giovedì
11 Settembre 2025

Aumentano le cremazioni Il cimitero più grande non serve

Il Comune blocca il piano urbanistico di ampliamento L’area di 7 ettari a ridosso della pineta resterà verde

Con il costante aumento delle cremazioni non serve più il grande ampliamento del cimitero di Cervia. Il Comune ha quindi bloccato il piano urbanistico che prevedeva la costruzione di 24 lotti su una superficie di 72.060 mq per un volume da edificare pari a 13.330 mc tra la “zona amati”, via Stazzone e la pineta di Cervia. Sulla base della relazione di Azimut, società pubblica che gestisce molti cimiteri in provincia, alcuni piccoli ampliamenti rispetto all’area attuale ed alcune riorganizzazioni interne al cimitero saranno sufficienti a garantire i bisogni di sepoltura per almeno i prossimi 15 anni. L’ampio terreno a ridosso della pineta rimarrà quindi verde. Il piano prevedeva, a fronte di una capacità edificatoria residenziale, la cessione da parte dei proprietari di una parte di terreno al Comune che avrebbe realizzato poi il cimitero con risorse proprie.

Il piano del cimitero era nato parecchi anni fa, incontrando lungo il suo cammino numerose problematiche di natura tecnica, anche in relazione al fatto che l’area era sottoposta ad un severo vincolo ambientale, poi alleggerito, facendo così diventare possibile l’utilizzo dell’area a particolari e limitate situazioni in cui la pianificazione urbanistica della città non dispone di alternative.

«Prendiamo atto – dichiarano il sindaco Luca Coffari e l’assessore all’Urbanistica Natalino Giambi – che è venuto meno l’interesse pubblico nel portare avanti il piano urbanistico “del cimitero” che certamente era un grosso sacrificio dal punto di vista ambientale, ma che probabilmente al momento della sua partenza era necessario. Il Piano è stato presentato ufficialmente nell’anno 2012 e lungo la sua strada ha trovato numerose complicanze tecniche superate non senza difficoltà fino ad arrivare all’arrivo qualche giorno fa delle proiezioni sulle esigenze cimiteriali. Siamo consapevoli delle aspettative che l’operazione può aver generato nei soggetti interessati e umanamente siamo dispiaciuti per le situazioni personali e di disagio di alcuni proponenti del piano, ma la legge da questo punto di vista non lascia dubbi e l’interesse pubblico e della collettività deve essere sempre perseguito. Quell’ampia area a ridosso della pineta rimarrà area verde soggetta ad un vincolo di tutela ambientale».

Terapia per uomini violenti

Il progetto Muoviti, improntato sulla metodologia norvegese: 16 casi in 8 mesi. Spesso persone cresciute in ambienti dove era accettata la violenza

Che la violenza sulle donne sia o dovrebbe essere un problema innanzitutto degli uomini è il punto di partenza del nuovo servizio di assistenza psicologica offerto dalla cooperativa Libra dall’ottobre del 2015, pensato per gli uomini che maltrattano le compagne. Chiediamo lumi su questi primi mesi di attività ad Andrea Campione, uno dei due psicologi che seguono il progetto.

Intanto, i numeri: dall’avvio ci sono stati sedici contatti, di cui cinque per richiesta informazioni, sei arrivati tramite i servizi sociali, due tramite Linea Rosa (su richiesta all’associazione delle compagne degli uomini), uno dalla neuropsichiatria infantile (per un caso di violenza assistita), uno da uno studio psicologico e uno da uno studio legale. Al momento sono sei i casi seguiti, uno dei quali sta completando il proprio percorso, mentre altri tre nei mesi scorsi hanno abbandonato.

A differenza di quanto per esempio accade in Norvegia, paese di riferimento per gli operatori del progetto che seguono la metodologia di un centro di Oslo e su cui hanno fatto la formazione, in Italia non esiste un obbligo di legge per gli uomini a sottoporsi a questo tipo di terapia, al massimo una “forte raccomandazione”. Varie le fasi attraverso cui si snoda il percorso, sempre tarato, ci spiega Campione, sul singolo paziente ma che si suddivide in step predeterminati e che dovrebbe durare da un minimo di sei mesi a un massimo di un anno con un incontro settimanale.

