«Il 2021 servirà a capire meglio anche il rapporto tra Dante e la città»

Parla l’italianista Giuseppe Ledda, membro dei comitati – nazionale e ravennate – delle celebrazioni dantesche: dei suoi studi sul Sommo Poeta e del valore della Commedia, delle iniziative attuali e per il prossimo centenario della morte. E del ruolo di Ravenna

Dante Ritratto Bronzino

Dante in un ritratto allegorico del Bronzino

A Ravenna Dante è sempre più presente, soprattutto nel cosiddetto “settembre dantesco”, momento in cui le istituzioni si prodigano a celebrare il poeta con un calendario ricco di eventi. Di Dante e della nostra città non si poteva non parlarne con uno dei suoi massimi studiosi e divulgatori del momento, Giuseppe Ledda: docente dell’università di Bologna nonché, fra i molti riconoscimenti, membro del Consiglio Scientifico della Società Dantesca Italiana. Il professore Ledda fa anche parte di entrambi i comitati, il nazionale e il cittadino, istituiti per le celebrazioni del 2021.

La sua passione e la sua dedizione nello studio e nella divulgazione dell’opera dantesca si evincono chiaramente dal suo curriculum personale: per lei Dante è importante, ma in quale modo?
«A Dante si arriva in modi diversi e io ci sono arrivato apparentemente per caso. Dopo una laurea in Filosofia a Firenze, con tesi sulla Poetica di Aristotele, avevo deciso di continuare a studiare Lettere a Bologna, ed ero interessato soprattutto alla teoria della letteratura. In particolare, volevo dedicare la mia tesi al tema dell’ineffabilità, cioè all’impossibilità di dire. Non pensavo a Dante, ma quando andai a “chiedere la tesi” al professore Ezio Raimondi, uno dei massimi italianisti del Novecento, mi disse: «Benissimo l’ineffabilità, ma allora deve farla su Dante». Aveva ragione lui! Da lì è nata la mia tesi di laurea in Lettere, poi quella di dottorato e il mio primo libro, La guerra della lingua, pubblicato proprio qui a Ravenna dall’editore Longo nel 2002.
Studiando questo fenomeno particolare ho dovuto però approfondire altre tematiche della Commedia e da qui la mia passione e il mio interesse per questo poema straordinario sono cresciuti e crescono ogni giorno. È un testo di una complessità e di una ricchezza incredibili: ogni sforzo che si compie per approfondirne la comprensione è sempre ripagato da rivelazioni sorprendenti e di eccezionale bellezza. Per questo è difficile per me, dopo tanti anni, staccarmi da Dante e occuparmi di altri autori: Dante mi attira sempre con nuovi aspetti da esplorare e approfondire e con la ricchezza inesauribile della sua poesia».

