà e disponibilità. Il ritorno a sport di squadra sarà il punto finale di questa ripresa».

Il lockdown crede che abbia influito anche sull’alimentazione? Quali consigli si sente di dare ai genitori in questo senso?
«Sono due gli aspetti di cui tenere conto. Sembra impossibile ma per diverse famiglie il pasto sicuro e di qualità scolastico e all’asilo è una garanzia di salute. Ora questo è venuto meno, e il rischio è quello di una povertà alimentare da un lato o, in alcune situazioni, di un eccesso di alimentazione che, associato alla sedentarietà, non è di certo salutare. In questa fase anche se non è facile, i genitori dovrebbero fare capire a bambini e adolescenti il valore della bontà del cibo salutare, quello che in questi giorni abbiamo potuto rivalorizzare. Coinvolgerli in questo senso è possibile, sono sicuro che potranno esserci piacevolissime sorprese».

Possibile imporre ai bambini il mantenimento di una distanza di sicurezza tra di loro, ora che possono giocare all’aperto?
«Ora che possono giocare all’aperto devono poter fare quello che desiderano e che crea piacere in termini di giochi sicuri (e di attività formative) con i genitori o con amici che conoscono. Questo vale anche per le fasce di età tra 0-3 anni. Il resto viene da sè: i bambini più grandi sono capacissimi se necessario di portare la mascherina (ma solo in caso di prossimità, non in spazi aperti). Lo sanno fare molto meglio di tanti adulti. Sanno il significato di lavarsi le mani quando necessario. I genitori, gli educatori, gli insegnanti sanno cosa dire e cosa consigliare. Basta avere profonda fiducia. Il rischio zero infettivo non esiste, ma è molto contenuto per i bambini; è invece consistente un rischio di disagio psico sociale e di apprendimento, soprattutto per una minoranza che già si trovava in una situazione di difficoltà. Pensiamoci con ragionevolezza, ma pensiamoci subito. I grandi sforzi che sono stati fatti devono essere ripagati. La rinascita sociale parte anche e soprattutto dai nostri figli, bambini e adolescenti»

Anche a Ravenna un flash mob in piazza contro il 5G

Il comitato chiede «studi liberi e indipendenti« sulla tecnologia

protesta 5GPer la prima volta anche a Ravenna si è svolto un flash mob organizzato dal comitato  “Stop5G Romagna – Tecnologie sostenibili”, aderendo alla protesta internazionale del 6 giugno.

La manifestazione si è svolta in piazza Kennedy, alla presenza di una ventina di manifestanti impegnati a sensibilizzare «su una tecnologia che sarà estremamente invasiva e onnipervadente e sulla quale non c’è, ad oggi, ufficiale contezza degli effetti sulla salute dell’uomo e del suo ambiente», si legge in una nota.

Il comitato chiede «cautela, studi liberi e indipendenti sulla inequivocabile innocuitá della tecnologia 5G in rispetto al principio di precauzione al quale le istituzioni sono chiamate ad attenersi».

Ottime nuove sul fronte epidemia: sette giorni di fila senza traccia di virus

Ancora doppio zero per contagi e decessi in provincia di Ravenna. In regione appena 14 nuovi positivi e 4 morti

Covid TestAncora un doppio zero in provincia di Ravenna per quanto riguarda i dati su casi positivi e decessi da coronavirus. D’altra parte si segnalano 2 guarigioni complete e complessivamente sono ferme a 80 unità le persone in quarantena e sorveglianza attiva in quanto contatti stretti con casi positivi o rientrate in Italia dall’estero.

Viste le circostanze che evidenziano praticamente una “scomparsa” delle tracce del coronavirus sul territorio  ravennate il sindaco De Pascale oggi ha voluto sottolineare il dato: «Sette giorni a 0 contagi e 0 decessi.  Da più di 3 mesi ogni sera comunico ai miei cittadini e alle mie cittadine il report della situazione epidemiologica. Ci sono stati giorni difficili, in cui i numeri destavano preoccupazione e smarrimento, ma anche nei giorni più duri e bui, non abbiamo mai smesso di avere fiducia nella nostra comunità; mai una volta ho avuto la percezione che Ravenna si perdesse d’animo in questa battaglia contro il virus, anzi l’ho vista diventare ancora più forte e coesa. Oggi i numeri ci confortano e ci danno coraggio. La guerra al Covid non è ancora finita, dobbiamo tenere alta la prudenza e continuare a rispettare con attenzione le regole contro la diffusione del contagio, ma concediamoci la soddisfazione della prima settimana senza contagi né decessi».

Per quanto riguarda l’orizzonte più ampio dell’Emilia-Romagna i nuovi casi positivi sono 14 in più rispetto a ieri, di cui 10 persone asintomatiche individuate attraverso l’attività di screening regionale.
Sono stati individuati nelle provincie di Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena e Ferrara. Solo uno a
I tamponi effettuati sono 4.806, che raggiungono così complessivamente quota 355.952, più 484 test sierologici. Le nuove guarigioni sono 98, per un totale di 21.405: oltre il 76% sul totale dei contagi dall’inizio dell’epidemia. Continuano a calare i casi attivi, e cioè il numero di malati effettivi, che a oggi sono 2.328 (–88 rispetto a ieri).
Le persone in isolamento a casa, cioè quelle con sintomi lievi, che non richiedono cure ospedaliere, o risultano prive di sintomi, sono complessivamente 2.051 (l’88% di quelle malate), –74 rispetto a ieri. I pazienti in terapia intensiva sono 32 (–3). Diminuiscono anche quelli ricoverati negli altri reparti Covid, scesi a 245 (–11).
Sono 4 i nuovi decessi: due uomini e due donne. Complessivamente, in Emilia-Romagna i decessi sono arrivati a 4.175. Per quanto riguarda la provincia di residenza, 1 decesso si è avuto in quella di Reggio Emilia, 2 in quella di Modena, 1 in quella di Bologna (nessuno nell’Imolese).
Nessun decesso nelle province di Piacenza, Parma, Ferrara, Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini e da fuori regione.

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