C’è un primo step di riconoscimento del problema, spesso questi uomini infatti minimizzano l’accaduto, per arrivare a un’ammissione di responsabilità di chi agisce la violenza. Una delle dinamiche più frequenti è infatti quella di incolpare la donna per le reazioni: è lei che provoca, che non sa tacere, che fa arrabbbiare. A questo punto si può arrivare a considerare da dove nasce il problema e qui, ci dice Campione, ci sono elementi ricorrenti. Molte di queste persone sono per esempio cresciute in contesti familiari dove la violenza era un modo convidiso e accettato di affrontare i problemi, hanno loro stessi subito violenza o vi hanno assistito. Inoltre si può spesso notare carenze nel rapporto empatico soprattutto con la madre, essenziale per poter capire l’altro e gestire le relazioni. E così si può arrivare a una comprensione di ciò che provano moglie e figli, fase finale del percorso.

In questi tempi in cui di femminicidio si parla tanto, qualcuno contatta il servizio perché teme di poter arrivare al gesto estremo? «Questo non lo ammetterà mai nessuno, ma vero è che chi ci contatta è o perché vuole salvare la relazione o perché ha fatto qualcosa di cui si è spaventato, dopo un episodio più grave degli altri».

Il progetto prevede la gratuità del servizio per i pazienti sotto i 15mila euro di Isee e 40 euro a seduta per chi invece è sopra questa soglia. È stato inizialmente finanziato tramite un bando della Fondazione del Monte che includeva varie altri voci e progetti anche di altre realtà. Oggi per proseguire e continuare a garantire la gratuità agli utenti più in difficoltà economica la coop Libra ha proposto un progetto di 8.800 euro attraverso i Piani di zona. Sono quattro i pazienti che non pagano il servizio per ragioni di reddito.

Info: servizio “Muoviti” di intervento psicologico per uomini che agiscono violenza nelle relazioni affettive, va Mazzini 61, Ravenna. Tel. 327 4621965, lunedì e mercoledì dalle 10 alle 13 , venerdì dalle 14 alle 17.

La nuova coordinatrice e portavoce della Pigna  è l’ex capolista Verlicchi

Gli altri membri del coordinamento sono Bucci, Micheline Lopes (Turismo) e Andrea Bandini (Bilancio).

Dalle elezioni comunali di giugno la lista civica La Pigna è uscita con un seggio (Maurizio Bucci) all’opposizione in municipio e ora si costituisce un coordinamento politico con il compito di definire le strategie, il programma e la pianificazione dell’attività. Coordinatore politico e portavoce della lista civica è Veronica Verlicchi, già capolista alle elezioni comunali risultata, anche, la candidata che ha ottenuto il maggior numero di preferenze della propria lista. Gli altri membri del coordinamento sono Bucci, Micheline Lopes (Turismo) e Andrea Bandini (Bilancio).

Il gruppo di lavoro politico si avvale anche della collaborazione di diversi professionisti competenti su varie tematiche: Valentina Minguzzi (cultura), Marco Laghi (giovani e Università), Stefano Briccolani (imprese), Michele Berti (urbanistica), Andrea Barbieri (aree industriali), Claudio Samorè (sicurezza), Franco Razza (rapporti con la comunità militare), Claudia Ponti (segreteria organizzativa), Enzo Acri (eventi politici), Gianna Sellitto (affari istituzionali), Federico Gardenghi (commercio), Sonia Salti (sanità e servizi sociali), Gian Luca Serafini (rapporti con il litorale), Lorenzo Frisenda (politiche abitative), Silvia Gaudenzi (famiglia). La Pigna infine ringrazia Leonardo Saracino «Per la preziosa collaborazione fornita nell’elaborazione del programma elettorale e tutti coloro i quali hanno supportato il progetto civico».

«Violenza sulle donne, è un’emergenza» Ogni anno Linea Rosa aiuta 500 persone

La presidente dell’associazione ravennate racconta come è cambiato il supporto e quali sono le strade per la protezione

Consulenza, assistenza psicologica e legale verso un percorso di autonomia, la possibilità di essere accolte in case rifugio sicure per sfuggire alla violenza dei partner. Linea Rosa è dal 1991 il riferimento sul territorio ravennate (e oggi anche a Cervia e Russi) per le donne vittime di violenza a cui ogni anno si rivolgono circa 500 persone. Da gennaio 2016 sono state 210 le donne a rivolgersi al servizio (di queste 83 stanno continuando il percorso iniziato lo scorso anno).