Biblioteca Del Centro Dantesco

Biblioteca del Centro Dantesco di Ravenna

Dante continua ancora oggi ad attrarre l’attenzione di intellettuali di tutto il mondo: più che mai nell’ultimo secolo grandi studiosi (fra i tanti si ricordano Croce, Contini, Auerbach e Pasquini) si sono dedicati al poeta, mostrando quanto la Commedia parli ai lettori di ogni tempo. Secondo lei, cosa rende ancora così attuale la più grande opera dell’Alighieri? E quindi, quanto è importante oggi la cultura dantesca nel mondo?
«Si può leggere Dante in tanti modi e nessuno deve avere la pretesa che il suo sia l’unico o quello giusto. Davanti a un testo così complesso dobbiamo sentirci tutti dei dilettanti, sia perché nessuno può ritenersi mai uno specialista talmente completo e professionale da poter afferrare il testo in tutti i suoi valori e significati esaurendone tutte le potenzialità; sia perché ogni lettore, da quello meno preparato e più ingenuo allo studioso più esperto e specializzato, non dovrebbe dimenticare mai di trarre diletto dalla lettura di questo testo straordinario. La Commedia può quindi essere letta in modi e a livelli di profondità diversi, ognuno dei quali dà un piacere differente, ma sempre intenso. Il mio consiglio è di acquisire di volta in volta nuovi strumenti tecnici e culturali di comprensione del testo per poterne così accrescere l’interpretazione e il godimento.
Nell’accostarsi alla sua poesia, credo sia importante ricordare sempre che Dante è un poeta dell’amore e della pace, dell’esilio e della sofferenza, un poeta capace di un’intuizione politica universale che racconta di un mondo dilaniato dalle guerre civili, dall’ingiustizia, dall’avidità e dall’egoismo. E a questo tempo disperato risponde con un poema della speranza che è insieme il vertice della poesia umana, per la straordinaria capacità tecnica e di concentrazione che gli consente di dire in pochi versi cose straordinariamente ricche e complesse. La sua è la poesia dell’uomo e di Dio, un grande poema teologico, dove il mondo è presentato in tutti i suoi aspetti, con una volontà di includere il reale nella sua inafferrabile molteplicità: tutto il molteplice è indagato, accolto, raccontato; accanto al molteplice però c’è un senso fortissimo dell’unità, della necessità di accogliere il “tutto” in una unità dialettica e responsabile. La Commedia è quindi molteplice, perché accoglie tutto; dialettica, perché non elimina le tensioni, ma mostra le ragioni di ogni punto di vista; responsabile perché, pur riconoscendo il punto di vista dell’altro, si assume anche la responsabilità della propria posizione. Da questa tensione sempre viva tra riconoscimento dell’altro e delle sue ragioni e insieme necessità di assumere un punto di vista proprio nasce l’energia che ancora possiamo sentire leggendola, che ci emoziona, che ci fa pensare e discutere».

Chiostro Interno Del Centro Dantesco

Chiostro Interno del Centro Dantesco nel complesso di San Francesco

Da tempo Ravenna si sta distinguendo a livello nazionale per le iniziative, concentrate soprattutto nel cosiddetto “settembre dantesco”, volte a commemorare e a promuovere la figura del poeta. Nella vita dell’esule che ruolo pensa abbia giocato l’accoglienza ricevuta da quella che alcuni esegeti a lui contemporanei (ad esempio L’Ottimo, Benvenuto da Imola, Guido da Pisa) hanno definito come “la più antica e famosissima città dopo Roma”?
«Devo dire che non è semplice parlare dell’accoglienza che Dante ha ricevuto a Ravenna, per la difficoltà di ricostruirla rigorosamente su base documentaria, quindi tendiamo a basarci su resoconti letterari o leggendari come quelli, peraltro splendidi, del Trattatello in laude di Dante di Giovanni Boccaccio, che ha pagine straordinariamente belle e suggestive su Dante a Ravenna.
Da parte degli studiosi e delle istituzioni è in atto però un grande sforzo scientifico che porterà negli anni da qui al 2021 ad arricchire e precisare il quadro della documentazione su Dante a Ravenna e sull’ambiente culturale e politico ravennate negli anni della sua permanenza in città.
Già in queste settimane sono in calendario due importanti eventi che offriranno certamente grandi contributi in questa direzione. Pochi giorni fa è stata inaugurata la mostra, allestita alla Biblioteca Classense con la cura di Gabriella Albanese e di Paolo Pontari, L’ultimo Dante e il cenacolo ravennate. Mostra di documenti dagli Archivi di Ravenna, Bologna, Pisa e Venezia (vedi articolo in merito, ndr). È importante sottolineare che l’esposizione vede per la prima volta dopo tanti anni protagonista in città la Società Dantesca Italiana, che ha appunto collaborato con la Biblioteca Classense nella sua realizzazione. Questo segnala che la massima associazione di studi danteschi in Italia e nel mondo, pur avendo sede e svolgendo tutte le sue attività a Firenze, riconosce e intende valorizzare la centralità di Ravenna per lo studio di Dante e, in particolare, per le celebrazioni del 2021, dando avvio a una serie di iniziative in strettissima collaborazione con le istituzioni cittadine.
L’altro grande evento è il Convegno internazionale Dante e Ravenna, organizzato dal Dipartimento di Beni culturali dell’Università di Bologna, che si terrà il 27, 28 e 29 settembre presso la Biblioteca Classense. Nato dalle idee e dal grande lavoro dei professori Alfredo Cottignoli e Sebastiana Nobili, il convegno sicuramente fornirà novità della massima importanza e interesse su temi legati al soggiorno ravennate di Dante. Parteciperanno alcuni fra i massimi studiosi del poeta, come Emilio Pasquini e Andrea Battistini; molto attesi sono gli interventi di Giuseppina Brunetti e Paola Degni su “Gli ‘amici’ di Dante nell’esilio ravennate” e quello di Laura Pasquini su “I mosaici ravennati come fonti figurative della Commedia”. Il contributo della professoressa Pasquini si lega a un’altra importante iniziativa, La bellezza ch’io vidi, una mostra di grandissimo impatto visivo, conoscitivo ed emotivo sui mosaici ravennati e la Commedia allestita nei locali adiacenti alla chiesa di Sant’Apollinare Nuovo (vedi articolo in merito, ndr). L’esposizione è promossa dall’Arcivescovado a conferma che tutte le istituzioni ravennati, politiche, culturali e religiose, sentono la responsabilità e il desiderio di dare il loro contributo alla conoscenza e alla celebrazione di Dante, ciascuna secondo le proprie particolari inclinazioni e interessi, ma sempre in spirito di servizio verso la comunità e di collaborazione con le altre istituzioni cittadine».

