giovedì
21 Agosto 2025

«La protesta di Blu a Bologna è giusta A Ravenna lo vorrei sulle torri Hamon»

Miccoli, promotore del festival di street art, in linea con il writer che cancella le opere contro il museo. A Cervia un suo pezzo

«La street art non è fatta per essere chiusa nei musei dove serve il biglietto di ingresso ma deve essere fruibile in modo gratuito nel contesto urbano dove è stata realizzata. La protesta di Blu a Bologna mi piace». Marco Miccoli è tra i promotori del festival Subsidenze dedicato alla street art a Ravenna, che si appresta a vivere la terza edizione, e accoglie con approvazione la mossa del celebre writer bolognese d’adozione: da ieri notte sta cancellando le sue opere nel capoluogo emiliano in aperta contestazione con l’istituzione culturale Genus Bononiae (sostenuta da fondazioni bancarie e presieduta dall’ex rettore dell’Università) che il 17 marzo aprirà una mostra dedicata ai graffiti con circa 250 opere strappate dai muri delle città, in alcuni casi senza il permesso degli autori.

«Se un artista decide di realizzare un pezzo sul muro di una città – prosegue Miccoli nel suo ragionamento – lo fa perché concepisce la sua opera come qualcosa di fruibile a tutti, in modo gratuito ma sul posto in cui si trova senza diventare qualcosa di itinerante da un museo all’altro». Ben vengano le tutele delle opere ma nelle forme giuste: «A Pisa hanno messo una parete trasparente a protezione di un muro realizzato da Keith Haring. Non può essere danneggiato ma resta a disposizione di tutti quelli che vanno a Pisa». Senza dimenticare che a volte i pezzi dei writer nascono con intenti a loro volta protettivi: «In certi sono stati fatti per salvare gli edifici che facevano da sfondo. Se vengono strappati…».

Nel Ravennate c’era la firma di Blu (va ricordato, non concede interviste ai media e la sua identità non è palese) su un pezzo realizzato al centro sociale Spartaco, cancellato tempo fa «non so se per sbaglio o per altri motivi». È firmata da Blu anche la volta interna della cupola del Woodpecker, l’ex discoteca abbandonata a ridosso di Cervia. L’opera non dovrebbe correre rischi: «C’è un collettivo che si sta occupando di ridare vita a quegli spazi con un riutilizzo delle aree. Credo non ci sia paragone con chi prende le opere dai muri e le mette al chiuso. Così facendo poi molte volte si finisce per perdere il significato: la street art va interpretata anche in base al contesto in cui viene prodotta, messa in museo viene snaturata». Per questo non andrà a Palazzo Pepoli alla mostra di Genus: «Per quello che ho saputo finora molte opere le ho viste in fotografia. Vederle dal vivo in quel contesto non mi interessa molto».

Ma se un museo è mercificazione dell’opera, un festival con il patrocinio del Comune trasforma la forza di contestazione in arte di Stato? «Credo ci sia differenza tra il privato che commissiona un’opera e il pubblico che chiama un artista con un intento di riqualificazione per un quartiere della città». Insomma l’invito per Blu alla prossima edizione di Subsidenze è già pronto: «So che tempo fa ha partecipato a festival ma non so se vada ancora. Magari venisse a Ravenna, sarebbe bellissimo. Il mio sogno è potergli dare le torri Hamon per un suo lavoro…».

Elezioni, il Pri offre quattro posti in lista a chi manderà l’email con le idee migliori

Il segretario dell’Edera (alleato del Pd): «Il ruolo dei partiti è ancora determinante ma serve una rinnovata visione della società civile»

Per tutti quelli che almeno una volta hanno detto «se ci fossi io là a governare le cose a Ravenna andrebbero diversamente», ora c’è l’occasione per provarci davvero: il Partito repubblicano ha deciso di destinare quattro posti della sua lista di candidati alle prossime elezioni comunali per semplici cittadini che li avranno convinto con la loro idea per la città.

