giovedì
11 Settembre 2025

Per San Valentino a Ravenna torna la maratona di tango con cinque giorni di eventi

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Una foto delle passate edizioni della maratone di tango all’Almagià

Dopo il successo delle prime due edizioni, torna nel fine settimana di San Valentino (dal 14 al 16 febbraio all’Almagià), “Teodora Tango Art Pavilion”, la maratona di tango che attrae a Ravenna ballerini da tutto il mondo.

Giovedì 13 il primo appuntamento con la Teodora “Love” – pre marathon party, a Palazzo Rasponi dalle Teste. Dalle 22 alle 2 la serata sarà animata dal dj Miguel Angel Moya (organizzatore della Maratona tangoMAD di Madrid).

L’evento è promosso dall’associazione sportiva Artemusica Tango in collaborazione con l’assessorato al Turismo ed è alla sua terza edizione. Nelle precedenti edizioni sono stati oltre trecento gli iscritti provenienti da vari paesi che si sono cimentati per quattro giorni nel ballo ma che hanno anche saputo cogliere l’occasione, orientati e guidati, per visitare la città.

La formula per il 2020 è la stessa degli anni precedenti: una maratona di tango come evento non competitivo per ballare e socializzare. Ogni edizione di Teodora è dedicata all’introduzione della scena di tango di una nazione europea. Dopo Belgio e Bulgaria, quest’anno saranno il Portogallo (e Lisbona in particolare) gemellati con Ravenna, con circa trenta persone tra dj, organizzatori e ballerini portoghesi in arrivo in città.

Oltre alle tre serate all’Almagià, venerdì 14 dalle 17 alle 18.30 sono in programma performance in strada nei pressi dei principali monumenti e dalle 18 all1 19 un aperitivo a tema al mercato coperto.

Lunedì 17 febbraio (dalle 20.30) è infine in programma la “notte iberica”, sempre al mercato coperto, con lezioni di tango gratuite e flash mob.

Per informazioni: info@teodoratangomatathon.com oppure 393 4417050.

Laura Pausini a Sanremo lancia il concerto contro la violenza sulle donne

La cantante di Solarolo sul palco del Festival insieme ad Amoroso, Giorgia, Mannoia, Nannini, Elisa ed Emma per promuovere l’evento del 19 settembre di Reggio Emilia

70th Sanremo Music Festival 2020

«Quando una donna lotta in fondo lo fa per tutte le altre donne, perché mai più una donna debba subire delle violenze. Centomila come le voci del pubblico che noi speriamo sia con noi nel nostro grande concerto di settembre». Lo ha dichiarato Laura Pausini, annunciando sul palco del Festival di Sanremo il grande evento di sabato 19 settembre all’Arena Campovolo di Reggio Emilia, “Una. Nessuna. Centomila”.

La cantante di Solarolo è salita sul palco dell’Ariston ieri serra (6 febbraio) insieme ad Alessandra Amoroso, Giorgia, Fiorella Mannoia, Gianna Nannini, Elisa ed Emma, ognuna con un simbolo rosso. Il concerto servirà per raccogliere fondi per i centri anti violenza sulle donne.

In passato altre esperienze hanno visto queste artiste insieme per supportare delle cause importanti in eventi tutti al femminile. Ma per questo evento, hanno spiegato sul palco dell’Ariston (citiamo un’agenzia dell’Ansa), le sette artiste non saranno da sole: ognuna di loro inviterà a cantare un collega, un uomo, “perché questa volta per una causa così impellente, il messaggio che partirà dal palco deve essere universale, tutti insieme contro le violenze”.

Accuse di assenteismo da Italia Viva, Ranalli ribatte: «Sono ancora in maggioranza?»

Il partito di Renzi segnala che il sindaco ha smesso di partecipare alle riunioni dell’Unione, il primo cittadino replica via Facebook: «Mi occupo delle cose serie». Ma non entra nel merito delle assenze e cita la canzone “Quelli che ben pensano”

Davide Ranalli

«Mi occupo delle questioni serie. Se Italia Viva Ravenna vuole parlare con me sanno dove trovarmi». Il sindaco di Lugo, Davide Ranalli, liquida così i renziani che lo accusano di assenteismo negli organi dell’Unione dei Comuni della Bassa Romagna. Il primo cittadino ribatte alle critiche di Iv da Facebook ma non entra nel merito della questione: nessun accenno alle presenze o meno nella giunta dei sindaci e si chiede se Italia Viva sia ancora nella maggioranza che lo sostiene.

