«Siamo contrari all’ora di religione Ma i nostri figli la fanno…»

I timori dietro una scelta apparentemente contraddittoria. E una docente sottolinea: «Quelli scelti dalla Curia non sono prof come noi»

«Quello che mi infastidisce è che agli occhi dei genitori vengono considerati professori come noi, quando invece alcuni non hanno neanche la laurea. Noi abbiamo sudato per arrivare fino a qui, superando esami e graduatorie, loro invece vengono scelti in tutto altro modo, guadagnano probabilmente anche di più e spesso i genitori non lo sanno neppure». Lo sfogo è di una insegnante di una scuola media del Ravennate, che preferisce restare anonima ma che ci tiene a non essere considerata alla stregua di una docente di religione. «Si fanno chiamare anche prof dagli studenti e non trovo sia molto giusto…». Nonostante tutto, però, lei in primis non se l’è sentita di esonerare il figlio dall’insegnamento della religione alle elementari. «Io e mio marito siamo atei, ma insieme abbiamo pensato che fosse troppo piccolo per spiegargli i motivi per cui non gli facevamo fare quell’ora di lezione insieme ai suoi compagni di classe. Certo, la scuola pubblica dovrebbe essere laica e non insegnare la religione cattolica, ma siamo in Italia e qui va così. E scegliere di non far fare religione ai propri figli ha come risultato solo quello di farci spendere di più a tutti, alla collettività, per i professori che devono garantire l’attività didattica nelle ore alternative». Ecco, da insegnante ha mai assistito a problematiche in questo senso? «No, ho sempre visto gli studenti esonerati fare attività didattiche extra, durante le ore alternative, anche molto interessanti. Anzi, spesso i docenti di religione arrivano a essere quasi invidiosi del fatto che durante le loro ore ci sia un’alternativa così interessante…».

Quella di far fare religione ai figli anche se non si crede o si è addirittura ideologicamente contrari è per la verità una scelta molto comune, dettata da ragioni di timore (e se mio figlio è da solo?), semplice conformismo o questioni personali e familiari. «Abbiamo iscritto i nostri figli all’ora di religione, alle elementari, per evitare di dare un dispiacere alla loro unica nonna, che ci teneva molto, consapevoli che questo era incoerente con le nostre convinzioni e quindi sì, è capitato che ci siamo trovati, in casa, a spiegare a nostro figlio che noi non credevamo fosse vero quello che gli era stato raccontato in merito, per esempio, alla creazione del mondo». Loro sono una delle tante coppie che pur essendo non credenti hanno scelto, per quieto vivere familiare, di far fare religione ai figli. Moltissime altre lo fanno per il timore che i bambini possano essere da soli, perché in effetti al momento della scelta non è dato sapere se altri compagni faranno la stessa richiesta. «In generale – proseguono – la cosa non ci ha causato problemi. Il piccolo, che è ora in prima elementare, non ha forse nemmeno ancora capito cosa sia la materia. Per il grande, alle medie, avevamo pensato di poter chiedere l’esonero, ma ci ha molto scoraggiato il fatto che non ci fosse alcuna certezza sulla formazione alternativa…». In effetti fu proprio di una scuola media che ci occupammo qualche anno fa, raccontando la battaglia di una madre per ottenere l’attività alternativa per il figlio (vedi articoli correlati). Il problema si risolve alle superiori quando è diffuso il costume di chiedere lo studio individuale o l’esonero totale da scuola.

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