«Ci rivolgiamo – scrive in un comunicato Eugenio Fusignani, segretario dell’Edera che corre alleata al Pd e futuro vicesindaco in caso di vittoria di Michele de Pascale – a tutti quei cittadini che si riconoscono nei valori delle democrazie laiche occidentali e nella nostra visione della città; che abbiano idee su temi specifici e voglia di impegnarsi su essi, di sottoporci la loro idea di impegno, facendocela pervenire all’indirizzo mail info@pri-ravenna.it. Noi valuteremo questa idea e, se diventerà anche la nostra, daremo la possibilità a quei cittadini non solo di affidarcela ma di portarla avanti direttamente. In questo senso destineremo quattro posizioni della nostra lista elettorale per le Amministrative affinché quei cittadini possano concorrere, con parità di condizione e con riconosciuta indipendenza, al ruolo di consigliere comunale».

Chissà quante volte siete stati convinti di avere l’idea giusta per Ravenna ma di non avere le possibilità per portarla avanti. Ora il Pri vi aspetta: «A differenza dei finti nuovi che in realtà si chiudono in una stantia autoreferenzialità, i repubblicani aprono davvero all’apporto della cosiddetta società civile, consci del fatto che il ruolo dei partiti è ancora determinante per garantire l’interesse generale». Perché bisogna «guardare all’oggi con un rinnovato spirito e con una rinnovata visione della società» anche se Fusignani, già assessore provinciale, è convinto che serva «un ritorno al primato della politica per garantire un nuovo governo credibile e in grado di dare risposte ai problemi della città, il senso di responsabilità ha portato Pri e Pd a spendersi in prima persona, mettendoci la faccia. Al senso di disagio provocato da un superficiale atteggiamento nei confronti della politica, che peraltro ha generato l’ondata di populismo e di aggregazioni civiche che nascono in ogni campagna elettorale e si dissolvono il giorno stesso dello spoglio delle schede, i repubblicani sbandierano con orgoglio la loro appartenenza e il loro essere partito con tutto il significato che il termine assume anche nella nostra Carta Costituzionale».

In casa una prostituta e 5mila euro Due denunciati e bordello chiuso

Operazione dei carabinieri partita da un controllo in strada su un’auto poi nell’appartamento: il denaro nei cassetti dei due uomini in alloggio

In casa hanno trovato una prostituta e oltre cinquemila euro in contanti, probabile frutto della sua attività, custoditi nei cassetti di due uomini che alloggiavano nello stesso appartamento in via Da Verrazzano a Lido di Classe: tanto è bastato perché i due si siano presi una denuncia per sfruttamento della prostituzione da parte dei carabinieri della compagnia di Cervia-Milano Marittima.

L’operazione si è svolta nella notte tra il 10 e l’11 marzo partendo da un controllo in strada quando una pattuglia ha fermato due romeni a bordo di una Mercedes Slk: dalla perquisizione sul posto sono sbucati attrezzi da scasso e un coltello convincendo i militari a proseguire i controlli anche nell’alloggio dei due uomini scoprendo quella che di fatto è sembrata una casa per appuntamenti. Per i romeni, oltre alla denuncia per sfruttamento, anche quella per possesso ingiustificato di chiavi e grimaldelli e di porto abusivo di strumenti atti ad offendere.

«Spericolato tra i pali, mi chiamarono Garibaldi» È morto il portiere del Ravenna dal 1933 al 1935

Terzo Ricci avrebbe compiuto 106 anni. Il ricordo del vicesindaco e della Cmc dove lavorò per 36 anni: «Quando non giocavo rivoltavo il calcestruzzo», ricordò in una intervista

Un po’ troppo spericolato tra i pali della porta da calcio, per questo negli anni Trenta l’avevano soprannominato ”Garibaldi”: Terzo Ricci è stato portiere del Ravenna Calcio dal 1933 al 1935, è morto il 10 marzo a un mese dal 106esimo compleanno. Secondo i manuali collezionò due presenze nel campionato 33/34 e tre nel 34/35, sempre in Prima Divisione, la serie C dell’epoca. Il debutto in prima squadra fu un regalo per il 24esimo compleanno: 8 aprile 1934, Ravenna-Molinella 3-1. La carriera di Garibaldi finì con un infortunio. A Reggio Emilia il 14 aprile 1935 si ruppe una gamba. In una intervista in occasione del compimento di un secolo di vita disse di aver calciato il primo pallone vero che era arrivato in città: «Lo aveva portato dalla Svizzera, dentro una valigia, il futuro presidente Angelo Fabbri. Era là per studio e si innamorò di questo nuovo gioco».

