mercoledì
23 Luglio 2025

Tra Dostoevskij e Bauman, “Notti” della compagnia SlowMachine: «Cos’è oggi l’amore?»

Lo spettacolo sarà in scena al Goldoni di Bagnacavallo e al Masini di Faenza. Parla il regista

Notti SlowMachine Ph.Elisa Calabrese 6
(ph. Elisa Calabrese)

Lunedì 22 gennaio (ore 21) al teatro Goldoni di Bagnacavallo (e martedì 23 al Masini di Faenza, ore 21) va in scena Notti, della compagnia bellunese SlowMachine (istituita nel 2012 da Elena Strada e Rajeev Badhan). Nello spettacolo gli attori, che interpretano i membri di un gruppo teatrale al lavoro su una nuova trasposizione delle Notti bianche di Dostoevskij, riflettono su cosa è ancora in grado di dire oggi quell’opera. La drammaturgia, curata dalla stessa Strada, innesta poi sul contributo letterario di Dostoevskij le suggestioni sociologiche e filosofiche del saggio Amore liquido di Zygmunt Bauman. Ne esce un lavoro dalla forte tensione visionaria, un dialogo tra teatro, video e video live, in cui due e più livelli visivi e temporali si intrecciano nella ricerca di un senso profondo nelle relazioni ai nostri tempi. Ne parliamo con il regista Rajeev Badhan.

Come siete arrivati a scegliere i due spunti fondamentali su cui è innervato Notti? 

«L’intento è stato quello di chiederci in che modo poteva parlare al presente un testo come Le notti bianche di Dostoevskij, che ha attraversato le epoche. Pensando alla società in cui viviamo in questo momento, ci siamo chiesti se il tipo di innamoramento descritto nel racconto fosse ancora possibile, se esistono punti d’incontro. E quindi ecco il parallelo tra racconto di Dostoevskij – nel quale l’innamoramento dei protagonisti ha fatto patire tanti lettori – e una riflessione sulla nostra modernità, ossia su cosa le tematiche dell’amore potessero suscitare nelle nuove generazioni. Questo ha fatto sì che si sviluppasse un lavoro che intreccia la modernità dell’oggi ai tempi del grande scrittore russo. Lo spettacolo procede su due piani: uno è la linea del racconto di Dostoevskij, che avviene per lo più con l’utilizzo di varie tecniche video, quindi del mezzo cinematografico; sull’altro piano ci sono invece un gruppo di tre attori che si interrogano sull’oggi e sulle loro relazioni, specchiandosi con il racconto di Dostoevskij. Qui si innestano le riflessioni del testo di Bauman Amore liquido e poi è nata anche l’idea di sentire le generazioni che chiamiamo in causa, e così, attraverso alcune interviste fatte a ragazzi dei licei di Belluno, si è utilizzato il mezzo documentario all’interno dello spettacolo. Insomma, un percorso che naviga su più livelli che suscita vari interrogativi: può la liquidità della nostra epoca, intesa come la fragilità di qualsiasi costruzione, influire anche sui sentimenti più forti e apparentemente solidi? Il concetto di amore ha un denominatore comune? Amore e libertà sono un binomio così incompatibile?»

Personalmente, ho interpretato lo spettacolo in questo modo: i personaggi di Dostoevskij, il narratore e Nasten’ka, alla fine si innamorano, ma Nasten’ka sceglie di stare con l’Inquilino più che altro per una sorta di convenzione sociale. Nel saggio di Bauman invece la perdita dell’amore è qualcosa di più impalpabile, che arriva contestualmente dalla società che viviamo e da noi stessi. Ed è per questo che i due testi lavorano così bene all’interno del vostro spettacolo. Ha senso?

«È una riflessione interessante. La negazione dell’amore, oggi, arriva in effetti da un’altra parte. Nell’indagine fatta per questo spettacolo, ci siamo accorti di come, nella società dell’immagine in cui viviamo, alle volte siamo proprio noi a negare l’amore. Se penso a Nasten’ka, al narratore e all’Inquilino è evidente che sono tutti innamorati, anche se magari sono amori diversi. L’amore cambia, l’amore a volte è abbandono, e credo che la negazione dell’amore al giorno d’oggi sia assolutamente una tematica su cui riflettere. Quindi sì, condivido il tuo punto di vista».

