Gualmini (Regione): «Sempre meno giovani devono sostenere sempre più anziani»

La vicepresidente dell’Emilia-Romagna con delega al Welfare: «Trovare un modello sostenibile è la sfida del futuro»

OTTO E MEZZO

Elisabetta Gualmini

Elisabetta Gualmini, professore ordinario di Scienza Politica all’Università di Bologna, è vicepresidente della Regione Emilia-Romagna con delega al Welfare. Abbiamo chiesto a lei alcune riflessioni sull’invecchiamento della popolazione e sulle politiche regionali per fare fronte ai cambiamenti demografici.

Il numero degli anziani rispetto ai giovani in Emilia-Romagna è in costante aumento, come vi ponete davanti a questa questione?
«L’Emilia-Romagna ha una delle popolazioni più longeve d’Italia, con indici sopra la media nazionale. Gli anziani residenti in regione sono oltre un milione, pari al 23,7 percento del totale della popolazione regionale. Gli ultrasettantacinquenni sono 560mila (12,6 percento della popolazione complessiva) e  nel 2035 saranno 625mila (14 percento). Tuttavia quello emiliano-romagnolo è un invecchiamento oltre la media nazionale non solo per indici demografici: in questa regione infatti c’è una popolazione anziana più sana che nel resto d’Italia, dove più del 50 percento degli over 65 pratica sport e circa il 30 percento delle donne pratica una qualche attività fisica. Quella emiliano-romagnola è poi una terza età che pratica molto volontariato e legge più quotidiani e libri della media nazionale. Nonostante le difficoltà nei bilanci degli enti pubblici di questi ultimi anni, credo che il sistema di welfare abbia retto e sull’invecchiamento attivo della popolazione sia stato fatto molto».

Che attività promuove la Regione per gli anziani?
«L’Emilia-Romagna ha istituito da tempo il Fondo per la non autosufficienza: è un fondo unico in Italia sia per la quantità di risorse impegnate, nel 2016 sono quasi 430  milioni di euro, che per la rete dei servizi attivi. Attraverso questo fondo finanziamo interventi per le persone in condizioni di non autosufficienza e per coloro che se ne prendono cura, puntando sempre di più a far rimanere la persona nel proprio domicilio attraverso assistenza domiciliare e assegno di cura. La rete dei servizi, molto variegata, comprende anche strutture residenziali o semiresidenziali. Tra gli altri interventi poi ricordo il fondo regionale per abbattere le barriere architettoniche in edifici privati, che abbiamo riattivato a partire dal 2014. Ancora, la prima legge regionale in Italia sui Caregiver, a cui sono seguite le linee guida approvate quest’anno. Con questa legge riconosciamo il ruolo del Caregiver, ossia di chi assiste familiari non autosufficienti, anziani, malati o disabili. Tutto questo lavoro trova una regia nel Par, il piano regionale per gli anziani, che fa la sintesi di quanto le varie direzioni della Regione attuano per gli anziani: non solo welfare e sanità, ma anche commercio, turismo, attività produttive e formazione».

Che tipo di impatto hanno gli anziani sui bilanci del wellfare?
«Il problema non è tanto l’invecchiamento, ma quanto la popolazione più longeva sia ‘dipendente’ dai giovani: sempre meno giovani (e sempre più poveri) devono sostenere i servizi di una quantità di anziani che aumentano in modo esponenziale. La sfida che stiamo affrontando riguarda l’equilibrio per trovare un modello di welfare sostenibile nei prossimi anni».

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