Al compimento di 105 anni una piccola cerimonia al ristorante Molinetto: «Lo avevamo festeggiato l’8 aprile – ricorda il vicesindaco Giannantonio Mingozzi – con parenti, amici e alcuni calciatori. Penso a lui con grande affetto e ammirazione. Ha avuto una vita lunghissima e piena, che lo ha visto coraggioso protagonista dei campionati di serie C dell’epoca. Fervente repubblicano, ha rappresentato i sentimenti e gli ideali più vivi di un grande combattente, spericolato a tal punto da meritarsi l’appellativo di Garibaldi. Con analoghi impegno e abnegazione ha servito la patria e, dopo il ritorno a casa, si è dedicato al lavoro come muratore. In tempi nei quali il calcio non offre molti modelli positivi, ha rappresentato per i giovani un significativo esempio di stile e sacrificio».

«Quando non giocavo rivoltavo il calcestruzzo. Facevo il muratore, avevo un paio di pomeriggi liberi ogni settimana», raccontò Ricci in quell’intervista alla Voce di Romagna. Alla Cmc dal 1934, «il nostro socio più anziano o, come amava dire lui, il meno giovane», ricorda il presidente della coop Massimo Matteuci. Nel 1970 andò in pensione come magazziniere della Cmc: «Molti di noi – dice ancora Matteucci – lo ricordano alla braciolata alla quale, fino allo scorso anno, non ha mai voluto mancare. Oggi il consiglio di amministrazione, la direzione e i soci tutti si uniscono al dolore di familiari e amici nel ricordare un socio la cui vita ha coinciso con buona parte della storia della nostra cooperativa. Ciao Terzo».

«Spericolato tra i pali, mi chiamarono Garibaldi» È morto il portiere del Ravenna dal 1933 al 1935

Terzo Ricci avrebbe compiuto 106 anni. Il ricordo del vicesindaco e della Cmc dove lavorò per 36 anni: «Quando non giocavo rivoltavo il calcestruzzo», ricordò in una intervista

Un po’ troppo spericolato tra i pali della porta da calcio, per questo negli anni Trenta l’avevano soprannominato ”Garibaldi”: Terzo Ricci è stato portiere del Ravenna Calcio dal 1933 al 1935, è morto il 10 marzo a un mese dal 106esimo compleanno. Secondo i manuali collezionò due presenze nel campionato 33/34 e tre nel 34/35, sempre in Prima Divisione, la serie C dell’epoca. Il debutto in prima squadra fu un regalo per il 24esimo compleanno: 8 aprile 1934, Ravenna-Molinella 3-1. La carriera di Garibaldi finì con un infortunio. A Reggio Emilia il 14 aprile 1935 si ruppe una gamba. In una intervista in occasione del compimento di un secolo di vita disse di aver calciato il primo pallone vero che era arrivato in città: «Lo aveva portato dalla Svizzera, dentro una valigia, il futuro presidente Angelo Fabbri. Era là per studio e si innamorò di questo nuovo gioco».

Al compimento di 105 anni una piccola cerimonia al ristorante Molinetto: «Lo avevamo festeggiato l’8 aprile – ricorda il vicesindaco Giannantonio Mingozzi – con parenti, amici e alcuni calciatori. Penso a lui con grande affetto e ammirazione. Ha avuto una vita lunghissima e piena, che lo ha visto coraggioso protagonista dei campionati di serie C dell’epoca. Fervente repubblicano, ha rappresentato i sentimenti e gli ideali più vivi di un grande combattente, spericolato a tal punto da meritarsi l’appellativo di Garibaldi. Con analoghi impegno e abnegazione ha servito la patria e, dopo il ritorno a casa, si è dedicato al lavoro come muratore. In tempi nei quali il calcio non offre molti modelli positivi, ha rappresentato per i giovani un significativo esempio di stile e sacrificio».