C’è un’altra cosa che ho notato in Notti che vorrei capire. In scena i tre attori (che interpretano proprio degli attori) stanno discutendo della messa in scena del testo di Dostoevskij, un po’ come succede in “I promessi sposi alla prova” di Testori. È un richiamo voluto? 

«Devo dire che non ci avevo mai pensato, anche se mi onora il fatto di essere accostato a un’idea come quella di Testori. Però sicuramente in Notti c’è la volontà di portare in scerna il teatro, una tematica che mi sembrava interessante, così come la modalità che gli attori stessi dichiarassero la loro posizione di attori, e come alcune cose che succedono sembrano quasi impossibili all’interno dello spettacolo ma poi pian piano si realizzano. La dinamica della meta-teatralità e dell’utilizzo del teatro all’interno di una compagnia che deve mettere in scena uno spettacolo – come può essere anche in Sei personaggi in cerca d’autore – è un percorso che attraversa la nostra drammaturgia e la riflessione registica. Non per niente, credo, abbiamo citato Testori e Pirandello, che hanno inciso in maniera molto netta nella cultura teatrale contemporanea»

Ho scoperto che, prima della laurea specialistica in Produzione e Progettazione delle Arti Visive allo IUAV di Venezia, ti eri laureato in Biotecnologie Mediche. Cosa ti ha portato da un percorso scientifico a uno artistico?

«Beh, durante gli studi avevo già iniziato a frequentare il Tpr-Cut (Teatro Popolare di Ricerca-Centro Universitario Teatrale) di Padova, ho conosciuto Denis Fasolo, Andrea Pennacchi, il fondatore del Tpr Lorenzo Rizzato, ho avuto una spinta molto forte per il teatro, la nuova drammaturgia, la sperimentazione. Diciamo che il percorso scientifico mi ha portato a decidere in maniera più convinta di intraprendere un percorso artistico e frequentare poi l’Accademia Teatrale Veneta, e specializzarmi anche al Centro Sperimentale di Cinematografia. Insomma, era già tutto dentro di me, doveva solo uscire».

SlowMachine esiste dal 2012, ma il 2024 avrebbe dovuto essere il decennale della stagione teatrale “Belluno Miraggi”, poi saltata. Cos’è successo?

«Probabilmente c’erano idee un po’ diverse con l’amministrazione comunale, ma speriamo che nel futuro si possa migliorare. Noi, come compagnia, a livello produttivo e organizzativo siamo molto attivi. Se la disponibilità per la realizzazione di progetti all’interno del territorio bellunese c’è, ben venga, se no vedremo. Miraggi è sempre stata apprezzata dalla cittadinanza, ma a volte chi decide è gente che professionalmente non ha niente a che fare con il nostro ambito. Rispetto al nostro territorio vedo problematiche un po’ di provincia, e questo non aiuta. L’Emilia-Romagna, ad esempio, è una costellazione in cui più anime convivono, da Ert a Accademia Perduta, dalle Albe alla Socìetas, la pluralità di espressione è solo una ricchezza. Speriamo di ritornare anche noi in attività in maniera più strutturata, anche se è ovvio che il sistema cultura ha dei problemi e delle necessità. In questo momento però ci fa piacere che un lavoro come Notti stia girando abbastanza, con un ottimo riscontro del pubblico, che è fondamentale».

Alessandro Fogli

Alla Manfrediana alluvionata la bellezza è “spalata” col video di Cristiano Cavina

Torna la rassegna per sensibilizzare sulla raccolta fondi. Atteso anche Paolo Nori

ManfredianaProsegue anche nel 2024 la rassegna Bellezza spalata ideata dalla Biblioteca Manfrediana per restare vicina al suo pubblico e per proseguire nella sensibilizzazione per la raccolta fondi destinati al recupero delle sale alluvionate. È possibile donare attraverso l’Iban del Comune Faenza specificando nella causale “per biblioteca”. Inoltre è stato attivato un art bonus, che consente un credito di imposta, pari al 65% dell’importo donato, a chi effettua erogazioni liberali a sostegno del patrimonio culturale pubblico.

