La tragedia di Medea rivive in un dialogo fra voce e musica. Ne parla Chiara Muti

L’attrice e regista voce recitante nell’opera di Georg Benda in versione da camera, accompagnata dal Trio Hager

ChiaraMuti©Silvia Lelli 0563

Chiara Muti

L’attrice e regista Chiara Muti – interprete versatile e sensibile al rapporto in campo teatrale fra voce e musica – torna al Ravenna Festival con la Medea di Georg Benda. Si tratta di un melologo già andato in scena a Bologna nel 2010, per la rassegna “Voix humaine”, e viene ripreso (il 18 giugno nello spazio raccolto del chiostro della Biblioteca Classense) in sintonia col tema del Festival 2019 che evoca in molte parti del programma la Grecia classica dei filosofi e della tragedia.

La dimensione dello spettacolo è racchiusa nella forma di un quartetto, con Chiara Muti voce recitante del testo di Friedrich Wilhelm Gotter (tradotto e liberamente adattato da Giuseppe Di Leva) e l’accompagnamento del Trio Hager – violino, violoncello e pianoforte – interpreti della versione da camera del melologo, ricavata dall’originale concepita invece per orchestra.

È il dibattito Settecentesco sul rapporto fra musica e linguaggio, e (inoltre) su un possibile teatro musicale in lingua tedesca, che nutre la creatività di Georg Benda. Il compositore céco, in una sua visione musicale del mito e della tragedia classica di Medea, elabora nel 1775 il dramma di una voce declamata in continuo dialogo con l’orchestra. Quando Mozart ebbe modo di scoltare l’opera nel 1778 rimase impressionato dall’originale stile vocale giudicandolo «un dramma eccellente… La musica è un recitativo, e la parola che si recita sullo sfondo musicale è di splendido effetto».

La Medea di Benda risulta quindi uno dei primi e più elevati esempi di melologo nell’ambito della storia della musica, un genere di teatro musicale affascinante per la fusione di melodia e parola, per quanto raro e poco frequentato sia come repertorio che esecuzioni.

Abbiamo chiesto a Chiara Muti come si è avvicinata a quest’opera…

«Non conoscevo la Medea di Benda e per me è stata una felice opportunità artistica interpretare questo melologo, non solo perchè è una delle prime opere di questo genere ma un vero e proprio capolavoro. Anche Mozart, come è noto ne rimase folgorato, per la sua forma moderna all’epoca, dove il recitativo si fonde mirabilmente con la musica. E ne terrà conto per alcune delle sue future composizioni. Certo l’opera di Benda risente di un certo accademismo, ma ha diversi spunti innovativi che già preludono a Beethoven nel porgere attraverso l’insieme di recitazione e musica i sentimenti, e per così dire, i risvolti psicologici della vicenda e del personaggio».
A proposito di personaggio, con Medea abbiamo a che fare con un archetipo della cultura classica, dal mito alla rappresentazione teatrale.
«Il testo è rielaborato dalla matrice tragica di Euripide e ci riporta all’origine mitica della nostra cultura, quella della Grecia classica. Medea ha uno spessore profondo che ha implicazioni filosofiche e psichiche. Peraltro questa figura di maga, donna estranea alla comunità, considerata barbara e invadente, di cui diffidare, non è poi cosi lontana dall’attualità. Esprime sentimenti contrastanti e in qualche modo universali. Medea subisce un tale isolamento, umiliazione e abbandono che la portano per vendetta all’uccisione dei figli, contro Giasone che l’ha tradita. Perduta ogni dignità compie un gesto terribile ed estremo…».
Lei che ha una certa esperienza come attrice teatrale cosa cambia il recitare in uno spettacolo di prosa rispetto a un melologo?
«Mi piace molto cimentarmi in questo genere, che ho frequentato anche interpretando melologhi di Honegger e Debussy. Qui la musica è il veicolo portante e la voce si deve sintonizzare sulla partitura e dialogare con gli strumenti, mentre nella prosa c’è una notevole libertà espressiva, nel ritmo e nelle pause. Nel melologo c’è invece un cantante che recita ovvero un attore che canta. La voce è inserita in battute musicali, e quindi viene utilizzata come strumento musicale. Per un attore è una parte meravigliosa, dove ritmica e intonazione si devono armonizzare con gli altri strumenti».

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