«Quando non giocavo rivoltavo il calcestruzzo. Facevo il muratore, avevo un paio di pomeriggi liberi ogni settimana», raccontò Ricci in quell’intervista alla Voce di Romagna. Alla Cmc dal 1934, «il nostro socio più anziano o, come amava dire lui, il meno giovane», ricorda il presidente della coop Massimo Matteuci. Nel 1970 andò in pensione come magazziniere della Cmc: «Molti di noi – dice ancora Matteucci – lo ricordano alla braciolata alla quale, fino allo scorso anno, non ha mai voluto mancare. Oggi il consiglio di amministrazione, la direzione e i soci tutti si uniscono al dolore di familiari e amici nel ricordare un socio la cui vita ha coinciso con buona parte della storia della nostra cooperativa. Ciao Terzo».

«Il civico Alberghini scelto da Lpr-Lega in realtà è vicino a coop rosse e bianche»

La Pigna contro il commercialista candidato per il centrodestra
«Sindaco revisore in società collegate a Copura, Ciclat e Nettuno»

«L’alleanza Lpr-Lega nasce per favorire il Pd e il candidato a sindaco Alberghini non è civico come hanno tentato di far credere ma è espressione dei partiti che lo sostengono e della cupola del regime politico ravennate che governo la città da quasi mezzo secolo». La lista civica La Pigna torna ad attaccare i due schieramenti principali delle prossime elezioni comunali di Ravenna e lo fa attraverso le dichiarazioni di Veronica Verlicchi, membro del coordinamento civico della lista che si presenta con l’imprenditore Maurizio Bucci (ex Forza Italia) come candidato sindaco.

L’occasione per accostare l’alleanza Lpr-Lega a quella che si sta costruendo attorno al Pd è data dalle ultime dichiarazioni di Massimiliano Alberghini, il commercialista 50enne scelto da Alvaro Ancisi e Gianluca Pini per sfidare Michele de Pascale: «Sostiene che la mancata conferma di Di Marco e la nomina di un commissario è una scelta di buon senso. È sconcertante e perfettamente allineata con quanto sostenuto con convinzione dal Pd, dal sindaco Matteucci, dal vicesindaco Mingozzi, dal candidato a sindaco de Pascale, e dal presidente degli Industriali, Guido Ottolenghi, vero regista dei poteri forti dietro al Pd. Insomma Alberghini è perfettamente d’accordo con coloro che a parole dice di voler mandare a casa».

Per sostenere l’affermazione di un Alberghini come altra faccia della medaglia Pd, la Pigna è andata a spulciare nel suo curriculum professionale (al link in fondo alla pagina il comunicato integrale della lista civica): «Nella prima uscita pubblica veniva presentato come uomo distante e autonomo dalle cooperative. E invece lo troviamo in società a partecipazione cooperativa in qualità di sindaco revisore indicato dalla coop rossa Copura», il colosso del mondo delle pulizie e dei servizi. Il commercialista sostenuto da Pini e Ancisi, secondo quanto ricostruito dal team di Bucci, ricopre il ruolo di sindaco revisore o sindaco supplente in diverse società che compongono la rete di imprese (riconducibili a vario titolo al gruppo Ciclat, al gruppo Nettuno oltre che Copura) che si salda attorno al progetto per la realizzazione di un grattacielo a Marina di Ravenna nel lotto ex Xenos (vedi articoli correlati). Ecco perché ora Verlicchi chiede «come si pone Alberghini di fronte agli interessi delle cooperative bianche e rosse, che partecipano a società miste nelle quali lui ricopre il ruolo di sindaco revisore di società partecipanti al capitale sociale di dette società?».

Bunge chiede un porto più profondo «Ap non scava e rallenta i nostri piani»

L’azienda dell’agroindustria ha investito 50 milioni ma ha bisogno
di navi più grandi: «Auguri al commissario ma serve un presidente»

«I nostri piani industriali siano stati rallentati in questi anni dal mancato approfondimento dei fondali». Lo dice Alessandro Vitiello, amministratore delegato di Bunge Italia, a distanza di sette mesi dall’annuncio diun investimento da 50 milioni di euro per potenziare lo stabilimento di via Baiona a Ravena dove la società del settore agroindustriale opera nel commercio e lavorazione di semi oleosi.

