giovedì
03 Luglio 2025
il caso

Capanni balneari, l’Ordine degli architetti chiede un vincolo di salvaguardia

In una lettera inviata al Comune di Ravenna, che intanto prepara un bando

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L’Ordine degli Architetti della provincia chiede al Comune di Ravenna di introdurre un vincolo di salvaguardia per i 74 capanni balneari rimasti sulle spiagge – in maggior parte tra Marina Romea, Marina di Ravenna e Punta Marina – senza modificare la loro posizione attuale. Il sollecito per l’amministrazione comunale è di tutelare non solo pochi capanni, come se venissero messi in un museo, ma tutti quelli ancora esistenti per il loro «alto valore storico-testimoniale, identitario e paesaggistico».

La richiesta di tutela è contenuta in una lettera inviata il 9 maggio scorso. Gli Architetti hanno inviato alla pubblica amministrazione una relazione firmata da un’architetta e un ingegnere: «L’attuazione del Piano Regolatore della spiaggia di Marina nel 1930 prevedeva la costruzione e le modalità di edificazione di “capanne private”, al fine di “raggiungere la completa valorizzazione della spiaggia”». Manufatti simili erano già visibili in svariate località balneari del Paese e oggi per il litorale ravennate sono testimonianza di un turismo di prossimità, accessibile a tutti: «Erano un’alternativa leggera alla spiaggia attrezzata che è andata avanti con nuove costruzioni fino agli anni Settanta, frequentati soprattutto dai ceti meno abbienti che si spostavano in bicicletta e non potevano permettersi il costo dello stabilimento».

Il valore paesaggistico dei capanni è rimarcato dalla loro presenza nell’arte, come soggetti di opere pittoriche e fotografiche di artisti locali e nazionali: gli Architetti citano Giovanni Fattori, Carlo Carrà, Walter Lazzaro, Ottone Rosa e Luigi Ghirri.

L’iniziativa dell’Ordine professionale è conseguente all’ordinanza del Comune che impone l’abbattimento di tutte le strutture perché ritenute prive di un titolo autorizzativo che consenta la loro permanenza su un suolo di proprietà demaniale. Il 9 febbraio scorso il Comune ha inviato una lettera all’associazione che riunisce i 94 proprietari dei 74 capanni: chi ha documentazione che legittima l’occupazione del demanio marittimo lo dimostri, gli altri dovevano abbattere tutto entro il 30 aprile. Il termine è stato poi posticipato all’8 dicembre prossimo (ma le operazioni di demolizione non potranno iniziare prima del 23 settembre) dopo che la protesta dei capannisti ha portato il Comune a interpellare il Parco del Delta.

Le zone dove sorgono i piccoli chalet rientrano nei confini del Parco del Delta del Po (da non confondere con il Parco marittimo che è invece la denominazione del progetto urbanistico da 17 milioni di euro per la riqualificazione degli stradelli retrodunali sui nove lidi). La maggior parte sono in quella che viene chiamata area Rete Natura 2000: sono consentiti insediamenti e attività umane che non impattano sull’ambiente naturale. Una decina di capanni invece sono in quella che è nota come “Zona B”: vietato ogni accesso. È vero che i capanni sono lì da prima che qualcuno codificasse la zona B, quindi se fossero strutture fisse senza accesso potrebbero restare. Ma la frequentazione del capanno porta persone a calpestare le dune che invece vanno protette (le passerelle in legno sopraelevate sono state realizzate apposta).

A febbraio la giunta comunale ha incaricato il dirigente del servizio Tutela ambiente e territorio per eseguire una Valutazione di incidenza ambientale (Vinca) al fine di individuare le posizioni concessionabili nel rispetto delle direttive Ue e delle norme del Parco del Delta del Po. In buona sostanza gli uffici comunali passeranno in rassegna le attuali 74 posizioni e valuteranno quali di queste hanno impatto sulla natura circostante. Sarà poi predisposto un bando per l’individuazione di un soggetto giuridico senza fini di lucro, che mantenga viva la tradizione dei capanni balneari e si impegni in iniziative sociali e culturali. Il candidato principale è ovviamente l’Associazione Capannisti. Il bando dovrebbe uscire in estate e gli Architetti chiedono che questo preveda il vincolo di conservazione di tutte le postazioni.

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