«Come ripensare il nostro ruolo di artisti e i linguaggi attraverso le tecnologia»

Erosanteros Tomsic SaccoLa compagnia ErosAntEros sulla drammatica situazione del settore: «Chi parla di Netflix o Drive in del teatro non conosce la realtà. Dobbiamo ripensare i nostri diritti di cittadini e lavoratori privi di ammortizzatori sociali»

ErosAntEros nasce dall’unione di Davide Sacco e Agata Tomsic nel gennaio del 2010. La loro ricerca artistica manipola fonti e linguaggi espressivi disparati, con l’obbiettivo di agganciare il teatro alla vita e fare dell’immaginazione un’arma per trasformare il reale. Alla ricca produzione e alle collaborazioni con prestigiose realtà nazionali, dal 2018 dirigono a “Ravenna Polis Teatro Festival“, ospitando artisti di rilevanza nazionale.

«Il 2020 sarebbe stato un anno di grande crescita per ErosAntEros e il Polis Teatro Festival di Ravenna. Per la prima volta stavamo producendo uno spettacolo internazionale, Confini, con prestigiosi teatri e festival internazionali come partner e in scena attori provenienti da cinque paesi diversi; la nostra struttura stava accogliendo al suo interno una nuova figura organizzativa, con l’obbiettivo di tenersela stretta negli anni a venire; per festeggiare i nostri dieci anni di compagnia, esattamente dal 24 febbraio avevamo organizzato una tournée di cinque settimane nelle città teatrali principali (Bologna, Milano, Roma), a cui avevamo già invitato i critici nazionali più importanti, e diversi operatori internazionali dovevano vederci per decidere se produrre i nostri nuovi spettacoli nei prossimi anni.

Da quella fatidica data di febbraio abbiamo visto crollare tutto ciò che con anni di fatica e sacrifici siamo riusciti a costruire. In questa situazione apocalittica, abbiamo passato gli ultimi due mesi ad agitarci come criceti in gabbia, cercando di salvare il salvabile, immaginando opzioni b, c, d, e, …y, z disperandoci perché quanto programmato fino a una settimana prima diventava dopo dieci giorni impraticabile, o perché né come artisti, né come operatori, né come lavoratori, sapevamo come avremmo fatto a continuare a (r)esistere. Anche a livello locale, stavamo da tempo portando avanti un dialogo con l’amministrazione per trovare uno spazio fisico per le nostre molteplici attività di produzione, programmazione, formazione e coinvolgimento del pubblico, che incredibilmente ancora non riescono a trovare una sede nel territorio comunale.

Un paradosso che ci vede da anni protagonisti nei maggiori teatri in Italia e all’estero, ma che non ci ha mai visti produrre uno spettacolo a Ravenna, coinvolgendo in esso capillarmente il tessuto cittadino. Dall’altra parte, potremmo in questo spazio sviluppare quei progetti innovativi di audience engagement per cui il nostro festival Polis si sta facendo riconoscere anche al di fuori dei confini nazionali e le molteplici collaborazioni a livello universitario che abbiamo saputo ideare in soltanto tre anni dalla sua esistenza. Ci chiediamo ora, cosa di tutto ciò riuscirà a salvarsi, e se dopo, quando usciremo da questa emergenza, ci sarà un dopo anche per il nostro teatro oppure no.

Erosanteros Vogliamo Tutto

Agata Tomsic nello spettacolo di ErosAntEros “Vogliamo tutto” (2018)

In questi due mesi, abbiamo capito quanto siamo fortunati a operare in un territorio dove le istituzioni sono in ascolto e, nonostante emergenze più primarie di quella che sta colpendo il nostro settore, hanno saputo dimostrarci la loro vicinanza e il loro sostegno. Hanno saputo farlo molto più di certa televisione, anche pubblica e nazionale che, per parlare delle difficoltà di chi opera nel nostro settore si limita a dare voce a “star” televisive o cinematografiche che poco conoscono e hanno a che fare con i problemi che ci riguardano, e che anche da prima della crisi sanitaria affliggono la nostra arte. E certamente molto di più di varie uscite infelici da parte di alcuni politici, che con proposte come la “Netflix del teatro” o il “teatro drive-in”, dimostrano evidentemente di avere dei cattivi consiglieri, che non conoscono la realtà e la mancanza di risorse in cui siamo abituati a operare e che a causa di questa poca conoscenza rischiano di portare un intero settore al fondo dell’abisso.