All’annuncio di quell’importante investimento economico, Vitiello disse che un importante contributo alle strategie della società deriverebbe dall’approfondimento dei fondali del porto di Ravenna e, quindi, dalla possibilità di ricevere navi di maggiori dimensioni in presenza di un adeguato pescaggio. «Sette mesi dopo – dice oggi il manager – torno a ribadire questo concetto, perché l’ente in capo al quale sono le competenze per l’escavo dei fondali, cioè l’Autorità portuale, non li ha attuati ed è al centro dell’attenzione».

L’Ad Bunge prova a tenersi lontano dagli scontri tra istituzioni che hanno animato gli ultimi mesi – «Non compete a me, amministratore delegato di una società appartenente a una multinazionale, entrare nel dibattito politico in corso sui vertici dell’Ap» – ma punta il dito su una circostanza molto spesso citata dagli amministratori ma altrettanto spesso disattesa dai fatti: «Un’attività industriale, per investire, ha bisogno di tempi certi. E, ad oggi, questi tempi non hanno data né certa né incerta».

La situazione attuale dice che il ministero delle Infrastrutture ha nominato il comandante della capitaneria di porto quale commissario per sei mesi: «Faccio i migliori auguri di buon lavoro al contrammiraglio Meli, auspicando che da subito possa occuparsi dei progetti di approfondimento dei fondali. Contemporaneamente, consapevole dei limiti che può avere un incarico di breve durata come è quello del commissario, auspico che sia nominato in fretta il nuovo presidente con un mandato prioritario: scavare i fondali del canale Candiano».

Infortunio sul lavoro, perde una mano

Incidente al petrolchimico per un lavoratore del sito Versalis Trasportato al centro specializzato di Modena per salvare l’arto

Un operaio 40enne (W. F.) è rimasto ferito in un grave incidente accaduto ieri, 11 marzo, nel sito Versalis all’interno del polo petrolchimico di Ravenna: l’uomo ha perso una mano rendendo necessario l’intervento urgente del 118 per stabilizzarlo sul posto prima di un trasferimento in elicottero a Modena al centro specializzato per la mano. L’arto tranciato di netto, per cause che dovranno essere accertate dalla medicina del lavoro intervenuta accanto alla polizia, è stato recuperato nel macchinario per tentare un delicatissimo intervento chirurgico.

Ergastolo per l’ex infermiera Poggiali Il video della lettura della sentenza

L’imputata si tocca la fronte ma mantiene il controllo. In lacrime i figli della vittima: «Giustizia è fatta». L’accusa: «Istituzionalmente soddisfatti»

Ha piegato il capo verso il basso quando il presidente della Corte d’Assise ha pronunciato la parola «colpevole», si è toccata la fronte quando ha detto «ergastolo»: non si è lasciata sfuggire altre reazioni Daniela Poggiali, l’ex infermiera dell’ospedale di Lugo finita a processo con l’accusa di omicidio volontario pluriaggravato per la morte di una sua paziente avvenuta l’8 aprile 2014 all’ospedale Umberto I di Lugo dove lavorava dal 2002. La giuria ha accolto le richieste dell’accusa (tranne l’isolamento diurno di un anno e mezzo) mentre la difesa aveva chiesto l’assoluzione. Al termine della lettura del verdetto la donna ha lasciato l’aula accompagnata dagli agenti di polizia penitenziaria: la 44enne è in carcere a Forlì in custodia cautelare da ottobre 2014.

Ci sono volute quasi otto ore di camera di consiglio per arrivare alla sentenza di primo grado, pronunciata dal giudice Corrado Schiaretti, presidente della Corte, poco dopo le 20 di questa sera, 11 marzo, a quasi due anni di distanza dalla morte della 78enne Rosa Calderoni di Russi.