Alessandra Bagnara, vicecomandante della Polizia Municipale di Ravenna, è la presidente dell’associazione. Le chiediamo come sia cambiata la loro attività. «Ci troviamo rispetto ad anni fa a gestire più situazioni di emergenza, sono molto aumentate le chiamate per esempio delle Forze dell’Ordine che intervengono durante un litigio o dagli operatori del Pronto Soccorso. Si erano rivolti a noi anche per la ragazza aggredita con l’acido pochi giorni fa, per chiederci di ospitarla, poi non è stato necessario perché l’aggressore è stato arrestato». In caso di necessità, la ragazza sfregiata sarebbe finita in una delle tre case rifugio a Ravenna dove possono essere accolti fino a tre nuclei ognuna per un massimo di circa nove persone (spesso le donne fuggono di casa insieme ai figli) oltre a un’altra casa a Cervia dove possono essere accolte quattro o cinque persone.

Le donne che si rivolgono a Linea Rosa sono di età e di estrazione sociale molto diversa tra loro, ci spiega Bagnara, ma spesso ad avere l’effettiva necessità della casa rifugio è chi qui non ha una rete familiare o amicale consolidata e ha anche un più basso livello di istruzione. Le più fragili, insomma. Quasi tutte, comunque, arrivano all’associazione dopo una lunga storia di violenze alle spalle.

Oggi il fatto che si parli spesso di femminicidio forse ha reso tanti più consapevoli del fatto che quasi sempre c’erano stati importanti segnali premonitori. «Sì, è vero, ci sono quasi sempre segnali non colti nella loro gravità e oggi anche le forze dell’ordine forse si rivolgono a noi con più frequenza proprio perché non vogliono correre il rischio di sottovalutare alcun episodio». Cionostante, non mancano le donne che abbandonano il percorso e tornano dai loro partner violenti. «Le situazioni – ci dice Bagnara – sono sempre complesse e delicate: le donne tornano dai compagni violenti perché sperano di ritrovare l’uomo di cui si erano innamorate e che le cose possano cambiare, o magari perché si è messa in mezzo la famiglia o per salvaguardare i figli, perché temono di non poter provvedere ai loro bisogni».

Anche per questo è importante pensare a percorsi di autonomia e indipendenza effettiva. «Ma con la crisi è sempre più difficile, prima nel giro di qualche mese riuscivamo sempre a trovare qualcosa, ma adesso è impossibile. Non solo, a volte si innesca una spirale per cui rivolgersi a noi e lasciare il marito implica la perdita del lavoro». Nel percorso di assistenza non c’è tuttavia il tentativo di dissuadere le donne a tornare dai partner: «Non servirebbe a niente – dice Bagnara – le donne sono libere di decidere, anche quelle che sono accolte nelle case rifugio, quello che noi diciamo loro è che la nostra porta è sempre aperta e che possono tornare quando vogliono».

Al canile adozioni in aumento In cinque mesi 38 animali affidati

La struttura comunale oggi ospita 58 cani, seguiti da 15 volontari

Sono in aumento le adozioni di cani dal canile comunale di Ravenna. Da gennaio a maggio sono stati 38, superiori alla media degli ultimi anni che di solito è di circa 60/70 all’anno. Attualmente la struttura in via Romea Nord 177 ospita 58 bestiole seguite da 15 volontari delle associazioni Enpa e Clama. Da qualche tempo tre nuovi volontari stanno operando in affiancamento a quelli più esperti e presto saranno pienamente autonomi.

Lo scopo principale della presenza dei volontari al canile è quello di rendere i cani socievoli, abituati all’uomo e capaci di essere equilibrati anche fuori dal canile. «È in questa ottica – scrive il Comune – che l’ufficio Diritti degli Animali del Comune ha recentemente organizzato alla sala Buzzi due serate rivolte a chi opera nei canili come volontario oppure operatore, con l’addestratore Giacomo Scoccia, titolare del centro addestramento Golden Dog, che collabora con il canile. L’obiettivo è stato quello di fornire a tutti coloro che si rapportano con i cani del canile precise cognizioni e norme, per stabilire una relazione corretta, nel rispetto della loro etologia e del loro benessere, in modo da renderli più facilmente adattabili alle nuove famiglie che li ospiteranno. L’addestratore ha parlato della corretta gestione del cane, di come esso vada educato per una buona convivenza anche nella propria casa, fornendo strumenti utili e pratici agli interessatissimi partecipanti».

