“We Reading”, Bruno Dorella legge Buzzati: «Mi sembra sia un po’ trascurato oggi…»

Il musicista milanese, ravennate d’adozione, presenta la serata del festival a Savignano. «Mi porterò la chitarra…»

Bruno DorellaNon c’è ravennate, tra chi segue i percorsi della musica alternativa, che non conosca il profilo imponente e crinuto di Bruno Dorella. Polistrumentista classe ’73, milanese di nascita ma bizantino d’animo, Dorella si è imposto negli ultimi 20 anni all’attenzione della scena rock nazionale grazie ai suoi progetti eclettici. Cito in ordine sparso: Ronin, OvO, Bachi Da Pietra, GDG Modern Trio, Byzantium Experimental Orchestra – di cui ricordo, nel 2016, una formidabile interpretazione musicata dal vivo de L’inferno, il film muto del 1911 di Bertolini, de Liguoro e Padovan.

Colpisce dunque sapere che uno “sperimentale” come lui abbia scelto di leggere per il festival We Reading un narratore tutto sommato “tradizionale” come Dino Buzzati. Rigorosamente a ingresso libero, l’appuntamento, che rappresenta per Dorella un debutto assoluto nel mondo dei reading, è per il 15 maggio alle 21, nella Chiesa del Suffragio di Savignano sul Rubicone. Ne ho parlato con lui per avere qualche anticipazione.

C’è una ragione profonda che la lega a Dino Buzzati?
«Ce ne sono diverse. Il primo libro che ho letto in modo adulto è stato Il deserto dei Tartari».
Quanti anni aveva?
«Ero in 5° elementare. L’insegnante della prima media ci aveva chiesto di leggere un libro durante l’estate e di parlarne al rientro in classe. Ne lessi svariati, e scrissi una specie di recensione – non sapevo nemmeno cosa fosse una recensione – proprio de Il deserto dei Tartari. A posteriori capisco che l’insegnante si sarebbe accontentata anche di un piccolo riassuntino. Ricordo che rimase molto stupita».
Cosa la colpì del romanzo?
«Quel libro cambiò il mio modo di leggere. Prima la lettura era per me paragonabile a un gioco emozionante, a un cartone animato. Con Il deserto dei Tartari capii che la lettura era diventata un’altra cosa, un’esperienza inspiegabile che mi coinvolse in un altro modo. Ho riletto il libro molte altre volte e lo amo ancora moltissimo».
Come si sentì alla prima lettura?
«Immagina un bambino di 5° elementare, con tutta la vita davanti, che legge un libro nel quale non succede niente. In qualche modo cominciai ad apprezzare l’introspezione psicologica e la scrittura “pura”, nella quale l’avventura è proprio la mancanza di avventura, è la scrittura stessa. Per la prima volta, mi trovai di fronte al fatto che tutti noi abbiamo un tempo determinato su questa terra. Un concetto strano per un bambino, ma fu la prima volta che ne ebbi consapevolezza: la vita ti può scappare. Quel vecchio che muore è stato un bambino come te, e la vita gli è scappata davanti».
Un’epifania piuttosto scioccante.
«Sì, ma la presi con grande leggerezza. Oggi la prendo meno alla leggera. Chiaramente non leggerò tutto il romanzo, ma solo un piccolo estratto. Poi mi concentrerò su altri racconti, tratti dal libro L’uccisione del drago, un’edizione scolastica pensata per ragazzi. Non so bene come, ma mi è rimasta in casa dalla biblioteca della scuola… Adesso è assolutamente distrutta: il libro inizia a pagina 117. Mi sembrava giusto portare questa edizione, da dove è nato tutto. C’è poi un’altra ragione di questa scelta: mi sembra che Dino Buzzati sia un po’ trascurato oggi, lontano da ogni tendenza».
È la prima volta che fa una lettura pubblica?
«La prima – e forse resterà un unicum. Non mi passava neanche per la testa di leggere davanti ad altre persone: come puoi notare ho la erre moscia. Continuo a non spiegarmi perché me l’abbiano chiesto. Sono la negazione di un lettore pubblico».
Ai ragazzi di We Reading piace l’insolito. Ci sarà un accompagnamento musicale?
«Penso di sì. Inizialmente avevo annunciato un reading per voce e mixer; in realtà, come sto provando proprio adesso, credo mi porterò dietro la chitarra, che mi consente di intervallare meglio i momenti di lettura a quelli musicali».

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