I lavori – dall’importo di 200mila euro – possono essere svolti in sicurezza e riguardano anche il Quadrarco di Braccioforte
Nei prossimi giorni il Comune ha programmato l’avvio degli interventi di restauro della tomba di Dante, in vista delle celebrazioni per il settecentesimo anniversario della morte del Sommo Poeta.
«Stiamo facendo una riflessione complessiva sui cantieri – dichiara il sindaco Michele de Pascale – valutando caso per caso sulla base delle modalità di svolgimento dei lavori. Nel caso del restauro della tomba di Dante parliamo di un cantiere di dimensioni ridotte, nel quale è assolutamente possibile lavorare mantenendo tutte le distanze e le misure di sicurezza, ma che per noi ha una valenza simbolica e strategica in quanto le celebrazioni dantesche sono un avvenimento importantissimo, che dovrà segnare anche il rilancio di Ravenna dopo questa crisi così pesante. Ringrazio quindi l’impresa che si occuperà del restauro e i suoi lavoratori, per la capacità di organizzazione e la disponibilità dimostrate».
Gli interventi sulla tomba – del valore di duecentomila euro – riguarderanno le parti lapidee, gli stucchi e gli intonaci. Completerà i lavori un controllo delle lastre della copertura e l’eventuale sostituzione di quelle che sarà ritenuto necessario cambiare. La previsione è quella di ultimare il restauro entro la fine di agosto.
L’obiettivo, per i prossimi giorni, è quello di riuscire a far partire anche l’intervento che riguarda il Quadrarco di Braccioforte, il piccolo giardino a destra della tomba, dove si interverrà su due dei tre sarcofagi presenti, quelli di dimensione media e piccola poiché il terzo è stato sottoposto a un intervento di messa in sicurezza e restauro conservativo già nell’agosto del 2016. Saranno oggetto d’intervento anche la porta murata e la lapide per un ulteriore costo complessivo di 95mila euro.
Multato un cittadino francese, sorpreso in spiaggia anche grazie all’uso dell’elicottero. Tutte le Forze dell’Ordine mobilitate
Nel corso dei controlli delle forze dell’ordine, intensificati nelle festività pasquali per garantire il rispetto delle misure per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, i Carabinieri della stazione di Marina di Ravenna, nel pomeriggio di Pasqua, hanno sorpreso in spiaggia un cittadino di nazionalità francese, di 37 anni, intento a fare il bagno. L’uomo è stato sanzionato ai sensi di legge per la trasgressione alle norme di non uscire e allontanarsi da casa se non per motivi di necessità. I servizi di controllo sono stati effettuati dai militari del comando provinciale di Ravenna anche grazie al supporto un elicottero del 13° Elinucleo di Forlì, che ha sorvolato il territorio a partire dalle 15,30.
Oltre all’intervento dell’Arma, nel ravennate sono stati effettuati centinai di controlli su veicoli in strada e persone, anche da parte di Polizia Stradale e Polizia Locale, in coordinamento con la Prefettura di Ravenna.
A Cervia sabato scorso sono sati effettuati dalla Polizia Loclae 287 controlli: 148 sulle attività; 139 sulle persone di cui 3 sanzionate amministrativamente e 15 in permanenza domiciliare per isolamento.
I pattugliamenti continueranno anche tutto il giorno di Pasquetta.
Nessuna variazione di rilievo nella tendenza all’infezione, stillicidio di vittime, appena due ricoveri
In provincia di Ravenna sono 12 le positività rilevate oggi, 6 riguardano donne e altrettante uomini. Quattro di questi i residenti fuori provincia.
Dieci pazienti sono in isolamento domiciliare poichè completamente privi di sintomi o con sintomi leggeri, 2 ricoverati, nessuno in terapia intensiva. Sul fronte epidemiologico, si tratta principalmente di pazienti che hanno avuto contatti stretti con casi già accertati.
Si riscontrano due decessi: uno fa riferimento al paziente di 56 anni il cui decesso era già emerso ieri, l’altro ad un paziente anch’egli maschio di 95 anni.
A tuttoggi sono circa 400 le persone in quarantena e sorveglianza attiva in quanto contatti stretti con casi positivi o rientrate in Italia dall’estero.
