Il Grande Albergo occupato dai nazisti, il bordello sfumato e il dancing Le Ruote

Ecco cosa è successo negli ultimi 80 anni sui tremila mq a Marina di Ravenna che ospiteranno la torre Xenos da 54 metri con una Rta

I tedeschi volevano le chiavi dell’albergo. La custode rispose che non poteva consegnarle senza il permesso dal gestore. Allora le fecero notare le uniformi militari del Terzo Reich e le armi. Non ci fu altro da dire: così i nazisti a settembre 1943 presero possesso del Grande Albergo Pineta a Marina di Ravenna. Sorgeva proprio dove ora si vuole costruire lo Xenos Suite Hotel e, come una specie di dejavu, aveva 44 camere come 44 saranno le suite della nuova opera. Le analogie finiscono qui perché quella era una villa in stile liberty di tre piani e questo sarà una torre di quattordici. Avrebbero potuto avere una somiglianza nel nome se non fosse stato per quella legge del 1940 che imponeva l’uso esclusivo di vocaboli italiani e trasformò la vecchia dicitura Grand Hotel in Grande Albergo. Nella primavera del ’44 i tedeschi lo rasero al suolo per ragioni belliche temendo uno sbarco nemico dal mare. Era stato inaugurato nel 1930, costruito dalla Cmc per iniziativa dell’Azienda autonoma di soggiorno e turismo di Ravenna (Aastra) costituita dal Governo nel 1927. Dopo le prime spartane locande fu l’opera che riuscì a caratterizzare lo sviluppo turistico della località. I primi due anni di gestione con un albergatore privato poi l’Aastra lo affidò all’agenzia turistica Movila di Praga e così la spiaggia divenne meta di una «distinta colonia di cecoslovacchi», scrissero le pubblicazioni dell’epoca.

Terminato il conflitto bellico l’Aastra decisa di realizzare in quel lotto (2.040 mq) di sua proprietà un luogo di attrazione turistica e nel 1960 nacque il Circolo Forestieri, pensato già dal nome per i villeggianti con un ufficio informazioni. Fin quando conservò la sua vocazione più culturale non ebbe grande fortuna. La svolta arrivò con Dante Rivola, ciclista imolese gregario di Gino Bartali che imboccò la via dell’intrattenimento danzante nonostante la località avesse già due dancing: il Joli (oggi Santa Fè) e la Grottaverde (abbattuto nel 2009 per fare spazio ad appartamenti). Nacque così Le Ruote che divenne poi Xenos, dal greco straniero. L’azienda di soggiorno fu poi sciolta e l’ex Circolo Forestieri passò alla Azienda di promozione turistica (Apt) a sua volta sciolta nel 1993. L’immobile così finì nel patrimonio della Provincia. A novembre 2004 si concluse una complessa vicenda contrattuale e l’ente di Piazza Caduti decise di vendere il lotto per capitalizzare. Non rinnovò più il contratto di locazione all’agenzia immobiliare Lidi Mare che aveva la sua sede in quell’edificio (rifiutando le offerte di acquisto dei locali) e emanò un bando per la vendita al miglior offerente (risultata poi la società Comway, vedi tra i correlati). A rendere appetibile l’area fu soprattutto la premialità di volumetrie (concesse dagli strumenti urbanistici del Comune) per chi poi avrebbe costruito sul lotto dopo l’aggiudicazione. Una sola l’offerta pervenuta per quella gara (Comway).

Ma per comporre l’intera superficie del lotto che dovrà ospitare la torre Xenos occorre aggiungere un altro tassello. La parte più a sud affacciata su viale delle Nazioni era un tempo un’area distinta che ospitava l’Hotel Internazionale. Cominciò la sua attività negli anni ’50: il proprietario dell’epoca era intenzionato a lanciarlo come casa di tolleranza ma la legge Merlin lo anticipò e ne venne un albergo. Che poi passò alla famiglia Amorati. Ma l’ultima gestione prima della chiusura a maggio 2003 fu quella della famiglia Zambonini cominciata nel 1980 acquistando l’immobile dagli Amorati come investimento di un’eredità. Comprato per circa 250 milioni di lire dalla società che riuniva Miranda Chiavegatti e i tre figli Riccardo, Enrico e Alberto Zambonini, originari della provincia di Rovigo. Con una spesa di quasi il doppio i tre piani vennero ristrutturati da cima a fondo a opera della Cmc per farne 28 camere con bagno autonomo e una cucina con gli standard più moderni dell’epoca. I ruggenti anni Ottanta portarono il turismo delle famiglie e gran soldi. Il piano terra ospitò poi un pub e nell’ultimo periodo un ristorante messicano. Ma il boom della movida scatenata (lo Xenos era una discoteca gettonatissima) allontanò le famiglie dalla località diventata territorio di giovani e così, con una valutazione di due milioni di euro, la famiglia Zambonini lo vendette all’inizio del 2005. Nella compagine societaria entrò la Eos, società riconducibile alla famiglia di Giuseppe Musca. Il passaggio con una permuta di società: ai Zambonini andò la Alfa, costituita da Musca il 12 novembre 2004 e proprietaria di diversi immobili. Nel 2007 l’Internazionale passò alla Comway.

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