Crediamo invece che questa situazione avrebbe potuto (e se facciamo in fretta, forse, può ancora) trasformarsi in un’occasione, o meglio due:
1. Per ripensare il nostro ruolo di artisti e operatori culturali, ma anche le incongruenze e le ingiustizie che l’attuale sistema di contributi pubblici, basati su parametri numerici e quantitativi che non corrispondono alla realtà (se non a quella delle imprese commerciali che a nostro avviso dovrebbero restare fuori dai sistemi di contribuzione pubblica), ha creato, costringendo fino a ora sopratutto le strutture più piccole a vivere in uno stato di “eterna giovinezza”, senza avere mai la possibilità di crescere come hanno fatto i gruppi e le strutture nate trenta-quaranta anni fa, nonostante meriti ampiamente dimostrati. E, ponendoci dall’altro lato della stessa medaglia, ripensare i nostri diritti di cittadini e lavoratori all’interno di un comparto troppo spesso dimenticato e privo di ammortizzatori sociali, che sarebbe ora di iniziare a introdurre, immaginando un reddito di categoria e/o sistemi di sussidi per intermittenti per lo spettacolo dal vivo, non solo per fronteggiare la pandemia, ma come soluzione permanente per consentire una vita degna agli artisti, come fanno in altri paesi d’Europa.
2. Per ripensare i nostri linguaggi artistici attraverso le tecnologie: trasformare le limitazioni del distanziamento in occasioni creative e i dispositivi digitali che in questi mesi di quarantena hanno salvato la nostra socialità, in strumenti capaci non soltanto di offrire surrogati di opere teatrali eseguite in remoto, ma come tecnologie da utilizzare per creare nuovi linguaggi artistici. Progetto che potrebbe offrire spunti interessanti anche per le forme che creeremo quando torneremo ad abitare fisicamente la scena, ma per realizzarlo servono le giuste risorse: non si può chiedere agli artisti di lavorare con dispositivi digitali o anche semplicemente in video senza i mezzi per farlo, è normale che il risultato sia goffo, ma avendo la possibilità di farlo professionalmente potrebbero anche nascere nuove forme espressive. Dicendo ciò, ci teniamo però anche a sottolineare che queste forme “altre” non potranno mai sostituire il teatro, che vive nell’incontro tra corpi in un tempo e in uno spazio.

Polis Teatro Festival 2019

Il teatro Alighieri di Ravenna affollato per la prima del festival Polis del 2019

Tornando a noi e al rapporto con la nostra polis di riferimento, Ravenna, dopo settimane di incertezze e indecisioni, abbiamo deciso di annullare tutti gli spettacoli in programma a Polis Teatro Festival quest’anno, e trasformare il consueto appuntamento a maggio in un grande “convegno” internazionale sul teatro di domani. Ancora una volta, trasformare un momento di crisi in un’occasione per ripensare il nostro ruolo sociale e gli elementi fondanti del nostro linguaggio artistico insieme ad artisti e studiosi che sentiamo vicini al nostro percorso. Come nei nostri lavori di compagnia e negli spettacoli che siamo soliti ospitare al festival, dal 14 al 24 maggio sui nostri canali Facebook e Youtube, il teatro sarà strumento di riflessione sul presente, capace di offrire spunti e visioni per costruire il dopo. Un momento di confronto collettivo ideato nel momento in cui non ci è possibile l’incontro fisico, che supera i confini nazionali, tentando attraverso la forza politica dell’immaginazione di rispondere a domande impossibili sul nostro futuro.

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