Complessivamente i casi di contagio registrati sono complessivamente 801, così distribuiti per Comune: 47 residenti al di fuori della provincia di Ravenna; 364 Ravenna; 112 Faenza; 53 Cervia; 59 Lugo; 20 Russi; 23 Alfonsine; 27 Bagnacavallo; 21 Castelbolognese; 8 Conselice; 10 Massa Lombarda; 3 Sant’agata Santerno; 15 Cotignola; 8 Riolo Terme; 16 Fusignano; 5 Solarolo; 8 Brisighella; 2 Casola Valsenio.
Si consolida la tendenza dei contagi e dei ricoveri. A Ravenna 12 nuovi casi, ma 2 decessi
Oggi, 12 aprile giorno di Pasqua (dati accertati alle ore 12) sono 463 in più di ieri i casi di positività in Emilia-Romagna. Complessivamente i contagi sono saliti a 20.098.
Hanno raggiunto quota 96.704 itest effettuati, 4.945 in più. Questi i dati – accertati alle ore 12 di oggi, domenica 12aprile, sulla base delle richieste istituzionali – relativi all’andamento dell’epidemia in regione.
Complessivamente, 8.812persone sono in isolamento a casa, poiché presentano sintomi lievi, che non richiedono cure ospedaliere, o risultano prive di sintomi (245 in più rispetto a ieri). 335 le persone ricoverate in terapia intensiva: sei in meno di ieri. E diminuiscono anche i pazienti ricoverati in terapia non intensiva, negli altri reparti Covid (-39).
D’altra parte, si registrano 83 nuovi decessi: 45 uomini e 38 donne.
Continuano, nel frattempo, a salire le guarigioni, che raggiungono quota 3.862 (+203), delle quali 1.953 riguardano persone “clinicamente guarite”, divenute cioè asintomatiche dopo aver presentato manifestazioni cliniche associate all’infezione; 1.909 quelle dichiarate guarite a tutti gli effetti perché risultate negative in due test consecutivi.
Per quanto riguarda i decessi, per la maggior parte sono in corso approfondimenti per verificare se fossero presenti patologie pregresse. I nuovi decessi riguardano 11 residenti nella provincia di Piacenza, 18 in quella di Parma, 13 in quella di Reggio Emilia, 9 in quella di Modena, 18 in quella di Bologna, (nessuno nell’imolese),3 in quella di Ferrara, 5 nella provincia di Forlì-Cesena (3 nel forlivese e 2 nel cesenate), 3 in quella di Rimini, 2 in provincia di Ravenna e 1 non residente in Emilia-Romagna.
Questi i casi di positività sul territorio, che invece si riferiscono non alla provincia di residenza ma a quella in cui è stata fatta la diagnosi: 3.100 a Piacenza (37 in più rispetto a ieri), 2.531 a Parma (19 in più), 3.849 a Reggio Emilia (84 in più), 3.087 a Modena (76 in più), 2.854 a Bologna (116 in più), 343 a Imola (6 in più), 616 a Ferrara (36 in più). In Romagna sono complessivamente 3.718 89 in più), di cui 801 a Ravenna (12 in più), 661 a Forlì (19 in più), 550 a Cesena (29 in più), 1.706 a Rimini (29 in più).
Da Piacenza a Rimini prosegue il lavoro all’interno della rete ospedaliera per il piano di rafforzamento dei posti letto messo a punto dalla Regione: sono complessivamente 5.029 quelli rilevati oggi, tra ordinari (4.456) e di terapia intensiva (573). Nel dettaglio: 615 posti letto a Piacenza(di cui 46 per terapia intensiva),1.015 Parma (69 quelli di terapia intensiva), 673 a Reggio Emilia (64 terapia intensiva), 536 a Modena(86 terapia intensiva),1.149 nell’area metropolitana di Bologna e Imola(163 terapia intensiva, di cui 16 a Imola), 288 Ferrara(38 terapia intensiva), 753 in Romagna, di cui 107 per terapia intensiva (nel dettaglio: 193 Rimini, di cui 39 per terapia intensiva; 41 Riccione; 131 a Ravenna, di cui 14 per terapia intensiva, a cui si aggiungono ulteriori 8 posti messi a disposizione da Villa Maria Cecilia di Cotignola per la terapia intensiva; 24 a Faenza, al San Pier Damiano Hospital; 99 a Lugo, di cui 10 per terapia intensiva; 89 Forlì, di cui 10 per terapia intensiva, a cui si aggiungono 40 letti ordinari nella struttura privata Villa Serena;128 a Cesena, di cui 26 per terapia intensiva).
