La Malatestiana, tempio della cultura voluto da Domenico nel 1452

L’edificio ha attraversato i secoli inalterato e oggi conta 250mila volumi e 340 manoscritti. Cesena ha un alto rapporto prestiti/abitanti che è annoverato tra gli indici di benessere dei territori

Malatestiana AnticaUna parte della memoria del mondo è custodita dalla biblioteca Malatestiana di Cesena. L’Unesco l’ha certificato nel 2005, ma gli studiosi, i bibliofili, gli amanti dell’Umanesimo già lo sapevano. Fondata nel 1452 da Domenico Malatesta, detto Novello,  ha veramente non solo la consistenza, ma anche la struttura del tempio della cultura. L’allora signore di Cesena, che aveva come simbolo della casata un elefante – che già Plinio il vecchio considerava l’animale più vicino all’uomo, quello che tra le varie qualità ha la memoria – diede l’incarico a un discepolo di Leon Battista Alberti di realizzare l’edificio che ha avuto la meravigliosa e insperata sorte di attraversare i secoli sostanzialmente inalterato.

La pianta basilicale a tre navate ci porta veramente in un altro tempo: siamo di fronte alla semplicità classica del primo Rinascimento, ma anche al cuore dell’amore filologico degli umanisti. Malatesta non solo segnò il territorio inserendo il motto Elephas indus culices non timet (lett. «L’elefante indiano non teme le zanzare»: parlava forse dei vicini ravennati?) e il simbolo araldico dell’animale che sarà amato anche da Leonardo, ma commissionò anche la copiatura di numerosi testi. Questi manoscritti costituiranno il cuore pulsante del patrimonio che oggi ammonta a 250mila volumi. Furono 120 i libri copiati nell’arco di un ventennio: non dobbiamo dimenticarci questi numeri. All’epoca era un’operazione mastodontica, ora sono le uscite giornaliere in Italia (in realtà sono di più secondo i dati del 2015, ovvero 178 al giorno!). Ora i manoscritti in greco, latino, ebraico conservati sono 340, a cui si aggiungono i fondi, archivistici, fotografici, i manoscritti moderni…  E fu così grande la passione di Novello per questa sua creatura che si fece seppellire nel perimetro del Chiesa di S. Francesco, il convento che era il custode della biblioteca, dopo essere nato 600 anni fa a Brescia.

Ricorre quindi questo importante anniversario, che non ha lasciato indifferente l’amministrazione cesenate. Ad ottobre numerose iniziative, mostre, convegni, conferenze, saranno l’occasione per riaccendere l’attenzione sulla figura di Malatesta e del suo straordinario periodo. Dalla presenza ebraica a Cesena alla miniatura, dalle architetture segrete della biblioteca alle ricerche sui resti ipotetici di Novello… Perché sì, c’è un mistero da svelare. Difatti la Chiesa conventuale dove il signore fu sepolto non esiste più e già nel 1811 quando cercarono i suoi resti per seppellirli dentro la biblioteca in segno di ossequio alla sua memoria, si scoprì che nel luogo deputato non c’era nulla. Partì così la caccia all’uomo, o meglio a ciò che restava dell’uomo. Fu trovata una cassa che sembrava potesse appartenere al fondatore della biblioteca, e si tumulò nella sala Nuti con sopra l’originale lastra. Ma è veramente Malatesta? Oggi la scienza ce lo potrà dire, ed è stato incaricato Francesco Maria Galassi, un giovane medico ricercatore e paleopatologo (cioè studia la storia delle malattie) che a soli 28 anni è stato nominato da Forbes come uno degli studiosi under 30 che cambieranno l’Europa. Galassi è un santarcangiolese che si è laureato a Bologna, si è perfezionato tra Oxford e l’Imperial College, e ha deciso di coniugare la sua passione per la Medicina con quella per il latino, il greco e la Storia: il suo obiettivo è migliorare le diagnosi attraverso lo studio dell’evoluzione delle malattie. E il 27 ottobre ha rivelato i risultati dello studio che ha svelato come le ossa custodite nell’Aula del Nuti non siano di Malatesta Novello. Nonostante l’iscrizione della lapide funeraria riporti il nome del signore di Cesena gli esami antropologici e i successivi esami al radiocarbonio hanno infatti confermato che ci troviamo davanti ad un clamoroso falso storico.

E la quotidianità fuori dagli anniversari? Quella vede un luogo che si è evoluto nel tempo, cambiando, ampliandosi, evolvendosi, continuando sempre a proteggere come uno scrigno il tesoro dell’unico esempio di biblioteca umanistica “perfettamente conservata” al mondo. Oggi si può visitare ovviamente la parte antica, ma soprattutto si può vivere quella moderna. Che ospita lo spazio ragazzi (erede della storia biblioteca già attiva dal 1982), l’ala Graphic Novel e mediateca, l’emeroteca, la “piazzetta”, uno spazio relax con postazioni, libri sempre a scaffale, e poi un ricco calendario di eventi, incontri attività. Quindi 6.000 metri quadrati polifunzionali che hanno permesso all’istituzione un trend controcorrente, ovvero di mantenere un rapporto prestiti/abitanti di 1,60. Che vuole dire un prestito e mezzo per ogni abitante… una cifra veramente molto alta. L’indice di prestito, come viene chiamato, valuta l’efficacia della biblioteca e la sua capacità di promuovere le proprie raccolte. Ma valuta anche, come ci insegnano gli osservatori inglesi, indirettamente e direttamente (cioè c’è un rapporto non di causa effetto, ma proprio di dipendenza vicendevole) la ricchezza di un territorio. Non a caso, l’indice di prestito ci racconta anche il reddito medio pro capite di un territorio. E Cesena con i suoi 21.711 euro medi nel 2015 guida la Romagna (dopo c’è Ravenna con 17.527 euro… un certo distacco). Nei fatti, dove si legge c’è più ricchezza, in particolare dove circolano i libri delle biblioteche. Certo, gli imprenditori italiani non se ne sono ancora accorti, ma i numeri non mentono. Dove si legge, si cresce. Non solo in ricchezza spirituale, ma anche materiale.

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