Clown Bianco, la casa editrice che ha fatto il salto dall’e-book alla carta

Nata nel 2016, conta tre soci e si è dedicata soprattutto alla narrativa di genere.
Il primo libro fu l’antologia Fucsia realizzata anche grazie alla collaborazione con Gianluca Morozzi

Clown Bianco

Vania Rivalta e Stefano Mazzesi

Per molti è simbolo di divertimento e gioco, allegra spensieratezza. Per altrettanti altri no: il clown con la sua maschera di biacca non fa sempre ridere. Tempi bui, tempi prosperi nell’immaginario collettivo – specie filmico – per facce tinte e dalla mimica inquietante. Il loro logo, opera dell’amico grafico Mauro Monaldini, era perturbante ben prima del Joker di Phillips: «L’idea iniziale era quella di occuparci solo di letteratura di genere, da qui il clown bianco. Se pensi al clown pensi al personaggio amichevole, al clown che va in ospedale a tirar su di morale i pazienti. Non certo il clown dell’ultimo It. A me il clown non ha mai fatto ridere, ad altri fa paura, ecco, non siamo in pochi. Il clown bianco è nato per non far ridere, è serio, col ciglio alzato, severo» racconta la giornalista Vania Rivalta, fondatrice assieme allo scrittore Stefano Mazzesi e al libraio Matteo Diversi, della ravennate Clown Bianco Edizioni. Questa piccola realtà indipendente – ormai a livello nazionale, punto di riferimento per gli appassionati di letteratura di genere, con una particolare attenzione al noir, al giallo e al thriller – nasce nella primavera del 2016. Il loro catalogo vanta autori come Gianluca Morozzi, Nevio Galeati, Paolo Brera, Andrea Biondi, promettenti emergenti come Daniela Capobianco e Fat Bobo.

Vania raccontaci come è nata l’idea di fondare una casa editrice?
«L’idea era quella di dedicarci all’e-book. Ognuno di noi aveva la sua occupazione, per motivi di tempo ma anche economici occuparci di editoria digitale ci sembrava vantaggioso, allora stava prendendo piede. Il primo libro è stato La voce dell’acqua di Stefano (Mazzesi, marito di Vania e socio fondatore, ndr), uscito questo però hanno cominiciato a chiederci la carta. Sono arrivati molti manoscritti meritevoli di pubblicazione ma gli autori quando proponevamo il digitale chiedevano il cartaceo. Facciamo il salto allora: io ho lasciato l’attività giornalistica e ho iniziato ad accuparmi solo di questo, siamo partiti con la carta. Sempre nei nostri pensieri sarà lodato Gianluca Morozzi che è quello che ci ha proposto il primo vero libro, l’antologia di racconti Fucsia, proponendoci gli scritti di alcuni suoi colleghi. Da lì un crescendo. Abbiamo imparato molto strada facendo, dall’impaginazione alla copertina, che tipo di prodotto piace, cosa vuole il pubblico, come distinguerci nella nostra nicchia, come differenziarci e sopravvivere alla grosse case editoriali».

I vostri autori: amici, professionisti consolidati, sconosciuti che inviano manoscritti. Che rapporto avete con loro? Che servizio offrite? Non pubblicate solamente ma seguite anche tutto il percorso, dalla creazione del “prodotto libro” alla promozione.
«Non siamo una casa editrice a pagamento quindi abbiamo tutto l’interesse a curare e a seguire i nostri autori. Abbiamo bisogno che l’autore stesso collabori: l’autore che vive nel territorio deve muoversi per contattare librerie, locali dove fare presentazioni. Detto questo, c’è sempre la massima collaborazione tra noi. C’è un rapporto amichevole, di stima reciproca. Noi facciamo comunicati stampa, curiamo eventi FB, la grafica se necessario. Cerchiamo di dare un servizio il più possibile completo. Alcune opere ci sono state suggerite da scrittori amici, altre sono di esordienti completi, come Daniela Capobianco. Una delle prime di cui ho letto il manoscritto, inviatoci con una sinossi tra l’altro che non rendeva giustizia alla bellezza del suo romanzo, ma con un incipit che mi ha fatto pensare «questa va pubblicata subito». Lei che è torinese si è venuta a cercare un editore ravennate!».

Clown Bianco

Mazzesi con Matteo Diversi

Ci sono pubblicazioni di cui siete particolarmente fieri, le nuove uscite?
«Adesso è uscito Nevio Galeati, Fragili omicidi per un commissario sta andando molto bene, a nemmeno una settimana dall’uscita siamo già in ristampa. La prossima uscita sarà Carlo Longo: non è un giallo e non è narrativa di genere, è un libro scritto in modo particolarissimo, capitoli brevi, quasi senza punteggiatura, stile alla Joyce. Detto così spaventa però è un libro pieno di ritmo, molto ironico anche se racconta la disperazione di un uomo lasciato dalla compagna, che non sopportava, una cosa particolare. L’autore stesso lo è, un esordiente ultrasessantenne, viticoltore, coltissimo. A breve presenteremo a GialloLuna NeroNotte il romanzo inedito che ha vinto il concorso del festival lo scorso anno. C’è inoltre la nostra collana neonata “Topoi”, con storie locali, relative al territorio. Abbiamo pubblicato Bologna segreta, tra antologia letteraria e guida turistica. A Natale o a gennaio 2020 pubblicheremo la biografia di Piergiuseppe Bertaccini, “Sgabanaza”, comico notissimo qui in Romagna.

Siete tre soci, come lavorate? I vostri gusti letterari sono simili?
«Direi di no. A tutti e tre piace il genere. Io ad esempio sono quella a cui piacciono i libri con un po’ di “spiegazione filosofica”, non solo azione pura. Però alla fine siamo sempre d’accordo sui libri che pubblichiamo. Matteo Diversi è quello che ha il polso della situazione. Essendo librario ha sottomano tutto ciò che passa, ha i suoi giudizi sui manoscritti che magari io e Stefano abbiamo già visionato e approvato. Lavoriamo in ritardo cronico (ride con gusto). Il nostro ufficio è praticamente il nostro soggiorno, dove ci sono i computer. Matteo ha la sua libreria, Stefano, oltre che scrittore è tecnico audio per produzioni televisive, ma ha ridotto gli incarichi. Io mi occupo di grafica e editing, Stefano dà la prima lettura ai manoscritti, se passano, se non hanno errori clamorosi, che siano insomma scritti in italiano corretto…».

Cosa arriva? Qualche aneddoto?
«Di ogni! All’inizio ci mandavano di tutto: manuali di arti marziali, ricette, poesie. Tantissime poesie, siamo davvero un popolo di poeti, ma noi non pubblichiamo poesie, è un ramo che ha bisogno di una cura diversa, non abbiamo competenze per questo. Aneddoti? Forse una ragazza di 25 anni che ci aveva inviato la sua autobiografia in stile romanzo fantasy. Ci consigliava vivamente di pubblicarla perché tutti i suoi amici e i suoi familiari le avevano detto che era un capolavoro. Ci sono tante persone che sicuramente amano più scrivere che leggere…».

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