La rassegna prenderà il via il 23 gennaio con un doppio appuntamento. Alle 17 ci sarà un laboratorio di fumetti offerto dall’associazione culturale Barbablù, rivolto a tutte le ragazze e i ragazzi dagli 11 ai 14 anni. Alle 18.30 sarà ospite nell’Aula Magna della Biblioteca Cristiano Cavina con il suo toccante video racconto “Il primo Natale in Romagna dopo l’alluvione” realizzato dalla Regione Emilia Romagna. Si tratta di una testimonianza civile, «necessaria per dimenticare le acque limacciose – spiega Cavina -. Chi ha vissuto i giorni del fango e nel fango non potrà mai scordarli. Resteranno per sempre impressi nella nostra mente, perché si è trattato di un evento talmente forte che ci ha segnato per sempre».

Il 31 gennaio alle ore 18.30 è previsto un incontro con Paolo Nori, scrittore, traduttore e blogger, con il monologo Vi avverto che vivo per l’ultima volta dedicato alla poetessa russa Anna Achmatova.

All’interno della rassegna non poteva mancare una mostra dedicata ai ricchissimi fondi della Biblioteca con una esposizione dedicata ai manoscritti dal titolo In bella grafia. Sei secoli di manoscritti. In occasione dell’inaugurazione prevista per il 23 febbraio alle ore 18 si esibirà il gruppo musicale Il Battello Bianco, composto da Bruno Orioli, Enrico Massari e Andrea Gatta.

Servono medici di Pronto soccorso. In provincia manca un terzo dei dottori previsti

Dati Uil: a Ravenna, Faenza e Lugo servirebbero 76 professionisti, per coprire i vuoti l’Ausl attinge da altri reparti con ricadute sulle liste d’attesa

pronto soccorso ospedale ravenna

Ogni anno i tre pronto soccorso della provincia (Ravenna, Faenza, Lugo) registrano circa 150mila accessi. Il numero è in crescita dopo il grande calo del 2020 dovuto alla pandemia. A Ravenna nel 2023 si sono registrati 100 mila accessi, in aumento del 7 percento rispetto all’anno prima. Oltre ai casi che hanno necessitato di un ricovero, vi è stato un aumento percentuale dei codici azzurri (+10 percento) e dei verdi (+3 percento).

Ma sono sempre meno i professionisti della sanità disposti a lavorare in quel reparto. La pianta organica dell’Ausl Romagna prevede 76 medici per i tre reparti ravennati. Attualmente, secondo le valutazioni del sindacato Uil, è scoperto un terzo dei posti. Il Ps di Ravenna ha 28 medici su 36 previsti, a Faenza 14 su 22 e a Lugo 9 su 18. Spesso, per comprensibile necessità, l’azienda sanitaria fa ricorso a medici di altre specialità con un effetto a cascata su altri reparti dove non ci sono urgenze ma si finisce per allungare le liste di attesa.

Perché la fuga dai Ps italiani? Secondo le considerazioni dei sindacati incide la trasformazione del lavoro: molti considerano il pronto soccorso come il luogo cui rivolgersi per qualunque bisogno semplicemente perché è sempre aperto e così la gestione dell’urgenza non è più la mission del personale. Senza dimenticare l’aspetto economico con retribuzioni non competitive rispetto al privato e all’estero. Sono diversi i casi di chi lascia il Ps per fare il medico di base.

C’è poi il tema della scarsa sicurezza con episodi di aggressioni all’ordine del giorno. Il gesto sconsiderato di persone violente non è prevedibile, ma una riduzione dei tempi di attesa contribuirebbe a ridurre la tensione: ne sono convinti i sindacalisti.

Le previsioni future non autorizzano ottimismo. Il sindacato dei medici Anaao Assomed ha raccolto e pubblicato i risultati delle assegnazioni dei posti nelle scuole di specializzazione in Italia, i corsi che permettono ai laureati in medicina e chirurgia di specializzarsi, un requisito essenziale per essere assunti nel servizio sanitario nazionale. Secondo il sindacato il dato più preoccupante riguarda la specializzazione di emergenza-urgenza, che forma medici e mediche dei pronto soccorso, per cui sono state assegnate soltanto 266 borse di studio sulle 855 a disposizione.