Micol Pizzolati, professoressa associata all’università di Bergamo: «Vediamo più chiaramente come i nostri destini sono collegati. Resteranno segni sulla nostra percezione della vicinanza con gli altri»
Micol Pizzolati, 45 anni appena compiuti, alfonsinese d’origine e ravennate-bergamasca d’adozione, è professoressa associata di sociologia all’Università di Bergamo. Ci confida la sua visione del disagio individuale e di comunità che stiamo vivendo e quali ne saranno le conseguenze.
«Nel piacere schietto di trascorrere queste giornate nell’operosa quiete casalinga con mio marito, nostra figlia liceale e il cane di famiglia, si insinua costantemente e tenacemente un dolore attonito per la situazione gravissima di Bergamo e dei contesti in cui stanno vivendo e resistendo colleghi, amici e studenti che lì mi hanno accolta poco più di due anni fa. L’invito di R&D a condividere qualche riflessione su come sarà il mio lavoro dopo questo periodo dirompente è un modo per ripensarmi lì, al mio posto, tra un tempo ancora indefinibile.
Il lavoro di sociologo consiste – anche – nel comprendere come le persone danno senso all’esperienza di vivere ed essere in relazione, osservandole e ascoltandole. Ammetto di pensare, oggi, a questo lavoro con pudore, come se osservare e fare fossero collocabili ai due estremi della reazione possibile alla pandemia.
Micol Pizzolati
Però penso altrettanto che sia, già oggi, nostro compito e responsabilità documentare l’impatto fisico ed emotivo delle alterazioni nella vita quotidiana durante la diffusione del contagio e la ridefinizione delle strutture sociali che determinano le disuguaglianze. Alcuni gruppi di ricerca italiani e numerosi colleghi stranieri stanno facendo sforzi e tentativi in queste direzioni.
Nella comunità sociologica internazionale si sta anche imbastendo un confronto sugli scenari che, come studiosi, avremo di fronte nel mondo post emergenza e su come potremo e dovremo indagarli e comprenderli. Tutta la ricerca sociale, connessa o meno con la pandemia, sarà interessata da profondi cambiamenti. Per chi studia, come ho fatto per alcuni anni, i processi che caratterizzano i sistemi di cura e le dimensioni attraverso cui prendono forma le rappresentazioni sociali ed individuali della malattia lo scenario sarà totalmente trasformato.
Ma altrettanto radicale sarà la trasformazione in tutti i contesti e processi sociali e relazionali che siamo soliti studiare, come il rapporto tra scienza, tecnologia e società, le politiche sociali ed educative, il mercato del lavoro e le sue trasformazioni, la religione e la laicità, i movimenti sociali, le relazioni di genere, i comportamenti devianti, la comunicazione e i media, i processi migratori, la famiglia e i rapporti intergenerazionali.
A livello individuale e comunitario stiamo vivendo una distopica perdita dell’innocenza che ci permette di vedere più chiaramente come sono collegati i nostri destini e che lascerà segni sulla nostra percezione della vicinanza con gli altri, sulle forme di solidarietà, sull’elaborazione del dolore, della sofferenza e del lutto.
Un aspetto su cui prevedo di concentrarmi con passione sarà quello della trasformazione necessaria dei metodi di ricerca da utilizzare per comprendere le esperienze vissute dalle persone anche in relazione allo spazio e ai luoghi e alle percezioni affettive e sensoriali».