La sentenza, oltre alla pena dell’ergastolo, condanna Poggiali al pagamento delle spese processuali e di quelle per il proprio mantenimento in carcere durante la custodia cautelare (circa un anno e mezzo), al risarcimento dei danni per le parti civili da liquidarsi nella competente sede civile (provvisionale da 150mila euro ciascuno per i due figli della vittima), alla rifusione delle spese processuali delle parti civili (liquidate in 20mila euro ciascuno per i due figli e 15mila euro a testa per il collegio degli infermieri e l’Ausl), interdizione perpetua dai pubblici uffici. Entro novanta giorni il deposito delle motivazioni della sentenza.

Alla lettura della sentenza i figli della vittima sono scoppiati in lacrime. «Giustizia è fatta – ha commentato il figlio con gli occhi lucidi –. Era l’unica cosa che mi stava a cuore. Ringrazio gli avvocati e il pubblico ministero». Il sostituto procuratore Angela Scorza accoglie con soddisfazione l’esito del processo: «Sono stati due anni lunghi e complessi, la sentenza riconosce il duro lavoro fatto in questo tempo». Parole simili a quelle usate dal procuratore capo Alessandro Mancini: «Soddisfazione senza trionfalismi, siamo istituzionalmente soddisfatti ma siamo pur sempre di fronte a una sentenza di ergastolo. Una nota di plauso alla collega Scorza che ha condotto in maniera perfetta il processo. Nel corso del tempo eravamo sempre più convinti della nostra posizione, il risultato di una investigazione ineccepibile». La difesa, avvocato Stefano Dalla Valle, non ha voluto rilasciare dichiarazioni a caldo.

La sentenza: ergastolo all’infermiera Uccise una paziente iniettando potassio

Dopo quasi 8 ore di camera di consiglio il verdetto per Daniela Poggiali Il decesso di una 78enne avvenne l’8 aprile 2014 nell’ospedale di Lugo

Ha ucciso una paziente di 78 anni ricoverata nel reparto di Medicina dell’ospedale di Lugo dove lavorava come infermiera: così ha deciso la Corte d’Assise di Ravenna per Daniela Poggiali accogliendo la richiesta di condanna all’ergastolo avanzata dall’accusa (tranne l’isolamento diurno per un anno e mezzo). La difesa aveva chiesto l’assoluzione.. È questa la sentenza, arrivata nella serata odierna dopo quasi otto ore di camera di consiglio, nel processo di primo grado che ha visto alla sbarra la 44enne nata a Faenza e residente a Giovecca (in carcere a Forlì da ottobre 2014), imputata di omicidio volontario pluriaggravato (motivi abietti, mezzo venifico, premeditazione: solo i primi non sono stati riconosciuti). La morte dell’anziana su cui si è incardinato il procedimento penale, come ormai noto, risale all’8 aprile 2014 e sarebbe il risultato di una somministrazione massiccia e volontaria di cloruro di potassio (Cdp) inserito nel deflussore della flebo collegata al braccio di Rosa Calderoni di Russi. Il movente? Secondo l’accusa (pm Angela Scorza) era il piacere di dare la morte a pazienti scomodi.

Alla lettura della sentenza l’ex infermiera dell’Ausl (in ferie forzate da dopo quel decesso e poi licenziata per le celebri foto in posa accanto a un altro cadavere con i pollici alzati) non ha avuto reazioni particolari: si è toccata più volte la fronte, la prima quando il presidente della Corte ha pronunciato la parola ergastolo. In lacrime invece i due figli della vittima. Soddisfazione composta per l’accusa: un abbraccio tra il procuratore capo Alessando Mancini e il sostituto Angela Scorza che ha condotto tutto il processo.

L’assessore Guerrieri in lista con Insieme per Cambiare (Ixc)

L’ex Idv nell’associazione di Poggiali a sostegno del candidato Pd alle amministrative di Ravenna

L’assessore a Sport e Ambiente del Comune di Ravenna, Guido Guerrieri, si presenterà alle prossime elezioni amministrative con Insieme per Cambiare (Ixc), lista civica che appoggerà il candidato sindaco Michele De Pascale nella coalizione attorno al Pd. L’ufficializzazione di quanto era nell’aria da qualche giorno è arrivata stamane, 11 marzo, in una conferenza all’hotel Palazzo Bezzi di Ravenna. Accanto a Guerrieri c’era Giovanni Poggiali, l’imprenditore presidente dell’associazion Ixc che si è detto «onorato di avere in squadra Guerrieri, amministratore che si è dimostrato molto competente e persona per la quale nutro profonda stima».