Chi vuole adottare un cane al canile può andare a visitare la struttura negli orari di apertura al pubblico: in estate (dall’1 maggio al 31 ottobre) martedì, giovedì e domenica dalle 16 alle 17; in inverno (dal 1 novembre al 30 aprile ) dalle 15.30 alle 17. Gli operatori e i volontari accompagnano i cittadini in visita e tramite alcune domande, per conoscere la realtà in cui il cane sarà inserito, si valuta insieme la scelta più adatta.

Nuove nascite allo Zoo Safari 4 suricati, un canguro, 4 lemuri

Il direttore del parco: «Anche quest’anno abbiamo potuto constatare lo stato di benessere e salute degli animali ospitati»

Cresce la popolazione di animali ospiti dello zoo Safari accanto a Mirabilandia. Molte infatti le nuove nascite nell’ultimo anno: un cammello, un bisonte americano, una zebra, un’antilope alcina, struzzi, un cervo, quattro suricati, un canguro già chiamato Bamboo nato da Bennet e quattro cuccioli di lemuri maschi nati da Genny, Frugola, Guenda e Elisabeth. E poi Stella, nome scelto dai visitatori per la piccola asinella nata da Appia e Anemone, giovane coppia di rari asini dell’Asinara in via d’estinazione arrivati al Safari Ravenna nel 2014.

«Anche quest’anno abbiamo potuto constatare lo stato di benessere e salute degli animali da noi ospitati anche alla luce delle nascite e delle dinamiche di accoppiamento che si verificano, testimoniando così l’assenza di situazioni di stress e, per specifiche situazioni e specie, consentendo il mantenimento di pool genetici da salvaguardare e tutelare», dichiara Osvaldo Paci, direttore Safari Ravenna. Il parco sottolinea che, al fine di limitare le nascite, è dotato di un piano di limitazione delle nascite concordato con enti di controllo che assistono il Parco e differenziato per ogni specie animale ospitata. «Il team di veterinari ed esperti del nostro Parco seguono e curano quotidianamente i nuovi nati, tutelandoli da dinamiche conflittuali che spesso in natura possono instaurarsi tra le varie specie e, quando necessario, isolandoli per un periodo specifico e reinserendoli nel gruppo al momento opportuno e con tecniche specifiche».

Nuove nascite allo Zoo Safari 4 suricati, un canguro, 4 lemuri

Il direttore del parco: «Anche quest’anno abbiamo potuto constatare lo stato di benessere e salute degli animali ospitati»

Cresce la popolazione di animali ospiti dello zoo Safari accanto a Mirabilandia. Molte infatti le nuove nascite nell’ultimo anno: un cammello, un bisonte americano, una zebra, un’antilope alcina, struzzi, un cervo, quattro suricati, un canguro già chiamato Bamboo nato da Bennet e quattro cuccioli di lemuri maschi nati da Genny, Frugola, Guenda e Elisabeth. E poi Stella, nome scelto dai visitatori per la piccola asinella nata da Appia e Anemone, giovane coppia di rari asini dell’Asinara in via d’estinazione arrivati al Safari Ravenna nel 2014.

«Anche quest’anno abbiamo potuto constatare lo stato di benessere e salute degli animali da noi ospitati anche alla luce delle nascite e delle dinamiche di accoppiamento che si verificano, testimoniando così l’assenza di situazioni di stress e, per specifiche situazioni e specie, consentendo il mantenimento di pool genetici da salvaguardare e tutelare», dichiara Osvaldo Paci, direttore Safari Ravenna. Il parco sottolinea che, al fine di limitare le nascite, è dotato di un piano di limitazione delle nascite concordato con enti di controllo che assistono il Parco e differenziato per ogni specie animale ospitata. «Il team di veterinari ed esperti del nostro Parco seguono e curano quotidianamente i nuovi nati, tutelandoli da dinamiche conflittuali che spesso in natura possono instaurarsi tra le varie specie e, quando necessario, isolandoli per un periodo specifico e reinserendoli nel gruppo al momento opportuno e con tecniche specifiche».