Anche in Emilia-Romagna possono riaprire le librerie, ma a Ravenna c’è chi ha già deciso di non farlo
Le sorelle Alberta e Angela Longo nell’omonima libreria di via Diaz, a Ravenna, hanno deciso di non riaprire
Il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, ha firmato un’ordinanza che conferma le misure ulteriormente restrittive in vigore in Emilia-Romagna e in scadenza lunedì 13 aprile, prorogandole fino al prossimo 3 maggio. Comprese quelle relative alle province di Piacenza e Rimini, al capoluogo di Medicina e alla frazione di Ganzanigo, dove, a differenza di quanto sancito dal Decreto della Presidenza del Consiglio del 10 aprile, restano sospese le attività di commercio al dettaglio di carta, cartone e articoli di cartoleria, di libri, di vestiti per bambini e neonati. Consentite invece silvicoltura e utilizzo aree forestali e cura e manutenzione del paesaggio, con esclusione delle attività di realizzazione, così come sancito dal Governo per tutto il territorio nazionale. Nella provincia di Rimini è confermato anche il piano di riorganizzazione della mobilità viaria, con l’obiettivo di rafforzare i controlli sugli spostamenti.
Librerie, rivendite di articoli di cartoleria e di abbigliamento per bambini e neonati sono invece di nuovo consentite nel resto del territorio regionale, alla pari del resto del Paese. A Ravenna, però, per esempio, non si tratterà di una riapertura automatica. Alcuni titolari di librerie (tra gli altri, Momo, Dante di Longo e Libermente) infatti hanno già annunciato che non riapriranno (continuando l’attività di consegna a domicilio) perché non in grado di garantire i livelli di sicurezza o semplicemente per contrarietà alla decisione del Governo.
Con l’avvicinarsi di due festività nazionali – 25 aprile e 1^ maggio – nelle quali tutte le attività di vendita saranno chiuse (a eccezione di farmacie, parafarmacie, edicole e distributori di carburante), si è decisa la riapertura dei supermercati la domenica, per evitare un’eccessiva affluenza negli altri giorni feriali. Il nuovo atto regionale prevede infatti che nelle giornate festive e prefestive all’interno dei centri commerciali e delle medie e grandi strutture è consentita la vendita limitatamente a farmacie, parafarmacie, edicole, tabacchi e punti vendita di generi alimentari, di prodotti per l’igiene personale, la pulizia e l’igiene della casa, gli articoli di cartoleria, le sole attività alle quali può essere consentito l’accesso. La prima domenica di apertura sarà il 19 aprile, visto che fino a lunedì 13 resta in vigore l’ordinanza che prevede la sospensione.
Per il resto, l’ordinanza regionale conferma le misure già in vigore, a partire dal divieto di jogging o passeggiate, visto che per lo spostamento a piedi, se dovuto a ragioni di salute o per esigenze fisiologiche dell’animale di compagnia, è obbligatorio restare in prossimità della propria abitazione. Così come per le attività di produzione di cibo e alimenti che prevedono la somministrazione e il consumo sul posto e quelle che per l’asporto (comprese rosticcerie, friggitorie, gelaterie, pasticcerie, pizzerie al taglio), resta consentito il solo servizio di consegna a domicilio, nel rispetto delle disposizioni igienico sanitarie.
Inizitiva benefica a Pasqua del progetto “Mangiare a casa”, preparata dai cuochi Matteo Salbaroli e Mattia Borroni
Gli chef Matteo Salbaroli e Mattia Borroni
Una Pasqua di solidarietà anche a tavola. Nel bel mezzo di un’emergenza sanitaria senza precedenti, RavennaFood (estensione locale di CheftoChef emiliaromagnacuochi) donerà un pasto ai beneficiari del Progetto Housing First della coop. Il Solco, che offre un tetto ai “senza fissa dimora’. Protagonisti ai fornelli gli chef ravennati Matteo Salbaroli dei ristoranti “L”acciuga” e “Cucina del condominio” e di Mattia Borroni del ristorante Alexander.
«Si tratta di un primo passo verso l’avvio del progetto “Mangiare a Casa” pensato per arricchire l’offerta gastronomica della ristorazione a regime comprendendo anche settori della distribuzione e della produzione di qualità già orientata a una dimensione sociale» dichiara il capofila di RavennaFood, Matteo Salbaroli.
Il progetto “Mangiare a Casa” rappresenta una nuova dimensione della consegna di pietanze a domicilio, intesa come sperimentazione dell’iniziativa “Piatto sospeso”, che consente a chiunque di “alimentare” un fondo per la consegna di pranzi a persone con disagi economici con il sostegno di diverse associazioni ravennati (Avvocati di strada Onlus Sportello di Ravenna, Comitato Rompere il Silenzio Ravenna, Fondazione Nuovo Villaggio del Fanciullo, Associazione Femminile Maschile Plurale, Ora e Sempre Resistenza OdV, Slow Food Ravenna e Arci Ravenna Aps).