«Con il tornado ho perso casa e lavoro. Ancora nessun ristoro, ma tanta solidarietà»

Andrea Ricci Maccarini ha riaperto in questi giorni l’attività di ristorazione ad Alfonsine grazie alle donazioni: «Il disastro di questa estate mi ha portato via anche vent’anni di cuore. In futuro sogno di aprire un room&breakfast»

Spighe

A sei mesi di distanza dalla tromba d’aria che ha colpito la sua abitazione e la sua attività di ristorazione ad Alfonsine (Le Spighe – non solo Piadine in via Raspona 61/A) Andrea Ricci Maccarini prova a ripartire. Lo fa grazie all’aiuto di tanti amici, conoscenti e volontari, come il gruppo “Gli amici di Paride” e l’influencer ravennate Erica Liverani, che gli hanno teso una mano nel momento più difficile: lo scorso luglio, una violentissima tromba d’aria ha spazzato via in soli cinque minuti metà della sua casa di campagna adiacente al ristorante, compromettendone l’agibilità e causando ingenti danni economici.

Di quei momenti, Ricci Maccarini ricorda lo sconcerto e la paura: «Non capivamo cosa stesse succedendo, avevamo paura e ci siamo chiusi in un bagno cieco nella parte più protetta della casa. Quando siamo usciti ci siamo resi conto di aver perso tutto, una vita di sacrifici fatti dalla nostra famiglia. In quel momento non ci sono state lacrime, ma poi ho avuto un ictus. Questo disastro mi ha portato via 20 anni di cuore».

Come se non bastasse, nell’anno appena concluso il ristoratore ha dovuto affrontare anche la morte di entrambi i genitori, e durante le feste è stato derubato nel suo capanno in piazza del Popolo delle offerte che era riuscito a raccogliere per la ricostruzione post tornado, per un totale di circa mille euro.

Ora, tra attese e sconforto, Ricci Maccarini cerca di andare avanti, nonostante il periodo dell’anno non proprio favorevole per la ristorazione: «Abbiamo riaperto in questi giorni l’attività. Grazie alle donazioni e all’aiuto di un’azienda di Alfonsine siamo riusciti a ricavare un gazebo al chiuso per accogliere i clienti. Ho dovuto prendere una nuova stufa a pellet perché l’altra era andata distrutta». Pur nella disgrazia che lo ha colpito, il ristoratore ha potuto toccare con mano la solidarietà delle persone che sono scese in campo per aiutarlo. Tra tutte, l’ex consigliera comunale di Ravenna Samantha Tardi che, oltre ad aver avviato una raccolta su Gofundme, domenica 14 gennaio ha organizzato un evento dal titolo “Una piadina col cappotto – Aiutiamo Andrea”, riuscendo a raccogliere quasi 2mila euro. «Io e mia sorella ci siamo emozionati – racconta Ricci Maccarini –. A parte il discorso economico, quello che ci ha aiutato tantissimo è stato il non essere lasciati soli, il non essere dimenticati». Una solitudine che pesa, soprattutto a fronte del silenzio da parte di chi invece dovrebbe aiutare: «Chiacchiere tante, cose concrete nessuna. A livello di ristoro non è arrivato niente, e quello di cui abbiamo bisogno noi, che abbiamo perso tutto, sono proprio i soldi. Le banche ti trattano come se valessi meno di niente».

E il Comune? «Dal momento che non abbiamo più l’abitabilità della casa, ci hanno spostati in centro ad Alfonsine. L’appartamento in sé non è male, ma lo stabile è abbastanza degradato».

Alla mancanza di aiuti economici si aggiungono poi gli ostacoli alla ricostruzione: «La casa, che ha subito i danni più grossi, è da demolire e ricostruire. Purtroppo, però, è vincolata dalla Soprintendenza delle Belle Arti che rallenta tutto. Anche se non ho più niente, sono obbligato a rifare tutto com’era prima, è una vergogna».

La difficolta del momento, aggravata da atti di sciacallaggio e dalle malelingue («Le persone mi accusano di essermi fatto pubblicità»), rende difficile guardare oltre, soprattutto in alcuni momenti: «Andare a dormire non è facile. Di giorno vedi le persone e questo ti aiuta a non pensare, ma la sera tutto quello che è accaduto ti torna addosso. Se non avessi avuto mia sorella oggi non sarei qui». Ci si prova comunque, però. E alla domanda su cosa si aspetta dal futuro, Ricci Maccarini risponde chiaramente: «Mi auguro di riuscire a sistemare la casa e creare un room & breakfast. Lo vorremmo chiamare “I Tre mori”, come il locale storico dei miei genitori. Qui siamo in mezzo alla natura e alla campagna, ti immergi nella tranquillità e nella serenità. Speriamo di tornare a essere sereni anche noi».