Ma non è l’unica frecciatina da Ranalli: «Non hanno neanche il coraggio di firmare con nome e cognome». In effetti il comunicato porta in calce solamente la dicitura “Italia Viva Ravenna” ma alle redazioni locali è stato inviato dalla mail di Fabrizio Lolli, assessore nella prima giunta Ranalli e oggi consigliere comunale nel gruppo misto.

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Il sindaco di Lugo Davide Ranalli e il consigliere comunale Fabrizio Lolli, esponente di Italia Viva nel gruppo Misto

La replica del sindaco è arrivata rispondendo a un commento sotto a un suo post fatto con una citazione del brano rap “Quelli che ben pensano” di Frankie Hi-Nrg per accompagnare la condivisione dell’articolo di Ravenna&Dintorni. Tra i commenti si è scatenata la corsa all’interpretazione fino a quando Ranalli ha fatto chiarezza: «Strano modo di interpretare la politica. Se Italia Viva è una forza di maggioranza e ritiene questo un problema avrebbe potuto chiedere un vertice di maggioranza. Essendo una forza minoritaria cerca, comprensibilmente, spazio sulla stampa fomentati da qualche “astuto” dirigente del Pd. A questo punto delle due l’una: o questo non è un problema rilevante per cui non occorre discuterne nelle sedi preposte o Italia Viva è fuori dalla maggioranza. In questo secondo caso hanno fatto bene a muoversi come una qualsiasi forza politica di opposizione».

Stefano Zecchi al Salone dei Mosaici per ricordare le foibe. E poi una cena a tema

Stefano Zecchi, Editorialista
Stefano Zecchi

In occasione del Giorno del ricordo, dedicato alla commemorazione delle vittime dei massacri delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, l’associazione culturale ravennate Tessere del 900 organizza – insieme alla Fondazione Stefano Zecchi Accademia Internazionale di Scienza della Bellezza – una conferenza sul tema dell’Esilio, “da Dante all’esodo delle popolazioni italiane da Fiume, Istria e Dalmazia dopo il 1945”.

L’appuntamento è per lunedì 10 febbraio dalle 18.30 al Salone dei Mosaici di piazza Kennedy, a Ravenna, con ospite Stefano Zecchi, noto filosofo, scrittore, editorialista e docente universitario, autore di una trilogia di romanzi ambientati in quelle zone nel  periodo tra la caduta del regime di Mussolini e l’avvento di quello di Tito.

Dopo la conferenza  ci sarà una cena con l’autore al ristorante Millelire, nello stesso Salone dei Mosaici, con piatti a tema dello chef Matteo Maiorani Cavina: si va dal baccalà all’Istriana alle frittelle di mele, passando per sbaghetti alla Busara e “brodeto de pesse” (40 euro, vino e bevande escluse).

È di uno studente del liceo artistico il logo ufficiale della Coppa Italia di basket

In 24 ore oltre 3mila voti sui canali social della Lega Nazionale di Pallacanestro. Appuntamento in marzo a Ravenna

Logo Coppa Italia
Il logo vincitore

Ravenna e la Basilica di San Vitale sono i protagonisti del logo ufficiale della Coppa Italia “LNP 2020 Old Wild West” di serie A2 di basket. Il progetto vincitore è stato scelto dal pubblico della rete, tra quattro lavori creativi realizzati dagli studenti delle classi 4C e 5C del Liceo Artistico “Nervi Severini” di Ravenna, guidati dai docenti Emilio Macchia (coordinatore del progetto) e Cinzia Valletta.

Al termine del processo di votazione, svoltosi sui profili social ufficiali della Lega Nazionale di Pallacanestro di Facebook e Instagram con uno straordinario successo (quasi 3.000 i voti ricevuti dagli utenti in sole 24 ore di votazione), la proposta vincente è risultata essere la numero 2, che raffigura Ravenna e la Basilica di San Vitale, realizzata dall’alunno Axel Babini della classe 5C. Un progetto che diventa così il logo ufficiale della prossima Coppa Italia, in programma a Ravenna dal 6 all’8 marzo, organizzata dalla società di casa OraSì Basket Ravenna Piero Manetti, protagonista finora di una stagione storica, che la vede al primo posto nel girone Est del campionato nazionale di A2. Le alternative, tutte riguardanti elementi culturali caratteristici di Ravenna, presentavano Dante Alighieri, il Mausoleo di Galla Placidia ed il cielo stellato a mosaico di Galla Placidia.