Oggi solo due i ricoverati. Restano 411 le persone in quarantena. Nove le guarigioni complete
Continua l’altalena dei contagiati in provincia di Ravenna, dopo i 5 dell’altro ieri e i 25 di ieri, oggi si registrano 13 positività.
Di queste 8 fanno riferimento a donne e 5 a uomini. Uno è residente fuori provincia. Undici pazienti sono in isolamento domiciliare poichè completamente privi di sintomi o con sintomi leggeri, 2 ricoverati, nessuno in terapia intensiva. Sul fronte epidemiologico, si tratta principalmente di pazienti che hanno avuto contatti stretti con casi già accertati.
Anche oggi non risultano decessi, e si sono verificate 9 guarigioni cliniche per le quali sono programmati i tamponi di verifica attraverso il sistema drive through e altre 9 guarigioni complete.
Sono 411 le persone in quarantena e sorveglianza attiva in quanto contatti stretti con casi positivi o rientrate in Italia dall’estero.
Complessivamente i casi sono dunque 789, confermati alle 12 del 11 aprile, così distribuiti per Comune: 43 residenti al di fuori della provincia di Ravenna; 361 Ravenna; 111 Faenza; 52 Cervia; 58 Lugo; 20 Russi; 22 Alfonsine; 26 Bagnacavallo; 21 Castelbolognese; 8 Conselice; 10 Massa Lombarda; 3 Sant’agata Santerno; 15 Cotignola; 8 Riolo Terme; 16 Fusignano; 5 Solarolo; 8 Brisighella; 2 Casola Valsenio.
Tocca quasi quota 20mila il totale degli infettati in regione. A Ravenna rilevati 13 nuovi positivi e nessun decesso
Sono 19.635 – accertati alle 12 di oggi, 11 aprile – i casi di positività al Coronavirus in Emilia-Romagna, 507in più rispetto a ieri. E hanno raggiunto quota 91.759 itest effettuati, 5.875 in più.
Complessivamente, 8.567persone sono in isolamento a casa, poiché presentano sintomi lievi, che non richiedono cure ospedaliere, o risultano prive di sintomi (191in più rispetto a ieri). 341 le persone ricoverate interapia intensiva: otto in meno di ieri. E diminuiscono anche i pazienti ricoverati in terapia non intensiva, negli altri reparti Covid (- 66).
Si registrano 84 nuovi decessi: 47 uomini e 37 donne.
Continuano, nel frattempo, a salire le guarigioni, che raggiungono quota 3.659 (+278), delle quali 1.934 riguardano persone “clinicamente guarite”, divenute cioè asintomatiche dopo aver presentato manifestazioni cliniche associate all’infezione; 1.725 quelle dichiarate guarite a tutti gli effetti perché risultate negative in due test consecutivi.
Per quanto riguarda i decessi, per la maggior parte sono in corso approfondimenti per verificare se fossero presenti patologie pregresse. I nuovi decessi riguardano 6 residenti nella provincia di Piacenza, 21 in quella di Parma, 20 in quella di Reggio Emilia, 12 in quella di Modena, 15 in quella di Bologna, 3 a Ferrara, 5 nella provincia di Forlì-Cesena (4 nel forlivese e 1 nel cesenate), 2 in quella di Rimini, nessun decesso si è verificato nella provincia di Ravenna.
Questi i casi di positività sul territorio, che invece si riferiscono non alla provincia di residenza ma a quella in cui è stata fatta la diagnosi: 3.063 a Piacenza(14 in più rispetto a ieri), 2.512 a Parma (39 in più), 3.765 a Reggio Emilia(135 in più), 3.011 a Modena (81 in più), 2.738 a Bologna (117in più), 337 a Imola (4 in più), 580 a Ferrara(14 in più). In Romagna sono complessivamente 3.629 103 in più), di cui 789 aRavenna (13 in più), 642 a Forlì (34 in più), 521 a Cesena (30 in più), 1.677 a Rimini (26 in più).