Il Ravenna pareggia a Sant’Angelo e allunga in testa alla classifica del girone D

Giallorossi da record: hanno la miglior difesa di tutta Italia (dalla serie A alla D)

Santangelo Ravenna

Il Ravenna Fc pareggia (1-1) a Sant’Angelo Lodigiano contro i padroni di casa in piena zona play-out, ma allungano in testa alla classifica, sfruttando la sconfitta del Victor San Marino contro il Lentigione.

Ora i giallorossi sono a +4 sui sammarinesi in vetta al girone D del campionato di calcio di serie D.

E nonostante il gol subito abbia interrotto una lunga serie di imbattibilità, con solo 7 reti incassate il Ravenna è la difesa meno battuta d’Italia, dalla serie D alla serie A.

Domenica prossima, 28 gennaio, in casa contro il Fanfulla un’occasione per allungare ancora.

Alluvione, Bonaccini: «Non c’è un euro per rimborsare i cittadini»

Il Presidente della Regione continua a chiedere una norma per i beni mobili

Emergenza alluvioni in Emilia-Romagna. Esondazione del fiume Montone ed allagamento del quartiere Romiti a Forlì«Otto mesi dopo l’alluvione che ha colpito la Romagna, il governo non ha ancora previsto che possano essere rimborsati i danni dei beni mobili: è una barzelletta. Io voglio credere che il governo metta questa norma perché stiamo prendendo in giro i cittadini. Ma anche se ci fosse questa norma, adesso non ci sono i soldi per rimborsarli, i cittadini stessi dicono che non hanno ricevuto niente».

Lo ha detto Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna, a proposito dell’alluvione.

Nei giorni scorsi Meloni e Von der Leyen hannno annunciato un miliardo e 200 milioni aggiuntivi dai fondi del Pnrr. «Saranno investimenti sulla parte pubblica – ha detto Bonaccini, parlando a Omnibus su La7 – ma non c’è un euro di quei soldi che va a famiglie e imprese. Ad oggi ne sono arrivati poco più di 4, ora con questi soldi, superiamo i 5 miliardi. Ho chiesto un tavolo tecnico ai ministeri perché ci sono due problemi: le regole del Pnrr prevedono di spendere e rendicontare entro la fine del 2026 altrimenti non vengono utilizzati. Inoltre io, per la ricostruzione del sisma, ho avuto a disposizione fino a mille persone in più, Figliuolo ha una sessantina di persone che stanno a Roma, Ci sono piccoli comuni di poche migliaia di abitanti che devono fare centinaia di cantieri. C’è bisogno di darsi una mano velocemente. Io ho tutto lo spirito di collaborazione possibile, ma non ci sposteremo di un millimetro finché non sarà rimborsato chiunque abbia subito un danno».

Finisce fuori strada sull’E45, muore cinque giorni dopo in ospedale. Aveva 48 anni

La vittima si chiamava Loris Rinaldi e lavorava alla Sapir

Loris RinaldiCordoglio in città per la morte di Loris Rinaldi. 48 anni, originario delle Marche ma ormai ravennate d’adozione, Rinaldi lavorava alla Sapir.

L’uomo è morto il 19 gennaio al Bufalini di Cesena dove era ricoverato in terapia intensiva, cinque giorni dopo essere finito fuori strada con la propria auto lungo l’E45.

L’incidente era avvenuto domenica 14 gennaio tra Casemurate e lo svincolo per Mirabilandia, al ritorno dopo un pranzo con amici nel Cesenate – scrive il Corriere Romagna in edicola oggi (21 gennaio).

Rinaldi era da solo alla guida della sua Jeep Renegade quando – per cause in corso di accertamento – ha sbandato, finendo capottato nel campo adiacente.

Trasportato d’urgenza dai soccorritori al Bufalini di Cesena, l’uomo è morto dopo alcuni giorni di ricovero in terapia intensiva.