«Per il Liceo Artistico ‘Nervi Severini’ è motivo di orgoglio collaborare con una realtà così importante della nostra città – ha dichiarato Emilio Macchia, docente e coordinatore del progetto, sul sito del Basket Ravenna –. Queste collaborazioni sono fondamentali per la didattica, perché permettono a studenti e studentesse di calarsi totalmente nell’indirizzo che studiano e di conoscere e apprezzare le realtà che li circondano. Alla base dei lavori della nostra scuola prima della tecnica c’è la progettualità, che prevede sempre un momento importantissimo di ricerca e questo progetto è anche il risultato di una forte ricerca sul territorio. L’aspetto culturale del mestiere del grafico è una chiave importante nella formazione dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze».

«Ho pensato a come rappresentare la mia città nel modo più semplice e intuitivo – ha dichiarato invece, sempre sul sito della società ravennate, Axel Babini, studente autore del progetto vincitore –. Le chiese di Ravenna sono un patrimonio inestimabile, per questo ho scelto di creare un’illustrazione dinamica di San Vitale, forse il monumento più rappresentativo e conosciuto della città».

Il progetto vincente presenta una palette di colori che va dal giallo al rosso, che riprendono le gradazioni dei loghi della città di Ravenna e del title sponsor dell’evento “Old Wild West”, passando per l’arancione presente nel logo LNP; colori posti in primo piano con l’utilizzo di un font dal forte impatto visivo. Si è voluta creare un’idea di unione e continuità tra sport, città e cultura sovrapponendo la palla da basket di LNP e la silhouette di San Vitale in modo dinamico, con un’alternanza di linee curve ed oblique. Il tutto racchiuso in uno scudo, che riprende lo stemma della città di Ravenna, adattato agli elementi del logo.

Al Mic di Faenza una mostra sulla ceramica decorata ad aerografo

Fino a maggio 35 pezzi, per lo più servizi da tavola, donati dal collezionista Giorgio Levi

Levi MicSabato 8 febbraio (ore 17) inaugura nella Project Room del Mic, il Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza (dove prosegue fino ad aprile anche l’esposizione su Picasso), la mostra delle opere donate da Giorgio Levi. Si tratta di 35 pezzi, per lo più servizi da tavola, decorati ad aerografo di manifattura italiana ed europea degli anni ’30.

I primi esempi della tecnica dell’aerografo applicata alla ceramica risalgono al clima modernista della Repubblica di Weimar e del Bauhaus in Germania. Poi la tecnica si diffuse anche in Italia a partire dalle metà degli anni ’20, in pieno gusto Decò.

In mostra alcuni esemplari di ceramiche tedesche sono affiancati a pezzi delle principali manifatture italiane. Tra tutte si distingue la Galvani di Pordenone che negli anni ’30 realizza un’imponente produzione di terraglie a costi ridotti caratterizzate da colori accesi dati dalla bassa temperatura e decorazioni all’aerografo di facile accesso e consumo.

Alla Galvani si accostano altre manifatture, di dimensioni medie e piccole, che hanno utilizzato l’aerografo in modo creativo e innovativo: le Ceramiche Rometti di Umbertide, Ceramiche Tosin – La Freccia di Vicenza, Barraud, Messeri & C. (B.M.C.) di Sesto Fiorentino, Carraresi e Lucchesi di Sesto Fiorentino, M.I.C.A. di Sesto Fiorentino, F.A.C.I. di Civita Castellana, Sbordoni di Civita Castellana-Roma.

Giorgio Levi, collezionista e studioso di ceramica – nel suo saggio dal titolo “Ceramiche italiane Art Dèco” dipinte all’aerografo” (2017) –  descrive il ruolo avuto dall’aerografo nella creazione di un linguaggio decorativo moderno in grado di tradurre, anche su oggetti d’uso, gli esiti delle ricerche formali futuriste.  E afferma come, grazie alla maggiore economicità e rapidità rispetto alla tradizionale pittura manuale, l’aerografo portò anche alla semplificazione dei decori futuristi e Decò da parte di manifatture che si limitavano ad interpretarne gli stilemi in chiave esclusivamente decorativa.

Giorgio Levi è triestino di nascita e pisano di adozione. Professore ordinario di Informatica presso l’Università degli studi di Pisa fino al 2013, è collezionista e studioso di ceramica italiana del Novecento.

La mostra proseguirà fino al 3 maggio.

Info: 0546 697311, info@micfaenza.org.

Andy dei Bluvertigo omaggia Bowie: «È un modo per scavare dentro me stesso»

All’Auditorium di Fusignano. «Ha sdoganato tante possibilità irriverenti. E sono affezionatissimo anche al suo maestro Lindsay Kemp…»

AndyNon c’è limite ai modi in cui ci manca, non c’è limite ai modi in cui ricordarlo. Aspettate, ve ne do uno in più, e non scontato. Venerdì 7 febbraio all’Auditorium Corelli di Fusignano, a partire dalle 21 (biglietti a 12 euro), c’è uno spettacolo che non è un semplice tributo ma molto altro.