Tomba Di Dante Ravenna

La Tomba di Dante a Ravenna progettata da Camillo Morigia

Ravenna è stata importante non solo per Dante: da anni si reca nella nostra città per progetti danteschi di vario genere; fra i tanti, è condirettore della rivista “L’Alighieri”, docente nel comitato scientifico della Summer School in Studi danteschi, organizzata dall’Università Cattolica di Milano, e del Congresso Internazionale a cadenza biennale Alma Dante, che il prossimo anno giungerà alla seconda edizione. C’è un aspetto in particolare della città che l’ha colpita dal punto di vista professionale e anche umano?
«Il mio primo libro è stato pubblicato a Ravenna dall’editore Longo nel 2002 e, da allora, ho portato avanti una collaborazione sempre più stretta, poi divenuta amicizia, con Alfio Longo, il quale nel 2010 mi ha chiesto di partecipare alla direzione della prestigiosissima rivista “L’Alighieri”. Si tratta di una casa editrice conosciuta in tutto il mondo per le sue pubblicazioni dantesche ed è per me un grande onore poter collaborare.
A parte questo rapporto editoriale, il mio primo vero contatto con Ravenna è legato al nome della professoressa Chiavacci Leonardi, che presiedeva la Sezione Studi e Ricerche del Centro Dantesco dei Frati Minori Conventuali. Fu lei a invitarmi per la prima volta a parlare a Ravenna e poi a collaborare con il Centro Dantesco. Era il 2004 ed era allora direttore del Centro Fra Maurizio Bazzoni, che diede un impulso straordinario a una serie di nuove iniziative da parte del Centro. Fra queste, hanno particolare rilievo la serie dei Convegni internazionali biennali volti ad approfondire lo studio dell’opera di Dante, con particolare attenzione alla dimensione religiosa del testo dantesco e ai suoi rapporti con la cultura religiosa medievale. Quando io ho iniziato a studiare Dante negli anni Novanta, la dimensione religiosa dell’opera dantesca era trascurata e talvolta negata negli studi scientifici e accademici, soprattutto in Italia. Oggi invece è pienamente riconosciuta e valorizzata da tutti gli studiosi. Io credo che il lavoro portato avanti dal Centro Dantesco abbia avuto un ruolo importante in questa trasformazione culturale e sono particolarmente orgoglioso di aver dato il mio contributo a questa serie di iniziative. In questo sono stato sempre appoggiato e sostenuto con convinzione non solo da Fra Maurizio, ma anche dai direttori del Centro Dantesco che si sono succeduti negli anni: Padre Ivo Laurentini, Padre Egidio Monzani e poi ancora Padre Ivo, tornato come direttore dal 2016. Tra l’altro è di pochi giorni fa la splendida notizia del ritorno di Fra Maurizio a Ravenna, con l’incarico di affiancare il Direttore del Centro Dantesco Padre Ivo per la progettazione delle iniziative per il centenario. Sono certo che anche la sua presenza potrà dare un ulteriore impulso all’attività già intensa e importante del Centro.

