Dall’Azzurra al debutto a 17 anni in serie A: «Il calcio è tutto. Mi ispiro a Ibra»

A tu per tu con il giovane ravennate Antonio Raimondo, che ha firmato in dicembre con il Bologna il suo primo contratto da prof

Antonio RaimondoNel desolante panorama calcistico ravennate post primo anno di pandemia, con la prima squadra della città piombata tra i dilettanti, c’è anche chi, invece, ha festeggiato il primo contratto da professionista debuttando in serie A ancora minorenne. Si tratta di Antonio Raimondo, ravennate classe 2004, entrato in campo con la maglia del Bologna per pochi minuti, lo scorso 17 maggio, in occasione della penultima di campionato al Bentegodi di Verona, contro l’Hellas.

Antonio, cosa hai provato in quei momenti?
«Una gioia immensa, con un misto di ansia. Mi è passato davanti tutto il mio percorso calcistico, poco prima di entrare in campo».

Quando inizia la tua carriera?
«Da bambino, nell’Azzurra. Poi sono cresciuto a Cesena fino al fallimento (del 2018, ndr). A quel punto avevo davanti diverse offerte, ma ho accettato Bologna per il progetto e anche il bel centro sportivo (Castel Debole, tra i migliori d’Italia per il settore giovanile, ndr)».

Quando hai saputo invece che avresti debuttato? Credi possa essere stato anche un modo per far aumentare il tuo valore da parte del Bologna?
«È stata una cosa improvvisa, che ho scoperto solo dalle conferenze stampa del mister (il serbo Sinisa Mihajlovic, ndr), quando ha fatto il mio nome insieme a quelli degli altri due ragazzi aggregati in prima squadra. Ci sono “rimasto”, sinceramente, perché non me l’aspettavo per niente. Ma credo appunto che sia stata una sua scelta, del mister, che ha dimostrato di avere tanta fiducia in me e a cui sarò sempre riconoscente, non una strategia della società».

Com’è Mihajlovic?
«Un allenatore di grande personalità, che cerca di trasmetterla alla squadra, soprattutto la cattiveria agonistica. Con poche parole e tanti “fatti”».

Come ti hanno accolto compagni e mister, chi ti è stato più vicino?
«Molto bene direi, mi hanno fatto sentire subito uno del gruppo. Quello che mi ha aiutato di più forse è stato Barrow (attaccante gambiano 22enne del Bologna, ndr). Perché essendo giovane ha capito bene cosa stessi provando in quei momenti».

E cosa ti ha stupito degli allenamenti di una squadra di serie A?
«Che lavorano sempre con la palla, con esercizi molto intensi. Poca corsa o lavoro aerobico, invece».

Chi ti ha colpito di più, come calciatore?
«Direi sempre Barrow, che credo sia un giocatore molto importante per questa squadra. È davvero forte».

Quali sono le caratteristiche fondamentali per fare il calciatore, le qualità che fanno la differenza?
«Innanzitutto avere la testa sulle spalle. Poi il fisico, credo sia fondamentale. E la tecnica, naturalmente, ma in particolare devi essere bravo a sapere quello che devi fare ancor prima che ti arrivi la palla».

Ci sono stati maestri particolari, nella tua carriera giovanile?
«Ogni anno che ho fatto da quando ho iniziato da bambino ho imparato qualcosa in più, mi sento di ringraziare tutti gli allenatori che ho avuto».

Cos’è per te il calcio? Ti pesano i sacrifici che hai fatto in questi anni per lo sport?
«Il calcio è tutto, è sempre stato il mio grande obiettivo, la mia vita ci gira tutta attorno. E i sacrifici quindi non mi pesano, perché li faccio per la cosa che più preferisco fare».

Un ragazzo di 17 anni che debutta in serie A sta pensando anche ai soldi? Hai già pensato cosa ci farai, con i primi guadagni veri?
«Al momento ho firmato un contratto da professionista base (per i giovani dai 16 ai 19 anni prevede un minimo di circa 1.200 euro netti al mese, ndr), che dura tre anni. Certo, spero di rinnovarlo presto, ma non è il momento di pensare a cosa fare con eventuali soldi “veri”…».

Quali sono i tuoi obiettivi?
«Il primo è quello di fare altre presenze e anche i primi gol in serie A. Ma ora penso solo a migliorarmi, giorno per giorno, senza pensare troppo al futuro».

Quali sono i tuoi idoli? A chi ti ispiri come calciatore?
«Non ho particolari idoli, ma mi ispiro a Ibrahimovic, non tanto come tipo di gioco, ma come personalità, mi piace il suo carattere».

Sei un tifoso?
«Diciamo che da piccolo simpatizzavo per il Napoli…».

Che ruolo ha avuto la tua famiglia nella tua crescita sportiva?
«I miei genitori mi hanno sempre sostenuto, anche nei momenti più difficili».

Hai mai pensato di mollare?
«No, mai».

Com’è stato andare via di casa a 14 anni?
«Una bella esperienza, in convitto ho subito legato con gli altri ragazzi. Ora sono di nuovo a casa, ma il prossimo anno mi trasferirò a Bologna».

Resterai al Bologna, quindi?
«Quasi sicuramente, spero per un altro paio d’anni, mi trovo molto bene. In futuro mi piacerebbe comunque affrontare anche nuove avventure».

Anche all’estero, eventualmente?
«Sì, sarebbe una bella esperienza, in cui bisogna dimostrare di vaere un grande senso di responsabilità».

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