Andrea Fumagalli, Andy dei Bluvertigo per i più, porta in scena The Bowie Show.

Andy – ex musicista della band milanese, artista visivo, pittore – innamorato da sempre di David Bowie (da quando, bambino, fu allo stesso tempo ammaliato e turbato dal videoclip di “Ashes to Ashes”) ripropone l’immenso artista scomparso il 10 gennaio 2016. Da “Station to Station” a “Space Oddity”, da “Stay” a “Lazarus”, un concerto che si muove in ordine sparso nel tempo e con richiami all’arte fina di Lindsay Kemp, il rivoluzionario maestro di danza e mimo che tanto ispirò il Duca Bianco.

Andy non sei solo in questo viaggio, chi ti accompagna? Parlaci dello spettacolo…
«Sul palco ci saranno la mia compagna Lilly Lilitchka, performer, con le sue ali luminose, poi Nicole Pellicani, voce femminile, il maestro Alberto Linari al piano e tastiere, Marcello Schiena alla batteria, Robi Conti al basso e Filippo Guerini alla chitarra. Sono andato a richiamare musicisti con i quali interagivo alcuni anni fa in un vecchio programma di Mtv, Absolutely ’90’s. Vecchi amici che hanno dato man forte alla prosecuzione del mio progetto (Andy ha già portato in scena il repertorio di Bowie un anno fa, assieme al gruppo The White Dukes, ndr). Non è tanto un tributo, un concerto omaggio a Bowie ma un modo, mio, di ricercare e cercare di impare e conoscere sempre più. Non c’è il desiderio di fare il verso, le canzoni sono rivisitate, reinterpretate, come andare a scavare dentro me stesso tramite il repertorio di Bowie, utilizzare la sua tavolozza per mettermi in gioco. Devo dire che mi sta piacendo molto, nonostante l’età avanzata non si smette mai d’imparare! E poi c’è una videoproiezione speciale, un mix di più immagini di Bowie ma anche una limited edition dei tarocchi realizzati dall’autore della copertina di Earthling, Davide De Angelis, italiano ma che vive a Londra, che mi a ha permesso di usarle…».

Siete in tour vero?
«Si, in giro per l’Italia. La previsione è di spostarlo verso i teatri, i festival, non solo i club. L’occasione di Fusignano, poterlo portare all’Auditorium, mi piace tantissimo».

E il riferimento a Kemp? Bowie è famosissimo ma pochi conoscono il contributo che questo coreografo inglese ha dato alle sue esibizioni…
«A Lindsay Kemp io sono affezionatissimo. A me manca molto. Il lavoro di Kemp è prezioso, ha permesso a Bowie di sperimentare linguaggi diversi per creare i suoi personaggi. È stato lui che gli ha permesso di fare il grande salto della sua carriera – già attiva, aveva fatto già diversi Lp –; il balzo culturale che gli ha dato Kemp è stato un giro di vite. Ho avuto anche occasione di conoscerlo: quando riesci ad avvicinare uno dei tuoi miti e uno dei tuoi miti si rivolge a te con gentilezza, educazione e stima reciproca è una sensazione molto bella. Mi spiace solo di non aver potuto collaborare con lui con musiche, altri spettacoli.. Per pura distrazione poi, non sapevo nemmeno che stesse a Livorno negli ultimi anni, ho perso un treno, ma ho la grande ambizione di poter far rivivere le sue danze».

Cosa ti manca invece di David Bowie? Cosa manca del suo essere artista oggi? Forse proprio la sua eleganza, il suo muoversi sul palco come eleborato dall’arte mimica di Kemp?
«Sai, lui nel suo percorso ha sdoganato talmente tante possibilità irriverenti. Lo si può ricordare in ogni sfaccettatura. Oggi viene a mancare lo spazio temporale per fare così tante cose e a quel livello. Il consumo musicale è diventato così veloce, anche il rituale, rispetto ai nostri tempi: aspettare l’uscita, andare a comprare il disco-feticcio, buttarselo nelle orecchie e dopo un mese di estremi ascolti esprimersi… È un rituale oggi mangiato dalla velocità per cui mi risulta difficile trovare un personaggio che possa spaziare così tanto e farlo ad un livello così riconoscibile. Oggi hanno abbattuto i muri di casa, puoi vedere i tuoi idoli mangiare un piatto di spaghetti o vederli poco prima che entrino in scena: si è spenta ormai quella magia che rendeva degli esseri umani dei miti, degli extra-terrestri».