Da Piacenza a Rimini prosegue il lavoro all’interno della rete ospedaliera per il piano di rafforzamento dei posti letto messo a punto dalla Regione: sono complessivamente 5.018 quelli rilevati oggi, tra ordinari (4.445) e di terapia intensiva (573).
Nel dettaglio: 615 posti letto a Piacenza(di cui 46 per terapia intensiva),1.015 Parma (69 quelli di terapia intensiva), 667 a Reggio Emilia (64 terapia intensiva), 536 a Modena (86 terapia intensiva),1.149 nell’area metropolitana di Bologna e Imola (163 terapia intensiva, di cui 16 a Imola), 288 Ferrara (38 terapia intensiva), 748 in Romagna, di cui 107 per terapia intensiva (nel dettaglio: 193 Rimini, di cui 39 per terapia intensiva; 41 Riccione; 131 Ravenna, di cui 14 per terapia intensiva, a cui si aggiungono ulteriori 8 posti messi a disposizione da Villa Maria Cecilia di Cotignola per la terapia intensiva; 24 a Faenza, al San Pier Damiano Hospital; 99 Lugo, di cui 10 per terapia intensiva; 89 Forlì, di cui 10 per terapia intensiva, a cui si aggiungono 35 letti ordinari nella struttura privata Villa Serena;128 a Cesena, di cui 26 per terapia intensiva).
I pazienti possono consultare così i medici della “Terapia Antalgica” guidata dal dottor Massimo Innamorato
Il dottor Massimo Innamorato direttore della “Terapia antalgica” dell’Ausl di Ravenna
«Anche i pazienti affetti da dolore cronico, in carico all’unità operativa di “Terapia antalgica” di Ravenna, diretta dal dottor Massimo Innamorato, devono limitare alle urgenze il loro accesso al servizio, a causa della situazione legata al Coronavirus – informa in una nota stampa l’Auls locale.
Per questo il responsabile di questo importante servizio sanitario ha attivato in proposito una linea telefonica dedicata, in modo che i pazienti possano confrontarsi, per quanto possibile in tempo reale, coi “loro” medici, in caso di bisogno.
«Non vogliamo lasciare soli i notri pazienti – spiega il dottor Innamorato -, per cui abbiamo appronato un servizio di consulenza telefonica, che sarà svolta dai medici del servizio, dedicata a tutti i pazienti con dolore cronico che sono in carico a noi».
I professionisti del reparto invitano dunque i pazienti a contattare, per ogni esigenza, il numero telefonico 339 5360776, appositamente attivato e attivo dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle ore 13.
«Vogliamo che i nostri pazienti non si sentano esclusi dalla comunicazione e dal supporto con cui i terapisti del dolore li seguono sempre costantemente – conclude il direttore Innamorato –, è indispensabile compiere uno sforzo comune tutti insieme, pazienti, medici, operatori sanitari in generale per non lasciare soli i pazienti con dolore. E con l’occasione saluto con un abbraccio affettuoso i nostri pazienti augurando a tutti loro una serena Pasqua, e li invito a tenere duro ad avvalersi di quello che la rete del dolore dell’Ausl Romagna può mettere a disposizione».
La preoccupazione di Confagricoltura. Oltre a cereali, bietole, alberi da frutto, stress idrico anche per gli ulivi in collina
Non c’è pace in questa primavera mite e soleggiata per gli agricoltori del territorio ravennate, che ha alternato improvvise gelate ad una cronica mancanza di pioggie.
«Persino gli ulivi della nostra collina hanno bisogno d’acqua. Ciò detto, d’ora innanzi, tutte le aziende agricole dovranno dotarsi di un efficiente impianto irriguo e – osserva il presidente di Confagricoltura Ravenna, Andrea Betti – occorre continuare sulla strada del potenziamento della rete idrica locale, prevedendo un ulteriore ampliamento per portare acqua a un maggior numero di agricoltori oltre alla costruzione di laghetti consortili».
