Il deputato Pd Pagani: «Non c’era alternativa possibile a Mattarella»

Il parlamentare ravennate esperto di servizi segreti sulla proposta Belloni: «Solo in una repubblica delle Banane si può pensare di eleggere a capo dello Stato il direttore in carica del Dis»

Alberto Pagani Parlamento

Alberto Pagani a Montecitorio durante le votazioni per il Presidente della Repubblica

La settimana in cui il Parlamento ha tentato invano di eleggere un nuovo presidente della Repubblica per poi tornare a rivolgersi a Sergio Mattarella, che aveva espresso ben diverse intenzioni personali, è stata foriera di più di uno spunto di riflessione sullo stato della nostra democrazia. Ne abbiamo parlato con il deputato ravennate Alberto Pagani (Pd), che ha partecipato ai lavori e seguito, come ovvio, l’evolversi della situazione.

Onorevole, soddisfatto dell’esito? C’è una qualche amarezza nel non essere riusciti a trovare un’alternativa, come peraltro lo stesso Mattarella aveva auspicato?
«La rielezione del presidente Mattarella era la sola cosa sensata da fare, ed era evidente già da tempo, dato il contesto in cui ci troviamo: chiedergli di mettersi a disposizione del Paese così come lui stesso ha fatto con Mario Draghi. C’è voluto forse un po’ più del necessario per arrivarci perché alcuni interlocutori sono stati un po’ lenti a capire, e pasticcioni».

Possibile che davvero non ci fosse un altro nome possibile? Anche dal punto di vista simbolico, la sensazione è quella di un Paese fermo.
«Di nomi ce ne potevano essere tanti, ma andavano condivisi da una maggioranza composita, perché così è il Parlamento voluto e votato dagli italiani. Peraltro siamo a fine legislatura, molti deputati hanno cambiato gruppo, nel corso degli anni. Sapevamo benissimo di non avere i voti per eleggere il presidente da soli, che senso aveva buttare nella mischia nomi che non avrebbero trovato il consenso della destra? Serviva una figura di compromesso, e nessuno più di Mattarella poteva esserlo. Del resto, è la stessa situazione che rende necessaria la presenza di Draghi al governo».

Per almeno una notte è sembrato che potessimo avere la prima presidente donna: Elisabetta Belloni, direttrice generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis), con compiti di coordinamento e vigilanza sulle attività dei servizi segreti italiani, ambito di cui lei si occupa ormai da tempo. Cosa ne ha pensato?
«Che chiunque l’abbia pensato è un analfabeta della democrazia e delle istituzioni. Il mio naturalmente non è un pregiudizio verso il mondo dell’intelligence ed Elisabetta Belloni è una persona capace, che conosco e che stimo, ma è un diplomatico di carriera, ed è un funzionario pubblico in servizio, in un ruolo molto delicato: indicarla come presidente della Repubblica, il compito più politico previsto dalla nostra Costituzione, è una totale stupidaggine. In quale democrazia potrebbe essere ammesso un passaggio simile, dai servizi segreti alla presidenza della Repubblica? Perfino in Russia, che non considero una democrazia, il presidente Putin, che proviene dal Kgb, si è candidato alle elezioni ed è stato eletto dal suo popolo. Sia chiaro che, qualora Belloni volesse abbandonare la carriera diplomatica e scegliere quella politica, mi piacerebbe che si candidasse con il Pd, perché la stimo davvero, ma pensare di eleggere il direttore in carica del Dis a capo dello Stato è una cosa da Repubblica delle Banane».

Eppure la proposta è venuta da leader politici ed è piaciuta a molti autorevoli commentatori.
«“È venuta da politici scappati dal manicomio”, ha scritto un commentatore a cui evidentemente non è piaciuta. Altri forse non si sono resi conto che era una sgrammaticatura e l’hanno persino caldeggiata apertamente. La cosa mi ha molto stupito, e preoccupato per la scarsa cultura politica di una parte della stampa, che dovrebbe informare i cittadini. È come se un telecronista sportivo commentasse una partita di calcio senza conoscere nemmeno le regole basilari del gioco».

