500 ettari di oasi protetta che vanno a ruba

Ravenna Foce Bevano Ortazzo Turismo Comunicattivi DJI 0571 (1)C’è una fetta di terra sulla costa ravennate che ha cambiato padrone diverse volte negli ultimi tre anni, con una frequenza di compravendite che forse non ha paragoni nel mercato immobiliare. Attorno ai 500 ettari che compongono l’oasi naturale protetta Ortazzo-Ortazzino, tra la foce del torrente Bevano e l’abitato di Lido di Classe, si muovono gli appetiti di imprenditori non solo italiani con un interesse così vivace che non ci si aspetterebbe per una terra tutelata da vincoli ambientali che impediscono costruzioni.

Gli enti pubblici coinvolti (Comune, Regione, Parco del Delta) l’hanno ormai detto e scritto in tutti i modi che lì nessuno potrà costruire. È allora è questo che sorprende: perché quella terra passa di mano così facilmente con cifre che aumentano, se chi la compra non può investire nel mattone o in altre attività? Prati, dune, boscaglie, pinete e zone umide: la proprietà è privata da mezzo secolo e sono considerati siti con caratteristiche uniche a livello europeo per la biodiversità ambientale.

La prima compravendita ha riguardato tutto il comparto e avvenne a marzo 2023 per 580mila euro. Sei mesi dopo si era già arrivati a un’altra compravendita per un milione (operazione annullata per intervento del Parco che ha avviato un iter giudiziario per far valere un presunto diritto di prelazione che consenta l’acquisto da parte dell’ente). Pochi mesi fa una porzione di 70 ettari (su cui il Parco non può vantare diritti di prelazione) ha cambiato di nuovo proprietà.

In questo balletto di passaggi di mano le voci che si fanno sentire con costanza sono quelle degli ambientalisti – preoccupati per speculazioni edilizie improvvise – e di alcune forze politiche di opposizione – preoccupate che il partito del cemento ceda alle lusinghe del mattone a discapito del verde. Gli enti che seguono la vicenda invece parlano poco e lasciano proliferare i dubbi.

Di sicuro c’è un dettaglio che mostra ancora una volta la pachidermica lentezza del pubblico rispetto alla velocità di certi privati. I 70 ettari compravenduti di recente sono catalogati come zona C, cioè con i vincoli più leggeri rispetto al resto che ricade in zona A e B. Il Parco vorrebbe trasformare la C in B per aumentarne ancora di più la protezione ed eventuale arrivare all’acquisizione. La procedura è cominciata un anno fa ed è ferma in Regione. Dal Parco dicono che è impossibile fare previsioni sui tempi.

E allora ormai sarà anche populista e qualunquista, ma il rigassificatore ha fissato un benchmark buono per tutto: 120 giorni sono bastati ai decisori per valutare che si poteva fare un impianto a mare che maneggia 5 miliardi di mc di gas all’anno, un anno non basta per decidere se 70 ettari possono essere più o meno tutelati.

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