Si era invaghito di una prostituta 27enne Operaio di 49 anni arrestato per stalking

La pedinava e le faceva foto in continuazione, nonostante
fosse stato già obbligato a lasciarla in pace dal questore

Dopo alcune prestazioni sessuali a pagamento, si era invaghito di una prostituta rumena di 27 anni. Tanto che aveva iniziato a pedinarla e a molestarla al telefono. La giovane aveva segnalato il problema alle forze dell’ordine e il questore aveva ammonito formalmente l’uomo, un operaio cervese di 49 anni, con precedenti.

Ma durante un controllo nella notte tra lunedì e martedì, i carabinieri lo hanno notato in un’area di servizio lungo l’Adriatica, intento a pedinare e a scattare foto (e realizzare video) alla 27enne rumena.

L’uomo è stato quindi arrestato per stalking e dopo la convalida del tribunale è stato portato in carcere.

Il ringraziamento del sindaco a Cassani «Il patrimonio di Ra2019 sarà valorizzato»

L’ex coordinatore della candidatura europea non entrerà nello staff
Il deputato Maestri lo aveva criticato e ora apprezza «il gran rifiuto»

Dopo la rinuncia di Alberto Cassani alla poltrona nello staff del sindaco Michele de Pascale, arriva la risposta del primo cittadino all’ex coordinatore di Ravenna 2019 nonché ex assessore alla Cultura. La replica di De Pascale parte con i ringraziamenti di rito «per il lavoro che hai svolto in questi anni per questa amministrazione comunale», riconoscendo a Cassani di aver contribuito «a rendere Ravenna una delle città italiane con l’offerta culturale più importante, ricca e vivace». Era stato Cassani a difendere la qualità del lavoro fatto nel percorso di candidatura europea e De Pascale commenta così: «Mi sento di tranquillizzarti sul fatto che l’immenso patrimonio di progettualità e di energie generato dalla Candidatura a Capitale Europea della Cultura è parte integrante dell’idea di città che vogliamo realizzare. Oggi Ravenna ha tutte le potenzialità per diventare un riferimento internazionale per il suo patrimonio storico-monumentale e per la produzione culturale e artistica contemporanea». Nelle motivazioni del suo gesto Cassani fa riferimento genericamente alla volontà di fare un passo indietro dopo vent’anni di impegno pubblico in prima linea, senza tralasciare l’amarezza per un livello del confronto pubblico diventato a suo giudizio ormai barbaro e destinato alla regressione civile e politica: «Comprendo le ragioni che ti hanno portato a decidere di aprire una fase nuova della tua vita – dice De Pascale in replica – e sono certo che non farai mancare alla tua città il tuo impegno, le tue idee e la tua passione, come sempre hai fatto in questi anni».

Tra coloro che avevano criticato più aspramente l’ingresso di Cassani nel gabinetto del primo cittadino, circostanza non ancora ufficiale ma già anticipata dalla stampa e mai smentita, c’era stato l’onorevole Andrea Maestri, deputato di Possibile entrato in Parlamento candidandosi con il Pd di cui è stato anche capogruppo in consiglio comunale: «Onore ad Alberto per il gran rifiuto. Lungi dall’attaccare la persona di Cassani (cui ribadisco personale stima, come avevo già fatto affermando che la mia era ed è una critica politica, anche durissima ma sempre motivata, non rivolta alla persona “peraltro degnissima”), avevo criticato la scelta del sindaco De Pascale di spacchettare artificiosamente le competenze dell’Assessorato alla Cultura inventando un ruolo tecnico di staff per un politico puro e di lungo corso, con sicuri profili di danno erariale. La sbornia da potere, bevuto tutto in un sorso, in cui era incorso il giovin …sindaco aveva forse obnubilato la sua obiettività e il senso del limite: la mia non solitaria critica ha forse riportato De Pascale alla realtà, facendogli fare retromarcia su una scelta discutibile e sbagliata. Bene così. Confidiamo in misura e temperanza anche per le ulteriori imminenti nomine».

Cassani non sarà nello staff del sindaco «Dopo vent’anni faccio un passo indietro»

L’ex coordinatore di Ra2019 difende la candidatura europea
e lamenta «l’imbarbarimento del confronto pubblico»

Il suo ingresso nello staff del nuovo sindaco, per seguire la complessa partita del riordino delle istituzioni culturali in città, era ormai dato per certo da più parti e si attendeva solo la delibera ufficiale entro luglio invece Alberto Cassani non farà parte del gabinetto di Michele de Pascale. L’ex coordinatore di Ravenna 2019, che proprio con questo incarico era entrato nel gabinetto dell’ex sindaco Fabrizio Matteucci nel 2011, ha infatti deciso di rinunciare.