Tutte le principali colture della provincia ravennate hanno sete: 31.000 ettari di cereali a paglia sia grano che orzo, 6.000 ha di mais prevalentemente ad uso agro-energetico, 3.500 ha di bietola da seme e gli alberi da frutto, fortemente danneggiati dalle recenti gelate ora devono fronteggiare lo stress idrico. E questo periodo di siccità ha bloccato le semine del sorgo in collina mettendo a rischio la produzione annuale.
L’allarme era già scattato la scorsa settimana, ma ora si temono altre giornate senza precipatazioni rilevanti. «
«Chi produce grano non ha un impianto irriguo, occorre quindi cambiare il modo di coltivare e prevedere nuovi investimenti – aggiunge Lorenzo Furini, presidente della sezione cereali di Confagricoltura Ravenna –. Chi invece può irrigare, dovrà sostenere un aggravio di costi energetici e irrigui, questi ultimi sia diretti che indiretti, come gli enti di bonifica. In più l’attuale stato fisiologico della pianta non induce ad effettuare trattamenti fitosanitari, il che significa la possibile comparsa di patologie fungine con la conseguente riduzione quali-quantitativa della produzione».
Nicola Servadei, presidente dei frutticoltori di Confagricoltura Ravenna, segnala «l’aumento di costi insostenibili per i produttori di albicocche, pesche e nettarine, susine e kiwi, che sono ancora alle prese con la conta dei danni causati dalle forti gelate» e sottolinea la criticità nei nuovi impianti frutticoli e viticoli, «per le piante messe a dimora lo scorso inverno già irrigate da circa 10 giorni».
Franco Masotti, codirettore del Ravenna Festival, riflette sul futuro di festival e rassegne, e auspica una presa di coscienza sull’ambiente
Franco Masotti nel suo ufficio alla direzione del Ravenna Festival
Franco Masotti, nato nel 1955, dal 1998 è uno dei due direttori artistici di Ravenna Festival, è stato critico musicale per importanti riviste e docente di Storia ed estetica dei linguaggi artistici del ’900 presso il Conservatorio di Perugia. Soprattutto è, indiscutibilmente e da più di vent’anni, una delle guide culturali della città. Per questo a lui abbiamo chiesto cosa teme e cosa auspica per il dopo emergenza, soprattutto nell’ambito dello spettacolo dal vivo.
«È molto difficile immaginare il dopo, io posso solo osservare come stiamo vivendo ora questo periodo. Chiusi i teatri, stiamo assistendo a un’inevitabile proliferazione di presenza on-line e sui social network di tanti artisti, tra chi si è mosso spontaneamente o chi è stato invece sollecitato attraverso un proliferare di call.
Se da un lato in questo momento è inevitabile, dall’altro la preoccupazione è che possa diventare la “normalità”. Credo che il silenzio assordante e drammatico in cui siamo avvolti ci debba far riflettere sull’assenza di qualcosa. E la mancanza può generare desiderio. In questo caso parlo della musica dal vivo, ma anche del teatro nella sua accezione più ampia, perché nulla potrà sostituire l’esperienza del corpo e dei suoi cinque sensi, ovvero di un pubblico inteso come anima di una comunità, presenza attiva, che interagisce con gli artisti.
Si assimila spesso questo periodo a una guerra, dimenticando che in guerra la musica dal vivo non è mai venuta meno, e penso, ad esempio, a Leningrado durante il tremendo assedio nazista durato due anni e costato centinaia di migliaia di morti, al teatro Mariinsky l’orchestra continuava a suonare, anche a meno 18 gradi. Ma certo non c’era il virus…
Se ci fosse un effettivo stop di un anno di tutte le manifestazioni dal vivo sarebbe drammatico sotto tanti punti di vista e non solo per quella «la sospensione dello spirito critico» di cui ha parlato Mattarella, in occasione dell’inaugurazione dell’Anno accademico dell’Università Scaligera il 30 novembre scorso, ma, ad esempio, senza più concerti live non avremmo più nemmeno i parametri, il termine di confronto, rispetto ai quali valutare la qualità di una registrazione e già viviamo in un mondo in cui tanti, troppi, in particolare tra i più giovani, stanno perdendo se non addirittura non conoscono affatto l’esperienza di un ascolto di alta qualità, nel monopolio di Spotify, Apple Music o YouTube.