Città a 30 km all’ora, il sindaco: «Ravenna non seguirà l’esempio di Bologna»

De Pascale al Corriere Romagna: «Caratteristiche diverse, le nostre priorità sono altre»

De Pascale Sindaco Palazzo Merlato

«Al momento non è allo studio nessuna operazione di sistema per implementare le Zone 30 in vie dedicate più o meno esclusivamente alla circolazione stradale». Il sindaco Michele de Pascale mette fine al dibattito ravennate sulla Città 30, dichiarando al Corriere Romagna che «Ravenna è una città con caratteristiche molto diverse rispetto a Bologna», dove comunque «è stata fatta una scelta coraggiosa e sensata.

Il caso Bologna sta facendo discutere in tutta Italia: nel capoluogo felsineo, infatti, da pochi giorni sono entrate in vigore le nuove norme con cui il limite dei 30 km/h è diventato la normalità in tutte le strade cittadine più densamente popolate, circa il 70% di quelle dell’intero centro abitato.

«Le nostre priorità sono altre – ha dichiarato ancora il primo cittadino al Corriere -. Da un lato potenziare la rete ciclabile, dall’altro razionalizzare la grande viabilità evitando la commistione fra traffico portuale e cittadino».

Pierdomenico Lonzi è il nuovo segretario provinciale del Partito Socialista

Eletto all’unanimità a Russi, prende ilposto di Francesco Pitrelli

Foto Vista Pubblico In Sala Alla Presidenza Lonzi Pitrelli Federica Gullotta (1)

Pierdomenico Lonzi è stato eletto in maniera unanime nuovo segretario provinciale del Partito Socialista Italiano, al termine del congresso svoltosi sabato 20 gennaio a Russi, nella sala Ravaglia.

Nella sua relazione introduttiva, il segretario uscente Francesco Pitrelli ha confermato la sua decisione di non ricandidarsi per dedicarsi pienamente ai suoi incarichi di dirigente nazionale e regionale del partito.

Sono poi intervenuti i segretari del Pd Alessandro Barattoni, di Azione Filippo Govoni, di Italia Viva Roberto Fagnani, di +Europa Nevio Salimbeni e di Sinistra Italiana Alessandro Perini, tutti manifestando l’intenzione di voler cercare (assieme ai socialisti) la via per ricostruire una alternativa all’attuale governo nazionale e di salvaguardare e accrescere i governi locali di centrosinistra.

Lonzi ha motivato i socialisti ad accentuare la presenza sul territorio e nei consessi elettivi senza rinunciare ai propri simboli.

Di seguito gli organismi eletti. Segreteria: Pierdomenico Lonzi (segretario), Lorenzo Corelli (tesoriere), Francesco Pitrelli, Filippo Barbieri, Massimo Corbelli, Federica Gullotta.
Completano la Direzione: Stefano Bagnoli, Massimiliano Bezzi, Remo Cavallo, Jacopo Cavina, Federico Facchini, Armando Menichelli, Federico Penazzi, Giorgio Ricci, Maria Severi.
Commissione di Garanzia: Lino Calisti (presidente), Daniele Bilosi, Enzo Ceccaroni. 

Gravidanza a rischio, intervento d’emeregenza: Sofia nasce alla 35esima settimana

Al Santa Maria delle Croci una delicata operazione

Sofia Ospedale Ravenna

Un delicato intervento nel reparto Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale “Santa Maria delle Croci” di Ravenna ha permesso la nascita della piccola Sofia alla 35esima settimana dopo che alla madre, Carmen, era stata riscontrata la diagnosi di placenta percreta. Una situazione delicata perché la placenta si trovava impiantata sulla cicatrice uterina di precedenti tagli cesarei.

Ma quello di Sofia e della sua mamma si presentava come un caso grave perché gli accertamenti effettuati durante la gravidanza avevano evidenziato che la placenta aveva invaso i tessuti circostanti l’utero, in particolare la vescica. Una condizione che ha immediatamente mobilitato l’equipe gravidanza a rischio del reparto Ostetricia e Ginecologia di Ravenna, diretta dal dottor Francesco Catania.

L’accretismo placentare è una patologia della gravidanza caratterizzata dall’anomala penetrazione della placenta all’interno dell’utero. In alcuni casi la placenta raggiunge la superficie uterina e gli organi circostanti con loro parziale invasione (placenta percreta).