Lo hai mai incontrato il Duca Bianco?
«Di sfuggita, nel 2002 credo, coi Bluvertigo abbiamo suonato al Lucca Summer Festival e abbiamo potuto conoscere parte della sua band, comunque un grande onore. Lui è passato in camerino, di fretta, un incontro velocissimo, ricordo comunque un’energia fortissima».

Italia Viva attacca Ranalli: «Non partecipa alle riunioni della giunta dell’Unione»

Il sindaco di Lugo si è dimesso dalla presidenza dell’ente di secondo livello e da quel momento nemmeno un sostituto ha rappresentanto la città di Baracca nelle sedi amministrative

Omaggio a Baracca
Omaggio a Baracca

Italia Viva attacca il sindaco di Lugo, Davide Ranalli. Oggetto delle critiche le assenze del primo cittadino alle riunioni della giunta e dei consigli dell’Unione dei Comuni della Bassa Romagna. Ranalli si è dimesso dalla presidenza dell’unione a novembre 2019 e da allora, è la lamentela dei renziani, «in giunta non si è presentato nemmeno un sostituto che rappresentasse il comune di Lugo e le delibere adottate in questo periodo portano la firma degli altri otto sindaci. Quali sono le motivazioni delle assenze del sindaco Ranalli? Quanto dureranno?».

Iv sottolinea che «sono state prese decisioni molto importanti riguardanti i servizi educativi, la fiera biennale, la gestione dell’Asp e la voce di Lugo non c’era. Chi ha vinto le elezioni comunali nel maggio 2019 ha iI dovere di rappresentare i cittadini lughesi, tutti, all’interno dell’Unione». E il dito è puntato anche contro i vertici del partito di cui è membro Ranalli: «Il silenzio dei dirigenti del Partito Democratico e della coalizione che sostiene la giunta Ranalli, possono essere un sintomo di sudditanza o di complicità ma in ogni caso contribuisce a creare un alone di incertezza che mina la stabilità dell’ente che eroga la maggior parte dei servizi pubblici agli oltre 100mila cittadini della Bassa Romagna».

Nella presa di posizione dei renziani non vuole esserci una critica verso Eleonora Proni e Daniele Bassi, presidente e vice, «ma l’Unione dei Comuni può funzionare bene solo se c’è una volonta collegiale di proseguire il cammino e come partito politico sentiamo il dovere di portare all’attenzione di tutti questa situazione, non per demolire ma per trovare una soluzione, non per tornare indietro ma piuttosto per fare dei passi avanti».

Sarà costruita una ciclabile tra Roncalceci e Ghibullo, costerà 750 euro al metro

Lungo la provinciale 5, in totale 750 metri a due corsie che uniranno i percorsi già esistenti nei centri abitati delle due frazioni

Pista Ciclabile 600x400Tra Roncalceci e Ghibullo, frazioni del comune di Ravenna, sarà realizzato un percorso ciclopedonale protetto lungo la strada provinciale 5 per una lunghezza di 750 metri e un costo di 560mila euro. La Provincia ha redatto lo studio di fattibilità, necessario per procedere con i successivi livelli di progettazione e con la gara d’appalto, e l’intervento sarà finanziato dal Comune, sulla base di una apposita convenzione con la Provincia stessa, con l’obiettivo di migliorare le condizioni di sicurezza della viabilità e il livello dei servizi.

Il percorso sarà il proseguimento di quello protetto già esistente nel centro abitato di Roncalceci e andrà a confluire in quello ciclopedonale non protetto presente nel centro abitato di Ghibullo, entrambi realizzati dal Comune. La pista ciclopedonale sarà bidirezionale, lunga 750 metri e larga 2 metri e mezzo (due corsie da 1,25 ciascuna); sarà separata dalla carreggiata stradale e quindi dal traffico veicolare da uno spartitraffico invalicabile costituito da un cordolo insormontabile largo 50 centimetri e alto 20 centimetri, collocato a 50 centimetri dalla linea bianca di delimitazione della corsia.

Poiché il tracciato del percorso attraversa due canali principali, quelli denominati “Tratturo” e Bando”, sono previste ulteriori opere di delimitazione con parapetti metallici, cordoli insormontabili e barriere di sicurezza.