Giuseppe Ledda

Il professore Giuseppe Ledda

Se quella dei convegni della Sezione Studi e Ricerche è forse l’attività ravennate a cui tengo di più sul piano scientifico, ancora più preziosa dal punto di vista umano è la Scuola estiva internazionale che organizziamo dal 2007, giunta questo agosto alla dodicesima edizione. È una grande emozione incontrare ogni anno a Ravenna una trentina di giovani e meno giovani appassionati di Dante, provenienti da tutto il mondo, per partecipare a una serie di lezioni e incontri di argomento dantesco. Ed è sempre bellissimo osservare il loro stupore quando scoprono insieme a Dante la bellezza di questa città, delle sue strade e monumenti, il loro incanto davanti ai mosaici!
Ma in questi anni ho intrecciato a Ravenna collaborazioni con moltissime singole persone e istituzioni e ho sempre trovato un incredibile mix di passione e di competenza, di professionalità e calore umano, che rendono ogni contatto con la città per me bellissimo e indimenticabile. Tra le tante, voglio ricordarne in particolare due, con le quali ho la fortuna di collaborare più strettamente: Francesca Masi, del Comune di Ravenna, che coordina splendidamente, con intelligenza organizzativa e sensibilità culturale, tutte le iniziative del “settembre dantesco” e non solo, e Manuela Mambelli, di Dante in rete, che collabora con grande impegno e passione con il Centro Dantesco e con l’Arcivescovado per le iniziative dantesche e promuove instancabilmente attività che coinvolgono le scuole di tutta Italia.
Infine, devo ricordare il Congresso Dantesco Internazionale ideato insieme ad alcuni colleghi dell’Università di Bologna, Angelo Mangini, Sebastiana Nobili e Marco Veglia. Grazie alla risposta entusiastica e al sostegno del Comune di Ravenna, e in particolare dell’assessore Signorino e del sindaco De Pascale, siamo riusciti a organizzare la prima edizione in pochi mesi: si è svolta a fine maggio 2017. È stato straordinario vedere circa duecento studiosi di Dante, giunti da ogni parte del mondo, ritrovarsi a Ravenna per presentare e discutere ai colleghi e ai cittadini i frutti delle loro ricerche. Anche in loro, accanto all’entusiasmo scientifico e alla competenza accademica, mi ha colpito la meraviglia per l’accoglienza calorosa e per la bellezza della città, che si è rivelata ancora una volta la sede ideale e il luogo di riferimento naturale per gli studi danteschi nel mondo».

Citta Mosaico S Apollinare Nuovo

La citta e il porto antico di Ravenna raffigurati in un mosaico di Sant’Apollinare Nuovo