I casi di placenta percreta sono associati a multipli tagli cesarei e sono i più gravi poiché è molto alto il rischio che, all’insorgere del travaglio o durante un taglio cesareo, avvengano emorragie importanti, che possono mettere in serio pericolo di vita madre e bambino.

I medici, dopo aver analizzato attentamente il caso di Sofia, hanno dunque preferito optare per un trattamento conservativo, e attendere che la piccola raggiungesse la maturità per nascere prima di intervenire, monitorando la mamma e il feto fino alla trentacinquesima settimana.

Poi il ricovero e la pianificazione della nascita con un approccio multidisciplinare, garantito dall’alta professionalità ed esperienza dei medici dell’ospedale “Santa Maria delle Croci”, per permettere una prognosi quanto più favorevole possibile.

Per la nascita della piccola Sofia è stata fondamentale la coordinazione tra i vari specialisti, come spiega il dottor Catania: «Il neonatologo ha favorito un adattamento alla vita anche in condizione di prematurità, il radiologo interventista ha pianificato l’occlusione delle arterie afferenti all’utero cosi da evitare eccessive perdite di sangue, l’urologo ha messo in salvaguardia l’apparato urinario».

La buona riuscita dell’intervento è stata possibile anche grazie a tutti gli specialisti, infermieri di sala operatoria e alle ostetriche che hanno contribuito a far venire alla luce, senza complicazioni, la bimba, sana e forte e dal peso di 2 chili e 100 grammi.

Due ambulatori con un medico e due infermieri: ecco il Ps per i casi non gravi

Il primo centro di assistenza e urgenza (Cau) di Ravenna sarà attivo dal 22 gennaio al Cmp dalle 8 alle 20

Cau CmpIl pronto soccorso non sarà più il servizio sanitario da raggiungere, anche a Ravenna, per ricevere assistenza medica a problematiche urgenti ma non gravi. Ora la risposta dovrà venire dal Cau. L’acronimo sta per centro di assistenza e urgenza.

È una nuova struttura ideata dalla Regione per alleggerire i Ps dai pazienti classificati come codici bianchi o verdi (cioè oltre il 60 percento del totale delle richieste) e avere quindi una gestione migliore dei casi urgenti, in cui la tempistica è rilevante sull’esito. L’obiettivo è facilitare l’accesso diretto della popolazione a prestazioni sanitarie erogate in tempi rapidi, a fronte di bisogni che vengono percepiti urgenti ma di entità e di severità in realtà medio-bassa.

A Ravenna un Cau entrerà in funzione da lunedì, 22 gennaio; in provincia è il secondo dopo Cervia (nato in via sperimentale a settembre 2020, con un altro nome) e altri quattro sono attesi entro il primo trimestre 2025 (a Faenza, Castel Bolognese, Lugo e Conselice).

Il Cau di Ravenna sarà in via Fiume Montone Abbandonato al piano terra del Centro di medicina e prevenzione (Cmp) – dopo una ristrutturazione edilizia poco impattante – con un doppio ingresso: uno dai locali del Cmp e l’altro indipendente dall’esterno. Il parcheggio a disposizione sarà lo stesso. Orario di apertura dalle 8 alle 20 tutti i giorni.

Cau Cmp
L’ingresso del Cau sul retro del Cmp

Undici medici e cinque infermieri si alterneranno per garantire la presenza costante di due infermieri e un medico per tenere in funzione due ambulatori in contemporanea (con la disponibilità della radiologia del Cmp). Il personale infermieristico è stato dislocato dalla direzione, mentre i medici sono quelli della continuità assistenziale (un tempo chiamata guardia medica) o quelli di base (se hanno meno di mille assistiti) che hanno risposto a un bando specifico e hanno seguito un percorso di formazione. I medici non saranno a tempo pieno al Cau: c’è chi è specializzando, chi ha un proprio ambulatorio come medico di medicina generale e chi sta seguendo il corso di formazione per diventare medico di medicina generale.