A convincere Guerrieri – che nel 2011 entrò a far parte della seconda giunta Matteucci in qualità di rappresentante Idv che al tempo correva in coalzione con il Pd – sarebbero stati «l’impegno decennale di Poggiali in ambito sportivo, ma anche i progetti che Insieme per Cambiare presenterà a breve, volti in particolare alla promozione della valenza sociale dello sport tra i più giovani, sia a livello ravennate che romagnolo».

L’assessore e architetto, dopo aver ringraziato l’Italia dei Valori con cui nel 2001 ha preso avvio il suo personale cammino politico, si è detto «felice di intraprendere con slancio questa nuova avventura insieme a Giovanni e a tanti cittadini desiderosi di impegnarsi in prima persona per il bene della propria città, perché la politica è innanzitutto servizio alla collettività. Ho scelto la squadra di Giovanni perché condivido la sua visione della città».

Processo Poggiali: nessuna dichiarazione dall’infermiera, ora la camera di consiglio

L’ex infermiera non ha aggiunto nulla dopo la difesa dell’avvocato in replica al pm. Richiesto l’ergastolo. Sentenza dopo le 17.30

L’ultima udienza si è chiusa senza dichiarazioni conclusive dell’imputata: la 44enne Daniela Poggiali, ex infermiera dell’ospedale di Lugo a processo per l’omicidio di una sua paziente, non ha aggiunto nulla dopo le considerazioni finali fatte dal suo avvocato Stefano Dalla Valle. Il penalista è tornato a ribadire la richiesta di assoluzione dopo che il pubblico ministero Angela Scorza, nelle sue ultime repliche, aveva nuovamente ribadito la richiesta dell’ergastolo con isolamento diurno per un anno e mezzo. Gli otto giudici (due togati e sei popolari) della Corte d’Assise si sono quindi riuniti in camera di consiglio per il verdetto: la sentenza è attesa dopo le 17.30.

La difesa ritiene che la Corte debba assolvere l’imputata perché non c’è certezza che la morte di Rosa Calderoni, 78enne di Russi ricoverata nel reparto di Medicina dell’Umberto I, sia da imputare a cause esterne e non naturali. Ma anche se così fosse non ci sarebbero prove sufficienti per incolpare Poggiali oltre ogni ragionevole dubbio. Dalla Valle ancora una volta ha invitato i giudici a non farsi confondere dalle foto dell’ex infermiera in posa con un altro cadavere appena deceduto in reparto: «Un gesto inopportuno ma questo non fa di lei un’assassina». Per il pm invece in quelle foto sta la rappresentazione del movente: il piacere nel dare la morte da parte di una donna che in criminologia andrebbe considerata come «serial killer dominante». La procura non ha dubbi sulle cause esterne nella morte dell’anziana perché dall’autopsia non è emerso altro e non ha dubbio che si tratti di una somministrazione massiccia di cloruro di potassio visto che in entrambi gli occhi ne è stata rilevata una concentrazione troppo alta per essere fisiologica. Poggiali è stata l’ultima infermiera a somminsitrare terapie alla donna prima che finisse in coma e allora è lei che va condannata. Incertezze sulle modalità il pm non ne ha: potassio inserito nel deflussore della flebo collegata al braccio di Calderoni nei 5-10 minuti in cui l’infermiera rimase sola in camera con la paziente facendo uscire la figlia e chiudendo la porta per somministrare formalmente una normale flebo che non richiedeva particolare esigenze di privacy. Sempre seconda l’accusa poi Poggiali avrebbe sostituito l’ago cannula collegato al deflussore, rimosso dopo il decesso, per depistare le indagini. Per questo quello ritrovato nel contenitore dei rifiuti speciali – l’unico di quel giorno per l’accusa, non l’unico per la difesa – aveva sì potassio nel tubo ma Dna maschile nell’ago terminale.

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