Nessuna legge lo vieta, tuttavia…
«Lo deve vietare la legge? Non basta il buon senso? Se il degrado della coscienza democratica è tale che non basta più il buon senso, lo scriveremo nella legge. Quando è stata fatta la 124/07, che disciplina i servizi ed il segreto di Stato, il legislatore non ha pensato di vietare questa ipotesi per la banale ragione che era talmente assurda che non gli è nemmeno venuta in mente».

Perché allora è sembrato che solo Renzi e l’estrema sinistra vedessero questo problema di “alfabeto democratico” e i retroscena dicevano che invece il Pd poteva anche essere favorevole?
«Credo si sia trattato solo di un fatto di reattività e tempismo. Renzi ha detto cose logiche, di buon senso, ma è parso chiaro a tutti che il Pd le ha condivise ed ha lavorato perché si arrivasse alla rielezione di Mattarella».

La Costituzione prevede il voto segreto. Lei non si è mai discostato dalla linea del partito anche quando non la condivideva appieno. Per l’elezione del presidente della Repubblica sarebbe stato disposto a farlo?
«Certo, sì, perché ogni parlamentare porta su di sé la responsabilità di una scelta davvero importante. Perché il presidente rappresenta l’unità della nazione, è garante della Costituzione, che deve conoscere ed amare, è capo delle forze armate e presidente del Csm. Se il segretario del mio partito impazzisse e proponesse una candidatura assurda non obbedirei, perché non potrei mai votare una persona che ritengo inadatta a questi compiti o pericolosa per la Repubblica».

Presidente Mattarella Giuramento 2022

Mattarella nel giuramento per il suo secondo mandato a Presidente della Repubblica

Non pensa che la rielezione di un presidente sia un po’ un tradimento dello spirito degli estensori che volevano un solo mandato, o così è stato a lungo percepito?
«No, la Costituzione dice che il presidente è eletto per sette anni e non aggiunge altro. E questo non per una dimenticanza, ma perché appunto allora non vollero vincolare troppo l’azione del Parlamento di settanta anni dopo. I costituenti si dimostra- rono molto saggi e lungimiranti».

Ha ragione chi vuole riaprire il capitolo “repubblica presidenziale”?
«È sempre la destra, per la quale ogni occasione è buona per rimettere su questo disco. Ma vorrei ricordare che non è passato molto tempo da quando abbiamo sottoposto agli italiani una serie di quesiti referendari per modificare aspetti assai meno salienti della carta costituzionale, e che gli elettori si sono espressi a difesa della carta. Non mi pare il caso di ricominciare con questa manfrina».

Eppure, lei stesso ha detto che sia in Parlamento, votato dagli italiani, sia sulla stampa a volte è venuto meno l’abc della nostra democrazia. Cosa potrà succedere in futuro se si perderà questa cultura politica? Questa prospettiva la preoccupa?
«Molto. Non so vedere nel futuro, ma certo ci sono diversi sintomi di questo analfabetismo di ritorno della politica. Nei momenti di tranquillità sappiamo essere più pazienti, perché sappiamo che le questioni politiche sono complesse e possono richiedere anche discussioni e tempi lunghi. Quando abbiamo paura e pensiamo che ci sia bisogno di azioni urgenti la nostra tolleranza scompare e la maggior parte di noi esige una direzione da seguire, e qualcuno che gliela indichi senza incertezza. È la natura umana, ed è così che la mentalità fascista può imporsi, perché sembra persino ragionevole, parla chiaro e semplice, indica i nemici del popolo ed il modo per castigarli. In questi giorni sono stati scritti, proprio dai commentatori di cui abbiamo parlato, decine di articoli fotocopia sugli inutili peones che pascolano in transatlantico. Mancava solo l’editoriale di esaltazione dell’efficienza del regime di Erdogan e di Putin, dove questo problema è stato risolto in maniera radicale, eliminando le opposizioni e la democrazia».

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