All’arrivo il paziente non troverà un triage come conosciuto finora al pronto soccorso, che serve per valutare la gravità e assegnare il codice colore per dare la priorità di assistenza. Al Cau l’infermiere farà una breve intervista per accertare che l’utente abbia i requisiti per restare, se più grave verrà portato in ambulanza al Ps, in particolare in caso di dolore toracico, difficoltà respiratorie, cefalea inusuale, disturbi neurologici di recente comparsa. L’ordine di assistenza sarà quello di arrivo. Viceversa chi andrà al Ps con sintomi compatibili con una presa in carico dal Cau verrà informato della possibilità che potrebbe presentare un tempo di attesa inferiore e sarà il cittadino a fare la sua valutazione. Secondo dati forniti alla stampa dal direttore generale dell’Ausl Romagna, Tiziano Carradori, nei Cau l’attesa non va oltre le due ore, almeno tre-quattro volte in meno rispetto ai tempi medi di un pronto soccorso.

I numeri a disposizione dell’Ausl Romagna, esposti dalla dottoressa Roberta Mazzoni che dirige il distretto di Ravenna, dicono che oggi un quarto dei codici bianchi o verdi del pronto soccorso viene dimesso dopo una visita medica e senza ricovero: «Prevediamo quindi una media di 50-60 accessi al giorno al Cau con probabili aumenti nei festivi e prefestivi, quando non c’è disponibilità del medico di famiglia».

Ma il Cau non è da considerare una sostituzione del medico di base. «È una struttura che si aggiunge e si integra con i medici di medicina generale il cui ruolo resta fondamentale per il rapporto di fiducia con l’assistito e la conoscenza della sua storia clinica, familiare e sociale. I Cau sono strutture territoriali che rispondono a bisogni episodici a bassa complessità qualora il paziente non trovasse il suo medico curante».

L’elenco dei principali sintomi per cui presentarsi al Cau:

  • Mal di testa/cefalea/emicrania (con dolore lieve-moderato)
  • Ustioni minori/Solari
  • Disturbi della vista
  • Contrattura muscolare
  • Dolore all’occhio
  • Dolore alle articolazioni
  • Irritazione da lenti a contatto
  • Diarrea (senza sangue)
  • Occhio rosso con secrezioni/Congiuntivite
  • Disturbi anali
  • Trauma occhio senza disturbi della vista
  • Dolore addominale (con dolore lieve-moderato)
  • Corpo estraneo orecchio
  • Dolore fianco (tipo coliche renali)
  • Dolore orecchio
  • Nausea e/o vomito ripetuto
  • Riduzione dell’udito/Tappo di cerume
  • Mal di schiena/Lombalgia
  • Sangue al naso
  • Bruciore/Difficoltà a urinare
  • Mal di denti
  • Ostruzione o sostituzione di catetere vescicale
  • Problemi post-estrazione dentaria
  • Agitazione in stato ansioso già conosciuto
  • Torcicollo
  • Febbre
  • Tosse/Raffreddore/Mal di gola
  • Medicazioni e rimozioni punti
  • Traumi lievi (Piede, Caviglia, Ginocchia, Gomito, Polso, Mano)
  • Piccole ferite
  • Prurito, arrossamento/tumefazione della cute
  • Variazione glicemia
  • Punture di insetto, morso di animale
  • Variazione pressione arteriosa

Città a 30 chilometri all’ora? Il vicesindaco: «Meglio solo in determinate zone»

Fusignani: «I limiti devono avere un senso e soprattuto deve essere possibile controllarli»

Zone 30 In La Malagueta (Málaga, Spain) 02

Il vicesindaco (con delega alla Polizia locale) Eugenio Fusignani entra nel dibattito sul tema della Città 30, che tanto sta facendo discutere in particolare a Bologna, il primo grande comune in Italia ad aver abbassato il limite in città a 30 km all’ora.

«Non sono un fautore di tale soluzione ma mi corre l’obbligo e la responsabilità di dire che le Zone 30 sono un’opportunità e non un obbligo per Ravenna – scrive Fusignani -. Soprattutto sono un’opportunità da utilizzarsi in determinate situazioni e non da prevedere indiscriminatamente in maniera estesa. Per fare un esempio, un conto è istituire una Zona 30 in via Mariani, altra cosa sarebbe istituirla in via Dismano a Ponte Nuovo. Occorre individuare zone dove quei limiti abbiano un senso e, soprattutto, dov’è possibile controllarli. Perché non c’è niente di peggio dell’istituire un vincolo, o emanare un’ordinanza (penso ad esempio a quella sui botti di capodanno) che poi non si è in grado di far rispettare».

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