Il senso di quella delicata e potente nostalgia del passato

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Gli esseri umani sono convinti da sempre che il meglio sia già passato. Per gli antichi greci, nel momento in cui nascono Zeus e la civiltà greca l’età del – l’oro dei Titani è già finita. Platone nel Politico rimpiangeva i lontani tempi in cui l’uomo viveva sotto la protezione degli dei, in armonia con la natura e gli uomini erano “liberi di dedicarsi all’amore per la sapienza”.
Per Dante i tempi d’oro erano quelli di Virgilio, per Čechov quelli di Puskin e scriveva riferendosi agli scrittori passati: «se loro erano vodka, noi siamo solo limonata», e dire che parlava di lui, Tolstoj e Dostoevskij, insomma non proprio limonata…
Esiste sempre un passato abbastanza lontano da far sì che nessuno possa ricordarlo abbastanza bene per non deformarne la memoria. Anche il passato peggiore ci ricorda i beati anni della nostra infanzia.

Il protagonista de L’insostenibile leggerezza dell’essere Kundera racconta la nostalgia degli anni ’30, quelli dell’ascesa del nazismo, nonostante il nazismo avesse ucciso molti suoi parenti. Perché, scriveva: «La luce rossastra del tramonto illumina ogni cosa di nostalgia, anche la ghigliottina».

Nabokov ne Il dono si interroga sull’insensato dolore che ci tiene legati al passato, anche quando lo detestiamo, per questo soffriamo anche a lasciare un luogo in cui siamo stati male, o una persona che detestiamo. Il passato è un luogo comodo, perché non può cambiare. È noto, stabile e tranquillizzante. Per questo in tempi incerti torna prepotentemente il suo immaginario a coccolarci.

Oggi siamo invasi dalla nostalgia degli anni ’80 e ’90, con serie tv (da Stranger Things a Pam & Tommy), fino ai continui remake di film di successo (da Ghostbusters a Matrix). Sono usciti due saggi molto interessanti sull’argomento, uno è Yesterday – Filosofia della nostalgia (Ponte alle Grazie) di Lucrezia Ercoli, che parla di cosa ci rende dipendenti da questo sentimento doloroso e piacevole al tempo stesso, l’altro è Il grande libro del vintage (Il Saggiatore) di Sabina Minardi (che è stato ospite a “Il Tempo Ritrovato” il 23 febbraio scorso) incentrato sull’oggetto come transfert emotivo e feticcio del passato.
Insomma, come diceva Don Draper in Mad Men: «per vendere un prodotto non c’è niente di meglio della nostalgia. Delicata e potente».

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