Domenico Nordio, il violino e un Beethoven «novecentesco»

Nordio WebIl 21 aprile sarà protagonista, insieme al pianista Orazio Sciortino, in una tappa romagnola del suo tour musicale che lo vedrà sul palco del teatro Alessandro Bonci di Cesena. Si tratta di Domenico Nordio, uno degli astri più splendenti del violinismo italiano. La sua carriera, sbocciata come enfant prodige, è costellata di successi tanto che leggere i luoghi dove il musicista veneziano si è esibito è come scorrere la lista dei teatri più prestigiosi del mondo.
Maestro, il repertorio che lei e Sciortino proporrete a Cesena è un’interessante sintesi del virtuosismo violinistico: impossibile non notare che, nonostante l’impronta novecentesca, sia presente anche una sonata di Beethoven.
«Verissimo. Il mio repertorio di elezione è certamente quello novecentesco, nel quale mi sento come a casa. La Kreutzer (Sonata n.9 op.47, ndr) è uno degli esempi più lampanti di quanto Beethoven sapesse essere novecentesco. Dirò di più, lo è certamente più della successiva Sonata op.96, ultima nata dalla penna del compositore tedesco. Le differenze sono molteplici. La Kreutzer è una sonata nella quale vi è egual importanza tra i due strumenti, difatti è, al contrario di tutte le altre sonate, un duo concertante. Inoltre è il carattere che fa la differenza: essa ha la particolarità di essere molto cangiante e piena di contrasti».
Una lettura della pagina beethoveniana alla luce della produzione successiva dunque. Il ‘900 è quindi il suo repertorio prediletto, ma si può immaginare che non ci si fermi certamente solo a questo, giusto?
«Ovviamente no: sebbene io ami suonare soprattutto la musica da Brahms in avanti, non posso celare l’amore per Bach! Trovo che queste due figure siano legate, musicalmente, dalla grande perfezione formale. In Bach si trovano le radici di tutto, il repertorio novecentesco gli deve molto: nella musica del compositore tedesco si ritrovano quei contrasti, quella violenza, espressione tipica del repertorio a noi coevo o quasi della quale forse nemmeno lui si rendeva conto».
Bach è, per certi versi, il primo avanguardista. La sua produzione non ha dimenticato nessuno strumento e certamente ha trattato il violino con grande considerazione: oltre ai concerti, infatti, banco di prova per tutti i violinisti sono le 6 Sonate e Partite.
«Proprio così. Le Sonate e Partite sono musica eccezionale e per la quale provo un profondo rispetto. In esse si trova tutto ciò che dicevo, contrasti, forma. Questa è musica così alta, così densa di significati che ho scelto da tempo di non eseguirla più a memoria, per non perdere nessuno dei dettagli che ad ogni lettura emergono».
Lei è uno degli artisti più giramondo. La vedremo anche in Italia con più frequenza?
«Finalmente sì. Certo qualche tappa italiana non me la sono mai fatta mancare, ma quest’anno andrò a vedere tanta bella provincia. Sono tantissimi i teatri di tradizione in Italia e vi sono stagioni importanti e interessanti sparse su tutto lo Stivale, che girerò nella sua totalità: tra le tappe italiane sarò a Mantova, Messina, Lodi, Pinerolo, Lecce. Oltre a Roma e Milano, con la Verdi. Quest’orchestra, peraltro, è quella che tra le italiane ha il maggior rapporto concerti/biglietti: è una bellissima realtà italiana con la quale sono felicissimo di collaborare».
È noto anche il suo amore per l’America latina. Tornerà anche quest’anno?
«Certamente, non posso mancare! Sarò in molte tra le capitali dell’America centromeridionale, ma soprattutto sarò a Lima, in Perù. Proprio in questa città si tiene la più importante stagione di musica da camera di tutto il latino-americano. Un pubblico educatissimo e un teatro magnifico».
Quanti sono i paesi che ha visitato?
«Ho suonato in 93 paesi in tutto il mondo. Quando si viaggia così tanto si cominciano a fare delle valutazioni. Il cibo è una di quelle cose che si considerano, ma prima di tutto, appena arrivati in albergo, si valutano i cuscini, discriminante fondamentale tra il suonare bene o con le ossa rotte. Posso senza dubbio dire che in almeno 60 Paesi i cuscini degli alberghi sono indecenti».
Qual è lo stato di salute del futuro musicale italiano?
«Molto buono, direi. Vi è, tuttavia, da notare che la stragrande maggioranza dei giovani solisti italiani non proviene da una scuola italiana semplicemente perché non c’è una scuola italiana. Finché i concertisti non decideranno di insegnare strumento, e di questi sono io il primo a non farlo (Nordio insegna musica da camera, ndr), non si potrà ricominciare a parlare di scuola italiana».

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