Dall’arte un’ode “Alla natura”: anche la bellezza può salvare il mondo

A Palazzo San Giacomo di Russi una mostra, fino al 25 settembre, una mostra di opere site-specific sul tema dell’ecologia. Tra la rivoluzione siamo noi di Beuys e l’evocativa installazione di Oscar Dominguez

Alla Natura DEM

“Adda Woodiana“, installazione di DEM per “Alla Natura” (foto Marco Miccoli)

Se il tema artistico è quello dell’ecologia, del cambiamento climatico e della consapevolezza della fragilità del nostro ecosistema, la partenza non può che essere Joseph Beuys. E a Russi, una stanza della mostra intitolata come un’ode poetica Alla natura – allestita nel bellissimo contesto di Palazzo San Giacomo – non può che essere dedicata al grande artista tedesco scomparso nel 1986.
A lui, che secondo una narrazione fantastica si era salvato da un aereo precipitato durante la Seconda guerra mondiale grazie alla pratica medica di nomadi tartari, era stato attribuito tradizionalmente il termine di “sciamano”: ma di ancestrale il suo lavoro ha sempre avuto poco. Le sue prime opere concettuali nell’ambito di Fluxus sono ben saldati sulla scelta dei materiali e del valore simbolico e autobiografico; anche in quelli eseguiti fin dai primi anni ’70 dopo la virata sulla questione ecologica c’è poco di ancestrale: i suoi riti collettivi erano legati ad azioni che miravano a rendere consapevoli e partecipi il più grande numero di persone possibili. Sia quando teneva incontri e conferenze che si trasformavano in opere d’arte, sia quando realizzava le sue azioni, le due idee fondamentali ricorrenti erano che ciascuno è un artista (almeno in potenza) e che “la rivoluzione siamo noi”.
Per Beuys ogni persona può veramente cambiare il mondo come titola la bellissima foto che ritrae l’artista su una delle pareti finali della mostra di Russi e che simbolicamente ne apre i battenti concettuali. Un messaggio potente in quel decennio in cui era posibile recarsi in un piccolo paese dell’Abruzzo e creare una Fondazione per la Rinascita dell’Agricoltura, arrivare poi a realizzare la Piantagione Paradise con 7mila specie diverse di alberi nel segno – anche questo in anticipo sui tempi – della tutela della biodiversità. L’azione venne ripetuta nel 1982 a Documenta di Kassel quando Beuys utilizza 7mila lastre di basalto, le pone in adozione e con i soldi ricavati le trasforma in un bosco di 7mila querce.
Si comprende quindi che per quanto materiali e gesti abbiano un forte valore simbolico il lavoro di Beuys vada soprattutto nella direzione di azioni pratiche che permangono nel tempo.

A partire da questa stanza e da questa riflessione, i nove artisti invitati a Russi – appartenenti al territorio o che qui hanno lavorato in residenze artistiche – propongono il loro contributo del tutto site-specific in questa mostra curata da Alessandra Carini con l’assistenza di Benedetta Pezzi. E Palazzo San Giacomo di cui è appena terminata la prima tranche dei lavori di restauro dimostra già pienamente le sue grandi potenzialità di spazio polifunzionale.
Le stanze ospitano quindi le installazioni di artisti che riprendono un’idea di ritorno a valori simbolici di legame col mondo della natura: in questo senso vanno letti la tenda e l’azione sciamanica eseguita da Daniele Cabri o i tre pannelli ad acrilico di Margherita Paoletti che mediante simboli a sfondo autobiografico raffigura passato, presente e futuro. Anche l’installazione Habitat di Gola Hundun indaga il tema della sacralità della natura: alle figure simboliche del cervo e dell’elmo, l’artista aggiunge la tecnica dell’ecoprinting in continuità com- patibile al tema della esposizione.

In territori differenti si spostano invece le opere di Gonzalo Borondo che utilizza nella sua installazione un linguaggio fatto di memorie e figure umane fantasmatiche – quasi una umanità spogliata del proprio habitat – recuperando in un grande arazzo a muro la figura di un cervo. Di nuovo diverge dal tema della fragilità della natura il lavoro di Monika Gricko che – da tempo orientata sul tema del corpo – espone una sorta di pianta vegetale in ceramica composta da reni e interiora a cui si aggiunge una installazione in cui presenta un bizzarro e ibrido mondo animale.

Ritornano al tema animale le opere di Chiara Lecca che si riappropria dell’onere della denuncia: da sempre sul fronte dei diritti degli animali che forniscono cibo alle nostre tavole, le sue composizioni floreali sono graziosi ma potenti e sinistri atti di coscienza. Similmente provoca un riflesso di consapevolezza la performance registrata a Roma dallo street artist Andreco che attraverso la città porta il tema della salvaguardia del fiume Tevere. Il tema dell’acqua è portante anche nell’allestimento di DEM, realizzato con grandi conchiglie di origine asiatica che ormai infestano il corso del fiume Adda.

Forse è proprio grazie a questi materiali e alla volontà di denuncia, chiara in alcuni di questi lavori, che si può seguire le tracce dell’insegnamento di Beuys. Talvolta basta poco, è sufficiente uno spostamento di punto di vista come nella bella installazione di Oscar Dominguez che rovescia sapientemente la visione dell’ambiente radicale dal sotto in su. Un’azione poetica, potentemente evocativa, che conferma l’idea che la bellezza non basta a salvare il mondo ma può aiutare gli umani a farlo.

Alla natura. L’azione artistica come ultimo rito magico e salvifico – Russi, Palazzo San Giacomo – Fino al 25 settembre. Orari di apertura: orari: giovedì, venerdì e sabato delle 17 alle 21, il sabato anche dalle 10 alle 13.

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