Nel 2016 ha ricevuto a Ravenna il lauro dantesco ad honorem, premio conferito a coloro che si sono distinti per meriti nell’ambito della divulgazione del lascito dantesco, mentre quest’anno è stato chiamato a far parte di entrambi i comitati, il nazionale e il cittadino, istituiti per le celebrazioni del centenario. Cosa si aspetta lei, come studioso, dal venturo e tanto atteso 2021? E, in particolare, cosa si aspetta da Ravenna, città con cui ha un rapporto professionale così, se si può dire, stretto?
«Dico la verità, chi come me si occupa quotidianamente di Dante da venticinque anni non può non provare un certo disagio per celebrazioni legate a un anniversario. Dante è un poeta talmente straordinario che merita di essere letto, studiato e celebrato tutti i giorni e tutti gli anni, non solo per le ricorrenze centenarie! Ma per fortuna a Ravenna è proprio questo che si fa da sempre, quindi collaborare con le istituzioni di Ravenna per il centenario è la garanzia di lavorare non in spirito di improvvisazione, come purtroppo spesso accade intorno a queste ricorrenze, ma con la serietà e l’amore vero di una città che ha sempre dedicato a Dante tante iniziative e tanta partecipazione appassionata.
Se solo Ravenna continuerà a fare quello che ha sempre fatto e che sempre più sta facendo in questi anni sarà comunque la protagonista mondiale delle celebrazioni dantesche. Basta pensare alle innumerevoli iniziative del “settembre dantesco”, alcune delle quali ho già ricordato, ma alle quali voglio aggiungere anche quelle di Dante 2021, con la brillante direzione artistica di Domenico De Martino, e le “Conversazioni dantesche”, organizzate dall’Università e in particolare dai bravissimi colleghi Sebastiana Nobili e Luigi Canetti.
Già quello che si fa è tantissimo. Oltre agli appuntamenti scientifici e divulgativi, Ravenna spicca poi a livello mondiale per la creatività nella reinterpretazione artistica delle opere di Dante. In questi anni Ravenna Festival, con la direzione artistica di Cristina Muti Mazzavillani e il sovrintendente  Antonio De Rosa, ha proposto una serie di straordinarie nuove produzioni dantesche in ambito teatrale e musicale, e sono certo che ancora grandi iniziative vedranno la luce nei prossimi anni. Fra tutte, merita una menzione speciale il progetto del Teatro delle Albe guidato da Marco Martinelli ed Ermanna Montanari, che mira a mettere in scena le tre cantiche della Commedia. L’anno scorso è stata la volta dell’Inferno, ora è in lavorazione il Purgatorio, che sarà allestito nel 2019, per chiudere con il Paradiso nel 2021. Si tratta di un lavoro straordinario per capacità di rilettura contemporanea dell’opera dantesca e di coinvolgimento sia dei cittadini di Ravenna, chiamati a collaborare attivamente in grandissimo numero, sia del pubblico che assiste agli spettacoli.
Inoltre, il Comune è impegnato da anni nella valorizzazione della Zona Dantesca: sono certo che ci saranno interventi significativi destinati a lasciare un segno importante nella città; non ne conosco però i dettagli, perciò non posso parlare con cognizione di causa di questi progetti. Posso però dire qualcosa su una trasformazione in cui sono coinvolto. Come lei sa il Centro Dantesco ospita un benemerito Museo Dantesco, gestito dal personale del Centro con passione e competenza, ma con pochi mezzi. Per iniziativa del Comune è ora programmato un totale rinnovamento del Museo, con nuove idee e un importante investimento. Ho partecipato al comitato scientifico che ha elaborato il progetto, insieme al professore De Martino e al direttore della Biblioteca Classense,  Maurizio Tarantino, e abbiamo cercato di immaginare un luogo in grado di dare al visitatore un’idea forte, e speriamo memorabile, di chi era Dante, dei motivi più importanti che rendono immortale la sua opera, del suo rapporto con Ravenna. Nei prossimi mesi e anni si passerà alla fase di realizzazione e nel 2021 il nuovo Museo Dantesco sarà pronto e resterà, io credo, un’acquisizione importante e duratura per la città, per i suoi abitanti e per i suoi tanti visitatori».

Una volta terminate, a suo parere cosa saranno in grado di lasciare in eredità alla città e all’Italia le suddette celebrazioni?
«Non sono in grado di prevedere cosa potrà succedere davvero. La mia speranza è che si punti su manifestazioni e interventi capaci non solo di celebrare Dante, ma di promuovere e stimolare la lettura della sua poesia e, grazie a essa, di renderci spiritualmente più ricchi e più umani, più capaci di cogliere la complessità del reale e di affrontarlo con lo spirito dantesco che consiste nel riconoscerne la complessità e anche la molteplicità dei punti di vista, coniugando l’ascolto e il rispetto per le opinioni diverse con la responsabilità di sostenere la propria posizione.
Dante è un poeta della complessità e della speranza, come ricordavo prima, perciò credo che l’eredità che ci può lasciare la sua poesia è quella di insegnarci a rispondere alle difficoltà del nostro tempo, che sono diverse ma non troppo da quelle del suo tempo, con il senso della complessità del reale e con la più intensa speranza nel futuro.
Già nel Convivio Dante parlava dell’amoroso uso della sapienza e della ragione: un’altra sua eredità è forse questo “uso amoroso della ragione”, cioè un uso serio e rigoroso della ragione, che non si chiude in se stessa ma si apre e si dilata, grazie all’amore, verso una comprensione ancora più alta dell’umanità propria e altrui, dell’umanità che tende verso il divino».

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