Mario Salvagiani, dolcezza senza pari e sapienza arricchite di fine ironia

Riceviamo e pubblichiamo questo ricordo di Mariella Busi De Logu dell’intellettuale e dirigente culturale ravennate recentemente scomparso

Mario SalvagianiA volte a Ravenna accadono eventi, o meglio, si formano fucine che tentano e riescono, ad alzare il tono assopito dell’arte e della cultura. Quando, alla fine degli anni ’50 arrivai a Ravenna, il centro di produzione di idee e di attività culturali e sociali all’avanguardia aveva la sua fucina al bar Byron. In quel luogo si fondevano metalli preziosi destinati a costruire personaggi legati al mito.
Due tra tutti: Carlo Bubani, il principale creatore del festival “Ravenna Jazz” e Giulio Guberti, ovvero il grande appassionato d’arte che aprì le porte di Ravenna all’arte contemporanea costruendo mostre coraggiose e la bellissima rivista “La Tradizione del Nuovo”. Contemporaneamente all’Istituto per Ragionieri “Ginanni” prendeva corpo un gruppo di docenti di rara intelligenza e cultura. Tra questi ricordo il poeta Mario Bolognesi, Ennio Dirani che poi dirigerà la Biblioteca Oriani e Mario Salvagiani che orienterà le vocazioni culturali e artistiche di questa città.

E qui mi fermo perché in questo momento voglio ricordare Mario Salvagiani nell’ultimo periodo della sua vita, quando il suo sguardo ha ceduto il passo ad una dolcezza senza pari e la sua sapienza si è arricchita di fine ironia. Queste le parole di Luisa Mariani, un’amica comune, quando le ho annunciato la sua scomparsa: «Che dolore! Non immaginavo che mi spiacesse così. Lo conoscevamo da relativamente poco, ma c’era stata subito reciproca simpatia e sintonia. Ricordo i suoi occhi sorridenti e buoni e il filo di voce che ricamava contenuti forti… L’ultima volta che siamo venuti l’abbiamo incontrato per strada, già molto affaticato. Anche allora abbraccio, sorriso dolce e parole sussurrate e preziose».

Infine so di fargli un regalo ricordando Marisa, la compagna di una vita. Spesso, quando ci incontravamo, mi faceva vedere la sua fotografia perché era orgoglioso di tanta bellezza. Quando presentammo l’associazione del DisOrdine salì anche lui nel bellissimo terrazzo che tanto tempo prima, Marisa mi aveva “donato” e anche quel pomeriggio, agli amici seduti vicino a lui, raccontò sottovoce gli episodi che lo avevano visto protagonista del percorso culturale e artistico della città. Arricchì gli episodi con sottile ironia e modestia. Nutriva particolare simpatia e profondo affetto per mio marito e quando al sabato sera andavamo a cena alla Gardella si sedevano vicini e chiaccheravano e ridevano di tempi lontani quando bellezza, simpatia e intelligenza rendevano liete e preziose e ricche di seduzione le loro giornate.

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