Il reparto di Oncologia ha un nuovo ecografo dopo una raccolta fondi di 43mila euro

Lo strumento in dotazione all’equipe del dottor Dazzi dal 1996 all’Umberto I era diventato obsoleto e l’impegno dello Ior ha permesso di acquistare un nuovo apparecchio utile sia in fase di diagnosi che di intervento

Ecografo 2Si utilizza nella pratica clinica di tutti i giorni, utile sia in fase di diagnosi che di intervento: il Day Hospital Oncologico dell’ospedale “Umberto I” di Lugo da oggi, 6 febbraio, dispone di un nuovo ecotomografo “Canon Aplio 300”, macchinario di ultima generazione del valore di 42.700 euro. La donazione è stata il risultato di un gioco di squadra tra Ausl Romagna, Istituto oncologico romagnolo (Ior) e varie importanti realtà del territorio che hanno mostrato grande disponibilità e sensibilità quando l’equipe guidata dal dottor Claudio Dazzi ha manifestato questa esigenza, organizzando a vario titolo iniziative di raccolta fondi che hanno portato a raggiungere l’obiettivo dell’acquisto nel giro di pochi mesi. Stamani si è tenuta la cerimonia di consegna.

Quale contributo porterà il nuovo strumento all’equipe di Oncologia di Lugo lo spiega lo stesso Dazzi: «L’utilizzo di questa tecnologia avviene nella pratica clinica di tutti i giorni sin dal giugno del 1996 in varie situazioni particolari. In primis è una strumentazione diagnostica, che ci consente di valutare le lesioni non solo alla mammella ma anche linfonodali, tiroidee, epatiche e a carico dei tessuti molli. Con l’ecografo possiamo anche seguire l’andamento di queste lesioni durante il trattamento medico, per capire se la direzione intrapresa sia quella giusta e magari evitare un eccesso di esami più approfonditi, come Tac e Pet. Ce ne serviamo inoltre nella fase interventistica, come guida in alcune manovre quali paracentesi e toracentesi, manovre che senza l’utilizzo dell’ecografo vedono il rischio di pneumotorace aumentare di circa il 20%. Infine, la strumentazione ci serve anche nel trattamento di alcune lesioni benigne. Questo dà un’idea di quanto sia utile questa apparecchiatura per la nostra attività. L’ecografo di cui disponevamo era oramai obsoleto: la donazione che riceviamo si distingue per la nitidezza dell’immagine, aiutandoci così in maniera importante sia in fase diagnostica che interventistica».

Ecografo LugoDazzi ha voluto ringraziare lo Ior, che in questo caso si è sdoppiato nel ruolo di benefattore e di collettore delle varie offerte giunte da privati ed associazioni, e ha citato alcune delle realtà che hanno contribuito: «Gli amici dell’Associazione Sagra del Tortellone Sanpatriziese; il Pedale Bianconero, che in occasione della “Camminata Rosa” sono riusciti a raccogliere settemila euro in una sola serata; la Banca di Credito Cooperativo filiale di Lugo; il Lions Club Lugo; e gli Amici del Forno di Villanova di Bagnacavallo. Tra i privati penso meriti una menzione d’onore la dottoressa Rossana Massabetti, che con il suo compleanno ha raccolto 2.500 euro a sostegno dell’iniziativa».

Il direttore generale dello Ior, Fabrizio Miserocchi, ci ha tenuto a specificare come «questa piccola cerimonia celebra un bell’esempio di economia civile e partecipata al servizio della cittadinanza del territorio. Le eccellenze vengono riconosciute dalle persone: quando realtà di alto livello come l’equipe del dottor Dazzi e lo Ior si uniscono per il bene dei pazienti, riescono a trascinare e a far mobilitare altre belle realtà che ne riconoscono la qualità d’assistenza e dei servizi».

«La lingua italiana è vispa e sta bene, ma gli italiani dovrebbero studiarla»

La sociolinguista Vera Gheno tra un “piuttosto che” sbagliato e inglesismi che ingannano: «Se si smette di fruire di stimoli culturali si può tornare ad analfabetismi di varia natura». La traduttrice a Ravenna il 7 febbraio con il filosofo Bruno Mastroianni per presentare il loro libro

65972309 2255466501167923 8116208873301344256 OUno potrebbe immaginarsi che ragionare sulla lingua italiana e su come si sbaglia nel parlare e nello scrivere sia una noia totale. E invece se a ragionare è Vera Gheno non ci si annoia. Perché per spiegarti le cose la sociolinguista e traduttrice cita Gramsci e Manzoni e usa l’avverbio pedissequamente, ma ti tira fuori anche il McDonald’s, il Marchese del Grillo, la musica trap, la scuola guida, le parolacce della Littizzetto in tv. Gheno sarà a Ravenna il 7 febbraio (alle 18 a Casa Melandri per presentare il libro “Tienilo acceso” scritto con il filosofo Bruno Mastroianni) e noi l’abbiamo intervistata al telefono alla vigilia.