E questo ci porta all’aspetto economico: molti artisti senza i concerti “veri” e le tournée, dopo il crollo dell’industria discografica (il rinato vinile è solo un settore molto di nicchia), si troverebbero nella situazione di veri disoccupati con tutto ciò che questo comporta. Sono già stati fatti tanti esperimenti per unire arte, performance dal vivo e tecnologia, penso ai Berliner Philharmoniker che hanno trasformato la propria storica sede in una sorta di enorme studio di registrazione e televisivo hi-tech – la Digital Concert Hall – dove eseguono concerti che sono trasmessi nel mondo e che ogni spettatore può vedere da casa propria, pagando, o le ultime produzioni del Royal Ballet o del Mariinsky che vengono distribuite nei cinema, per chi non può permettersi di viaggiare. Però nessuno di questi, che ormai non sono più esperimenti ma bensì offerta reale, parte per essere solo trasmesso online, in streaming.
A monte, o in prospettiva, ci deve essere sempre comunque la proposta dal vivo, in un teatro o in un auditorium, e non solo per ammortizzare i costi di produzione, sempre molto alti. Non riesco e non voglio neppure pensare a un teatro che possa fare a meno di un’esperienza fisica in uno stato vicinanza, sia fisica che emotiva, tra le persone, che possa ridursi a produrre ascolti mestamente solitari, magari dentro sia pur sofisticatissimi caschi 3D con Dolby 5.1 ecc. Le performing arts non sono videogiochi (con tutto il rispetto per i videogiochi). Non so che ne penserebbero oggi l’autore de L’arte nell’età della sua riproducibilità tecnica, Walter Benjamin o Marshall McLuhan.
Quindi ciò che fortemente desidero, è che passata l’emergenza, torneremo tutti a fare ciò che facevamo prima, organizzatori, musicisti, artisti, pubblico, reimmergendoci nella calda realtà del live!
David Byrne live in “American Utopia” al Ravenna Festival 2018
Con la maggiore consapevolezza che i luoghi della musica, i teatri, i cinema, non possano essere considerati un bene superfluo, non è un caso che siano stati tra i primi a cui siamo stati costretti a rinunciare e la preoccupazione è che siano gli ultimi a cui rimettere mano, a cui pensare anche dal punto di vista economico.
È tempo che ci si convinca che l’arte e la cultura in generale sono elementi, se non addirittura alimenti, insostituibili per la resistenza, la resilienza umana anche o soprattutto nelle grandi avversità, come quella attuale. Possono offrirti strumenti per interpretare, comprendere ciò che sta accadendo, e penso a quanti di noi in questi giorni sono andati a ripescare dagli scaffali il Decameron o La Peste di Camus e possono offrire importanti strumenti per lo sviluppo economico oltre che intellettuale. Non finisco di sorprendermi di come questo non venga recepito dal mondo imprenditoriale e della politica. Ricordiamoci sempre che l’Italia, per il mondo, sia anche il paese di Dante, Verdi, Fellini.
Mi chiedete poi cosa potrebbe emergere di positivo da questa crisi? Spererei in una maggior sensibilità nei confronti della questione ambientale, visto che sembra ormai ritenuto molto probabile, al di là di tutti i fantasiosi complottismi, che lì risieda l’origine della pandemia. Auspico che in questa sorta di sia pur forzata sospensione temporale in cui ci troviamo a vivere, ciò rappresenti uno stimolo a riflettere sul fatto che ognuno di noi è responsabile per la sua parte.
Finché ci limitiamo solo a prefigurare, a immaginare gli scenari futuri legati all’aumento delle temperature, all’inquinamento o alla deforestazione selvaggia, attraverso la lettura di un libro o di qualche articolo di rivista, o la visione di un documentario, ci sembra poco più che fantascienza o letteratura distopica, ma ora che siamo dentro a una di quelle pandemie che, ad esempio, David Quammen, l’autore di Spillover, aveva così nitidamente previsto, pensiamo di essere in un incubo che è invece dannatamente e drammaticamente la realtà.
Si rende indispensabile e urgente una reazione, che se non proviene dall’alto, dalla politica, da chi detiene il potere (e dunque anche o soprattutto l’economia mondiale) dovrà partire dal basso, ossia da noi. Questa è la principale lezione che possiamo trarre da quanto ci sta accadendo».