Il circolo vizioso dei ripascimenti stagionali

Quasi ogni anno sul litorale ravennate si recupera la sabbia trascinata al largo dalle mareggiate, per riportarla a riva. Ma la durata e i costi di queste operazioni sono sempre più insostenibili

Ingressione Marina 2

I ripascimenti morbidi sono la strategia più comune in Italia per fronteggiare l’erosione costiera. Il concetto è semplice: dove la spiaggia si è accorciata a causa delle mareggiate, si va a recuperare la sabbia al largo per riallungare il litorale. Nel ravennate questi lavori sono molto frequenti e l’ultimo risale alla scorsa primavera, nell’ambito del “Progettone 4” della Regione che ha interessato 11 chilometri di costa in sette località romagnole, tra cui Lido di Dante, Punta Marina e Milano Marittima.

La sabbia è stata recuperata a 40 miglia dalla costa e ne sono stati utilizzati circa 10 metri cubi per ogni metro lineare di spiaggia. Questo tipo di lavoro è definito in molti modi diversi: ripascimento stagionale, riprofilatura della spiaggia, riequilibrio del litorale. Si tratta di interventi periodici, effettuati di solito prima dell’inizio della stagione balneare e in prossimità delle elezioni, che eliminano il sintomo (l’accorciamento della spiaggia) e non la causa del problema (l’erosione costiera). Il loro scopo principale è quello di preservare il settore del turismo balneare, la cui sopravvivenza dipende dall’esistenza della spiaggia.

Tuttavia, si tratta di un’operazione piuttosto effimera: la sabbia al largo ha infatti una granulometria più fine rispetto a quella rimasta a riva; e proprio per questo è stata trascinata via facilmente dalle onde. Di conseguenza, alla prima mareggiata invernale se ne tornerà lontano.

In questo modo si innesca un circolo vizioso di ripascimenti stagionali, che vedono stanziare ogni anno ingenti risorse pubbliche, talvolta con il contributo degli imprenditori balneari che beneficiano dell’allungamento della spiaggia. Ma con l’innalzamento del mare in corso e gli eventi meteorologici estremi sempre più frequenti e intensi a causa della crisi climatica, c’è da chiedersi per quanto tempo ancora questa strategia sarà sostenibile economicamente.

Un’alternativa più duratura rispetto ai ripascimenti morbidi è l’utilizzo di sabbia più grossa, proveniente dalle cave terrestri; tuttavia queste operazioni sono meno frequenti poiché hanno un costo maggiore dovuto al trasporto via camion. Inoltre la sabbia di cava è una materia prima sempre più rara, essendo richiesta in molte parti del mondo per affrontare l’innalzamento del mare o per ampliare stati piccoli e ricchi come Singapore, Hong Kong e il Principato di Monaco. Per questi motivi, il traffico di sabbia è diventato il terzo mercato illegale al mondo per valore economico, dietro solo a quello della droga e delle merci contraffatte.

Altre strategie più stabili contro l’erosione costiera sono le opere rigide di difesa, come le scogliere frangiflutti presenti in molti tratti della costa ravennate o l’innovativa barriera di ostriche e sabellaria che sarà costruita al largo della foce del Bevano, di cui abbiamo già parlato in questa rubrica. Tornando ai ripascimenti, a Marina Romea ne è stato fatto uno con una tecnica particolare: per innalzare la duna invernale a protezione degli stabilimenti balneari, anziché ammucchiare la sabbia presente sul posto – che sarebbe stata insufficiente, dato che questo tratto di spiaggia è in grave erosione – è stata trasportata apposta da Porto Corsini, dove invece ce n’è in abbondanza. Prima dell’estate la duna sarà spianata dalle ruspe, in modo da lasciare la sabbia aggiuntiva dove mancava. Ma anche in questo caso sarà presto portata via dalle onde.

Nel 2024 il Comune di Ravenna ha speso 700 mila euro per erigere la duna invernale lungo i suoi venti chilometri di litorale. La cifra è stata maggiore di 200 mila euro rispetto agli anni precedenti, a causa dei rincari sui costi dei lavori e sulla quantità di sabbia da trasportare. Peraltro Eni ha smesso di farsi carico della metà della spesa, come prevedeva l’accordo di compensazione per le sue attività offshore di estrazione di metano, che contribuiscono alla subsidenza e quindi all’aggravarsi dell’erosione.

L’accordo veniva siglato dal 1991, ma ad oggi non è stato rinnovato, lasciando tutti i costi di difesa e di ripascimento del litorale a carico dell’amministrazione comunale. Costi che nel frattempo aumentano di anno in anno, e che rendono necessario ripensare le strategie con cui si affronta l’erosione costiera.

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