Partiamo dai social network. Stanno peggiorando la nostra capacità di scrivere o stanno solo portando a galla qualcosa che c’era ma non aveva un terreno dove manifestarsi?
«Un po’ una e un po’ l’altra. I social sono un contesto soprattutto informale, nel quale emergono le caratteristiche proprie dell’informalità, che fino a tempi recenti erano difficili da trovare, soprattutto in Italia, nello scritto. Quindi è vero che ci fanno vedere cose che non eravamo abituati a vedere per iscritto, ma in fondo sono sempre esistite. Però se uno non ha una dieta mediatica varia, se consuma solo social, poi la lingua ne risente. È come se i social fossero il McDonald’s: ogni tanto va bene, tutti i giorni potrebbe essere un problema».

Restiamo nella metafora: mangiare piatti stellati tutti i giorni andrebbe bene?
«No, ogni contesto ha il suo stile: in strada ci sta bene lo street food. Il problema di molti è che hanno un unico stile a disposizione».

Con i nuovi media non sta succedendo quello che successe con la tv che all’inizio ebbe un ruolo educativo. Come mai?
«La tv ha avuto un ruolo di guida linguistica culturale fino a quando è stata fatta da pochi, buoni e con una visione chiara. Il bello e il brutto dell’online è che ha dato voce a chiunque, come diceva Eco alla sua maniera. Ma molti hanno una visione egoistica e non pensano alle conseguenze dei propri flussi comunicativi sugli altri; invece, a certi livelli, sarebbe meglio pensarci».

Si può fare una previsione di come sarà l’italiano del futuro?
«È un esercizio che non amo fare. L’italiano va dove lo facciamo andare noi. Quindi dipende dalla nostra salute culturale di parlanti. La domanda dovrebbe essere dove va la salute culturale degli italiani, ma non è facile fare previsioni».

56608804 10218602131074277 2095870162715541504 OI cambiamenti della lingua spesso nascono da errori che poi si consolidano. Se è così ha senso correggere gli errori sul nascere?
«Luca Serianni, il nostro maggior linguista in carica, paragona la norma linguistica al comune senso del pudore, che è sempre legato allo Zeitgeist, allo spirito dei tempi. Funziona così: c’è la regola e c’è la percezione di quella regola da parte della comunità dei parlanti. Ci sono errori che diventano norma e altri che ti squalificano come parlante. Dagli anni Novanta esiste quello che è definito italiano neo-standard, una sorta di codificazione di un italiano non del tutto quello di scuola ma nemmeno del tutto sbagliato. È l’italiano in cui troviamo “a me mi”, “se lo sapevo non venivo” che peraltro già usava Manzoni, il presente pro futuro come “domani vado”, l’appiattimento su passato prossimo o remoto a seconda delle zone, gli al posto di loro ma non al posto di le, che è ancora sentito come errore. Se scrivi “po’” con l’accento gli altri ti considerano un ignorante. Se usi “piuttosto che” in modo errato si nota meno. L’errore può diventare accettato quando è tale per una massa critica sufficiente».

Perché il “piuttosto che” sbagliato sta passando?
«Per me dietro c’è del razzismo linguistico. “Piuttosto che” usato come disgiunzione non è nemmeno di facile comprensione, ma deriva dal milanese, per molti varietà di prestigio dell’italiano, dato che è la lingua del marketing e dell’economia. E allora è accettato più che “esci il cane” o “scendi la borsa dal treno” che sono immediatamente comprensibili, ma di origine meridionale».

I cambiamenti linguistici valgono anche per le parolacce?
«La parolaccia è quella che è percepita come tale. In tv oggi sentiamo la Littizzetto dire “cazzo”, ma vent’anni fa sarebbe stato impensabile. “Merda” per Dante non era volgare e per noi invece lo è».

In più circostanze ha detto di non sposare le posizioni dell’integralismo grammar-nazi. Non dovrebbero essere gli addetti ai lavori a difendere la lingua?
«Non ho mai amato il concetto di difesa della lingua. La lingua va amata e usata e anche piegata ai nostri scopi. Si difende un baluardo, una statua, un moribondo e nessuna di queste è la lingua. La lingua italiana è vispa e sta bene. Il problema siamo noi: è difficile ammettere che siamo ignoranti e dobbiamo studiare di più. Chi studia la lingua ne capisce l’elasticità, ne coglie le parti grigie. Faccio un paragone con la guida: chi ha dimestichezza con il volante non guida pedissequamente come gli hanno insegnato a scuola, pur senza andare nell’illegale. Ed è fondamentale per muoversi in certe città».

