Le aziende che si difendono (da sole) dall’alluvione Seguici su Telegram e resta aggiornato C’è chi ha alzato muri, chi ha creato argini artificiali. Chi sta progettando un “parco-spugna” che possa fungere da cassa di laminazione. C’è chi ha preparato piani di evacuazione nei minimi dettagli, così da mettere in sicurezza il patrimonio aziendale in caso di bisogno. C’è anche chi – purtroppo – ha preferito andarsene, come la multinazionale che per mesi ha tenuto sulle spine decine di famiglie per la chiusura dell’ex Farmografica di Cervia. Sono diverse le strategie delle aziende ai tempi delle alluvioni – ora da utilizzare rigorosamente al plurale – che abbiamo raccontato nel “primo piano” dell’ultimo numero del nostro settimanale. Tutte con un altrettanto inquietante punto in Comune: i soldi dallo Stato, che aveva promesso di risarcire il 100 percento, non si sono praticamente visti. I più “fortunati” hanno potuto contare su una buona assicurazione. Altri hanno invece chiuso un occhio, si fa per dire, grazie alle spalle larghe (leggi fatturati). Ma la desolante realtà è che sul pubblico – tutti pare siano concordi – non si può fare affidamento. Senza troppe distinzioni, perché due (barra tre) alluvioni in poco più di un anno sono difficili da giustificare, che tu sia la Regione, il Comune o lo Stato o chiunque debba tenere sotto controllo fiumi che anche nelle foto sui social di questi giorni continuano a riempirsi di tronchi, tra l’altro, con i cittadini allarmati e le istituzioni che cercano di tranquillizzare parlando di interventi imminenti per la rimozione. Peggio di un’alluvione, ha scritto qualcuno, probabilmente c’è solo un’alluvione in campagna elettorale, che da queste parti tra l’altro sarà ancora lunga. Una campagna elettorale che agli occhi dei cittadini comuni non può che infastidire, sul tema alluvione, da qualunque parte la si guardi, che tu voglia prendertela con il Governo nazionale di centrodestra o con quello locale di centrosinistra. Che la colpa sia della burocrazia o della mancata manutenzione, poco importa. La gente – giustamente, questa volta – vuole interventi concreti. E si chiede perché non siano stati fatti in questi decenni. E, ancora, vuole probabilmente un sindaco come quello di Faenza che, magari in ritardo, batte però i pugni sul tavolo e dice “ora basta”, senza troppi rimpalli di responsabilità. Perché tanto lo sappiamo già: la procura indaga, le indagini faranno il loro corso, ma di certo, come al solito, la colpa alla fine non sarà stata di nessuno. Total0 0 0 0 Forse può interessarti... Le multe non sono uguali per tutti Faenza fa da sola, uno strappo rischioso Musica e fotografia si occupano di ricordare l’alluvione Seguici su Telegram e resta aggiornato leggi gli altri editoriali