Il concetto di “meme” diventa una coreografia: «E coinvolgiamo il pubblico online»

Intervista a Sissj Bassani, sul progetto Parini Secondo

Sissj Bassani

Sissj Bassani

È sempre bello, soprattutto in periodo difficile per le arti dal vivo come quello che stiamo passando, presentare il lavoro di giovani autrici e autori promettenti.

È il caso di Parini Secondo, un “progetto di ricerca sul movimento”, ma anche “un personaggio di finzione con la faccia da gatto” e un “futuro chiosco di piadine”, come lo definiscono le loro creatrici, nato nel 2017 da un’idea delle coreografe Sissj Bassani e Martina Piazzi, entrambe classe ’97, rispettivamente di Savignano sul Rubicone e di Bologna.

Nel 2020, Parini Secondo, in collaborazione con la coreografa tedesca Magdalena Öttl, si è aggiudicato il bando internazionale Creative Campus Ruhr, che prevedeva un periodo di residenza artistica in Germania, nella zona della Ruhr appunto, fra Essen e Bochum. Il risultato della residenza, intitolato be me, si potrà vedere gratuitamente online il prossimo 25 marzo, alle 11, sulla piattaforma www.bemestream.com.

Ne ho parlato assieme a Sissj Bassani che, mi racconta, è quasi una ravennate acquisita. «Ho lavorato assieme al gruppo nanou per sette lunghissimi anni! Pur non essendo di Ravenna, la conosco benissimo. Per quasi tre anni della mia vita, non appena uscivo da scuola, prendevo il 149 e arrivavo a Ravenna!»

Be Me Parini SecondoTi sei quindi spostata a Cesena come assistente di Claudia Castellucci, della Socìetas Raffaello Sanzio.
«Esatto, anche se non ho una formazione da attrice, o vocale. Assisto Claudia da un paio d’anni, la seguo nella sua attività coreografica e nelle sue esercitazioni ritmiche, seminari che porta in giro per il mondo per creare balli con ragazzi di altri luoghi. La mia è una formazione polimorfa, che parte della danza e che si muove fra tanti linguaggi».

Com’è nato il progetto Parini Secondo?
«È nato nel 2017, dopo aver conosciuto Martina Piazzi durante il corso di formazione toscano Azione, tenuto da coreografi del panorama nazionale e internazionale. Abbiamo studiato lì per un anno e mezzo e poi, un po’ per vicinanza anagrafica e per interessi comuni, abbiamo deciso di collaborare assieme. Abbiamo coinvolto quasi subito Camilla Neri e Francesca Pizzagalli, mie compaesane e assieme a me frequentanti la stessa scuola di danza quando eravamo bambine, il Laboratorio “Danza e Teatro” di Heidi Pasini, a Crocetta di Longiano. Così, dal 2017 ci occupiamo di movimento, in senso largo, e non solo di coreografia. Naturalmente tutte noi partiamo dalla danza come disciplina prima, ma ci interessa la coreografia nelle sue maglie più larghe, capace di coinvolgere altri strumenti e linguaggi».

Parliamo di questo progetto, be me, con cui debutterete il prossimo 25 marzo. Come è iniziato?
«Nel 2020 Magdalena Öttl, danzatrice e coreografa tedesca, ci ha invitate a partecipare al bando internazionale Creative Campus Ruhr indetto da ecce, ovvero l’European Centre for Creative Economy, un centro per la produzione artistica della zona della Ruhr.  Abbiamo vinto il bando di coproduzione che ci ha visto impegnate dal novembre scorso, prima in differita, per ovvi motivi pandemici; ma poi, da gennaio, contro tutti e contro tutto, siamo saliti in Germania per due mesi di residenza tre Essen e Bochum, assieme al resto della squadra: i danzatori tedeschi Lucas Lopes e Eliza Trefas, il musicista Alberto Ricca, il designer Daniel Gugitsch, il tecnico Wolfram Lakaszus e il webdesigner Tommaso Gagliardi».

Be me, figlio di questa residenza, si concentra attorno al concetto del meme. Si dice che i meme siano la forma artistica più importante prodotta dalla nostra generazione. Che ne pensi?
«Assolutamente sì! Ti consiglio Memestetica di Valentina Tanni, edito l’anno scorso per le edizioni Nero, che sostiene esattamente questo!»

Come avete declinato l’idea del meme in coreografia?
«Siamo partiti dal concetto di meme introdotto da Richard Dawkins: si tratta di un’idea che sopravvive all’interno di un “pool memetico”, una sorta di nuvola di idee che si diffondono nella comunità; alcune di queste idee si diffondono di più rispetto alle altre, proprio come succede coi geni. Abbiamo preso quasi alla lettera il suggerimento di Dawkins. All’inizio costruiamo scenicamente un pool di movimenti: i danzatori hanno delle indicazioni per produrre del movimento automaticamente; poi, attraverso dei meccanismi di copia e imitazione, si arriva alla creazione di una coreografia, che non è mai stata provata in precedenza. La coreografia viene così creata dall’interno, seguendo letteralmente quello che succede coi meme: copia dopo copia, i movimenti che sono più accattivanti o che hanno più potere “memico” degli altri sopravvivono e vanno a comporre la coreografia finale».

La coreografia è sempre diversa ogni volta, quindi. Il pubblico è coinvolto, in un qualche modo?
«Esatto, è sempre diversa. Sul coinvolgimento del pubblico abbiamo discusso a lungo. Con la pandemia abbiamo dovuto rimodulare il lavoro per la dimostrazione online. Così abbiamo deciso di creare un sito web per permettere al pubblico di poter vivere l’esperienza della presenza in gruppo. All’interno del sito saranno visibili tutti i cursori, vale a dire tutte le freccine di tutti gli spettatori presenti sul sito. Speriamo che questo meccanismo faccia sì che il pubblico si senta parte di una comunità online – che sono comunità estremamente potenti, pur essendo formate da persone anonime e senza forma».

Per info: parinisecondo.it

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