Lo fa con una lettera aperta inviata al primo cittadino, e segretario provinciale del Pd, in cui spiega le motivazioni del suo no. In buona sostanza Cassani – già assessore alla Cultura nella prima giunta Matteucci e durante i due mandati di Vidmer Mercatali – lascia amareggiato dalle polemiche sollevate da più parti politiche dopo che il suo nome era circolato sulla stampa. Le critiche erano piovute al suo indirizzo e a quello di Mara Roncuzzi, ex assessore provinciale che dovrebbe entrare nello staff De Pascale per occuparsi di pianificazione. Si è parlato di poltronificio Pd e di tradimento delle promesse di rinnovamento e discontinuità fatte durante la campagna elettorale.

Ecco il testo integrale della lettera di Cassani.

Caro Sindaco,

è con rammarico che ti comunico la mia decisione di non entrare a far parte del tuo staff, pur essendoti profondamente grato per avermelo proposto. È stata una decisione sofferta, presa al termine di una lunga riflessione, resa nelle ultime settimane ancora più pesante dal fatto che gli organi di informazione avevano già dato per acquisita la mia accettazione di quell’incarico.

È bene chiarire subito che la ragione della mia decisione non sta nelle polemiche di questi giorni, peraltro sempre le solite, frutto di un clima politico avvelenato, che non risparmia né le persone né le istituzioni e che non fa il bene di Ravenna.

Certo, questo clima non mi piace, ma la vera ragione della mia scelta è più profonda e personale, ma anche molto semplice da comprendere: in questo momento, dopo vent’anni di impegno pubblico, spesso sovraesposto, speso senza risparmio di energie e in prima linea, sento fortemente l’esigenza, prima di tutto umana, di fare un passo indietro.

In tutti questi anni, ho avuto la fortuna di vivere esperienze appassionanti, prima come amministratore, quando ancora era gratificante spendersi in quel ruolo, e poi come coordinatore di quella che è stata la più importante avventura collettiva vissuta in tempi recenti dalla città. Ho vissuto tutti questi anni dando tutto me stesso, mettendomi sempre in gioco (altro che attaccamento alla poltrona!), sviluppando progetti innovativi e mai limitandomi a gestire l’esistente, e l’ho fatto con spirito di servizio e onestà morale e intellettuale, magari non piacendo a tutti, ma tenendo sempre la schiena dritta, perseguendo l’interesse generale e non piegandomi mai davanti ai gruppi di potere e alla pressione dei più forti. Poi, soprattutto negli ultimi tempi, mi sono reso conto, io come molti, che l’imbarbarimento del confronto pubblico, la strumentalizzazione di ogni scelta, la banalizzazione dei fatti e delle parole, rendevano sempre più difficile ogni sforzo di costruire ancora progetti condivisi.

La cosa che più mi ha ferito in questi ultimi tempi, più delle offese personali, è stato sentire come anche personaggi assurti a ruoli di responsabilità politica, con la disinvolta insipienza di chi gode solo a distruggere, accostassero l’esperienza della candidatura europea alla parola “fallimento”. Insisto su questo punto perché il nostro futuro dipende anche da come si racconta la storia del passato. E allora, da questo punto di vista, bisogna avere rispetto per le migliaia di persone che a quel progetto hanno creduto e hanno dato un contributo per il bene della città, facendola crescere e pensando insieme a una prospettiva comune (mentre gli ignavi, gli invidiosi e i veri conservatori stavano alla finestra). Bisogna sapere analizzare, discutere e cercare di capire, perché per l’altra strada, quella del dileggio e della polemichetta quotidiana, non si va da nessuna parte. O meglio si va verso una progressiva regressione, civile e politica. Una regressione che può colpire anche la nostra vita culturale. Ma sono certo che tu e l’Assessore Signorino saprete scongiurare questo rischio e avrete la lungimiranza di valorizzare quella visione del futuro della città che già aveva ispirato tante delle idee e dei progetti di Ravenna 2019.

Bene, caro Sindaco, a questo punto non mi resta che augurarti di cuore buon lavoro e buona fortuna. Ne avrai bisogno in quest’epoca di apprendisti stregoni e di feroci disincanti.

