La straordinaria leggerezza di Fausto Melotti

In mostra a Longiano una selezione di opere del grande maestro della scultura italiana del secolo scorso

Fausto Melotti Uno Sul Cavallino Quattro Sul Cavallino 1951ca Ceramica Smaltata

Fausto Melotti, Uno Sul Cavallino Quattro Sul Cavallino, 1951ca, Ceramica Smaltata

«C’è stato un momento in cui dopo aver conosciuto lo scultore Fausto Melotti, uno dei primi astrattisti italiani, (…) mi veniva da scrivere città sottili come le sue sculture: città sui trampoli, città a ragnatela». A parlare è Italo Calvino a proposito della genesi di quel diario di viaggio meraviglioso che sono Le Città Invisibili.
Melotti corrispondeva perfettamente alle Lezioni Americane di Calvino: Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità, Molteplicità, Coerenza – con Leggerezza al primo posto – come esigenza per il nuovo millennio.
Melotti leggero lo è sempre stato, a partire da quella speciale condizione di nascita a Rovereto, una provincia illuminata dalla lezione futurista di Depero, dal fasto austroungarico e dall’orizzonte terso delle Dolomiti, a partire da una formazione speciale, con gli studi di matematica e fisica, una laurea in ingegneria meccanica e il diploma in pianoforte coronati dalla folgorazione per la scultura che lo portò all’Ac­cademia di Brera: insegnante Adolfo Wildt, compagno di studi e amico per la vita un signore che si chiamava Lucio Fontana.

La vita di Fausto Melotti è tutta all’insegna di rapidità e leggerezza, di molteplicità di talenti (poeta, musicista, matematico, scrittore e artista straordinario) e incontri meravigliosi e, per citare il poeta inglese Philip Larkin, di “finestre alte” aperte sul cielo, a partire dalla sua adesione all’arte astratta negli anni trenta, dal suo amore per Bach, per la scultura greca classica, per Piero della Francesca.  A tracciare, con levità e grazia intensa, molti di questi incontri è la mostra Fausto Melotti e Roma 1937- 1985, curata da Giuseppe Appella – critico d’arte, giornalista, direttore del Mmsma di Matera e amico intimo di Melot­ti – e aperta sino al 12 ot­tobre alla Fondazione Tito Balestra Onlus di Longiano.

A sinsitra e destra: senza titolo, 1985, matita acquarello e tempera

Le opere esposte raccontano, attraverso un percorso che copre quasi un cinquantennio, i rapporti dell’Artista con la Città eterna. Nella seconda metà degli anni trenta, a Roma Melotti incontrò Persico, De Pisis e De Chirico, ponendo le basi della decisa opposizione, poi portata avanti da “Il Milione”, alla cultura ufficiale rappresentata dal “Novecento” della Sarfatti, e iniziando quella rete di relazioni che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita.
In seguito Melotti si fermò stabilmente a Roma dal 1941 al 1943, per poi trascorrervi lunghi periodi, sino alla sua scomparsa a Milano, nel 1986.  Punto di riferimento dei momenti romani era “L’Arco. Studio Internazionale d’Arte Grafica”, in via Mario de’ Fiori 39/a, al centro tra la sua casa e il suo studio, che dal 1970 divenne luogo d’incontro per scrittori, artisti, stampatori e editori di grafica di tutto il mondo e, dal 1980, sede redazionale delle Edizioni della Cometa.

 

Aveva una
molteplicità di talenti: era poeta, musicista,
matematico,
scrittore e artista

Lì Melotti incontrava gli amici vecchi e nuovi: Vanni Schei­willer, il gruppo “Forma 1” (Ac­cardi, Consagra, Dorazio, Perilli, San­filip­po, Turcato), Toti Scialoja e Gabriella Drudi, Carla Lonzi e Marisa Volpi, Lorenza Trucchi, Tito e Anna Balestra, Gatto, Ro­tel­la, Zavattini, Calvino, i Cascel­la, Nigro, Santomaso, Dadamai­no, Sandro Penna, Tito Balestra, Italo Calvino, Tonino Guerra, Jim Dine sino a intellettuali e artisti molto più giovani come Nunzio e Tirelli.
Qui s’intrecciavano storie e riflessioni in un cenacolo allargato, framily affettiva si direbbe ora, che ha costruito uno dei momenti più intensi della cultura italiana del secolo scorso, segnata da una produzione di opere straordinarie da parte di Melotti: piccoli teatri di latta, sculture in ceramiche delicate e insieme materiche, universi vibranti di musica visiva.
Questo è in mostra a Longiano, nelle cinque sculture e nelle sei ceramiche, accompagnate da un importante gruppo di opere grafiche e su carta, esempio straordinario delle eredità indimenticabili che questo protagonista assoluto ci ha lasciato.

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