Ma quando sente un errore nel parlare avverte il bisogno di correggere subito o lascia andare?
«Ho molta comprensione per chi ho attorno a me. Mi chiedo: ce la sta mettendo tutta? Se è una persona che non ha studiato e magari non ha bisogno di usare la lingua in maniera raffinata per la quotidianità va capito. Ho meno comprensione per i professionisti che tirano via: il cartellone pubblicitario con l’errore o l’anchorman che sbaglia il nome».

43283049 10156735348369851 3181954717701898240 OCome si migliora la propria competenza linguistica?
«Molto dipende da quello che ti passa la scuola e da anni dico che bisogna insistere sulla competenza di registro perché non c’è un registro giusto e il resto sbagliato. Poi c’è l’iniziativa individuale, che non è solo leggere libri ma consumare un po’ di tutto. Io sono stata una lettrice forte da teenager e poi sono curiosa: se incontro una parola che non conosco vado a cercarla, passo dai fumetti alla trap ai trattati scientifici».

Che impatto potrà avere sulla lingua il calo di lettori dei giornali?
«Rispondo con una domanda: perché molti giornalisti hanno abdicato al loro ruolo di intermediari e non curano più né la qualità del contenuto né la forma linguistica?».

L’analfabeta funzionale è uno spauracchio mitologico o è realtà?
«Siamo tutti a tiro per esserlo. Non basta aver finito le scuole dell’obbligo. Se si smette di fruire di contenuti culturalmente stimolanti si può tornare ad analfabetismi di varia natura. Da chi non capisce le istruzioni a chi non sa usare determinati mezzi di comunicazione. Il problema più grande in questo momento non sono i giovani ma gli adulti. Il muscolo linguistico va esercitato costantemente per tenerlo allenato».

Cambia quasi tutto nella lingua ma cambia poco il linguaggio istituzionale. Perché?
«Perché in quei contesti il fine primario non è sempre passare la comunicazione, ma è altro: darsi un tono, mantenere una distanza. Della serie “io sono io e voi non siete un cazzo” per dirla con il Marchese del Grillo. Succede anche nei linguaggi settoriali di medici, avvocati, giuristi: chi ha studiato tanto per arrivare in una posizione poi usa la lingua come strumento di distanziamento. Ma è un disagio: se la cultura è nulla senza relazione, parafrasando Gramsci, allora il medico che parla di “minzione notturna” anziché chiedere al paziente quante volte fa pipì di notte non sta facendo bene il suo lavoro».

Poi ci sono le parole straniere…
«Nella scelta straniera o del termine più difficile ci vedo talvolta il dolo di non volersi far capire apposta per poter fare i propri comodi senza essere disturbati. Faccio l’esempio del bail-in e bail-out nel salvataggio delle banche…».

Una sociolinguista ha una parola preferita?
«Quando ero più giovane dicevo “resilienza”, perché mi piaceva il concetto di materiale che si deforma ma torna al suo stato iniziale, quasi il “frangar non flectar” latino. Poi resilienza è entrata tra le parole lise dall’uso, quelle che dopo un po’ danno noia e diventano fastidiose come “attimino” e “apericena”, e così mi hanno rubato la mia parola preferita. Da allora, non ne scelgo nessuna specifica: dico che mi piacciono tutte, perché tutte possono servire».

Salvati 60 kg di pesci bloccati in una vasca di irrigazione

Carassi e pescigatto recuperati dalle guardia volontarie della Fipsas e liberati nel canale Destra Reno da dove provenivano

Pesce22222Le scarse piogge di questo inverno hanno fatto scendere il livello dell’acqua nella vasca di irrigazione e i pesci bloccati stavano andando in sofferenza: le guardia volontarie della Fipsas, federazione della pesca sportiva, hanno salvato 60 kg di carassi e pescigatto a Lavezzola. Il 5 febbraio due persone dell’associazione sono intervenute nella frazione Frascata per raccogliere i pesci dalla vasca e liberarli nel canale Destra Reno da cui provenivano. I pesci infatti erano bloccati nella vasca, portati dalle pompe che attingono acqua dal Destra Reno per il successivo utilizzo nell’irrigazione dei campi agricoli.

«È stato un intervento piuttosto semplice – spiega Gianni Orsoni, responsabile della Fipsas locale – che ogni tanto facciamo su segnalazione del Consorzio di Bonifica. È inevitabile che i pesci rimangano nelle vasche ma possono vivere perché non hanno bisogno di acqua molto ossigenata. In questo caso l’inverno poco piovoso ha fatto scendere il livello».

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