Con stima,
Alberto Cassani

Nuova allerta della Protezione civile Questa volta è per il vento

L’invito del Comune: «Fissate bene gli oggetti sensibili»

Una nuova allerta dell’Agenzia regionale di Protezione civile, la numero 73, annuncia una fase di attenzione di livello 1 per vento, dalle 8 alle 18 di domani, mercoledì 13 luglio.

Il transito di una saccatura atlantica sul bacino del Mediterraneo – si legge nell’allerta – determinerà una ventilazione da moderata a forte, proveniente da sud ovest. In particolare nel nostro territorio i valori d’intensità previsti sono: vento medio tra 45 e 55 chilometri orari (25 – 30 nodi) con raffiche di 65-75 chilometri orari (35-40 nodi).

Il Comune in una nota inviata alla stampa raccomanda ai gestori di attività all’aperto di sistemare e fissare gli oggetti sensibili agli effetti del vento o suscettibili d’essere danneggiati.

«Attorno a Musca un centro importante di criminalità economico-finanziaria»

Il procuratore capo dopo il fermo dell’immobiliarista, del figlio e della compagna: «Faremo di tutto perché rispondano alla giustizia»

«Sono un centro di criminalità economico-finanziaria importante su Ravenna. Faremo di tutto perché rispondano alla giustizia». Il procuratore capo Alessandro Mancini affila le armi dopo gli arresti di Giuseppe Musca, del figlio Nicola e della compagna Susy Ghiselli: il noto imprenditore immobiliare ed ex vicesindaco di Ravenna negli anni Ottanta e i familiari sono stati raggiunti dalla guardia di finanza nella notte tra domenica 10 e lunedì 11 luglio per l’esecuzione di un provvedimento di fermo per indiziato di delitto per il pericolo di fuga. I due uomini sono in carcere a Ravenna, la donna a Forlì, tutti in attesa dell’udienza di convalida: «Sarà il giudice a pronunciarsi ma noi ci assumiamo le nostre responsabilità».

Accanto a Mancini, in conferenza stampa, anche i sostituti procuratori Monica Gargiulo e Lucrezia Ciriello che stanno conducendo l’inchiesta: «Il fermo non è un traguardo – dice Ciriello – innanzitutto perché ora dovrà andare davanti a un giudice ma anche perché il nostro percorso continuerà approfondendo vicende accadute non solo in tempi recenti». Secondo il magistrato è da anni che il presunto sodalizio criminale porta avanti condotte che vanno oltre la legalità «e siamo convinti che avessero intenzione di continuare a farlo».

Non è infatti solo il pericolo di fuga la motivazione all’origine del fermo ma anche il rischio di reiterazione del reato. Circostanze che sarebbero emerse dalle intercettazioni telefoniche in cui i tre stanno programmando la cessione di alcuni immobili nel Ravennate – «Per un valore ingente», è l’unico dettaglio fornito dalla procura – per avere una disponibilità economica in vista di un imminente trasferimento in Svizzera.

Gli arresti arrivano nell’ambito di una indagine condotta dalla guardia di finanza che ormai da anni ha sotto la lente le operazioni finanziarie e immobiliari dell’imprenditore, un lavoro svolto dalle Fiamme Gialle analizzando flussi di denaro attraverso banche e conti correnti anche all’estero. Nello specifico l’ultimo filone è per bancarotta fraudolenta e riguarda due fallimenti di società attive su Ravenna con distrazioni di attività per circa 32 milioni di euro. Oltre ai tre arrestati ci sono almeno altri due indagati che non sono stati raggiunti da misure restrittive. Altri indagati? «Non possiamo rispondere», taglia corto Mancini.

Non è la prima volta che il nome di Giuseppe Musca – vicesindaco socialista e assessore ai Lavori pubblici fino al 1984 – finisce nelle pagine della cronaca giudiziaria e nei faldoni delle procure. Finì in manette già nel 1985 con l’accusa di corruzione per aver intascato una mazzetta: si era dimesso da vicensindaco un anno prima ma era ancora nel consiglio di amministrazione della Banca del Monte e consigliere comunale. Dopo oltre un mese di carcere tornò in libertà. Da allora è bene ricordare che nessuna accusa a suo carico è stata confermata. Nel 2014 è stato condannato a due anni e mezzo in primo grado per false fatturazioni: la condanna è pendente ma destinata all’archiviazione per prescrizione.

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