Si può insegnare a scrivere?

Mario Vargas Llosa

Mario Vargas Llosa

Nel 1965 un giovanissimo Mario Vargas Llosa ventiseienne fu mandato dal giornale “l’Expreso” a intervistare un mostro sacro della letteratura, Julio Cortázar.
Con voce intimidita da quello che era in quegli anni lo scrittore più popolare dell’America Latina il giovane cronista voleva chiedere un consiglio al grande maestro, ma non si azzardava, e allora pose la domanda facendo finta di niente.

«Se un ragazzo venisse a trovarla e le chiedesse: “Voglio diventare scrittore, mi dica cosa devo fare”, lei che risponderebbe?». La risposta non fu incoraggiante: «A mo’ dei maestri zen, cercherei di rompergli una sedia sulla testa. È possibile che il giovane sudamericano capisca cosa c’è oltre la sediata, ma se, nonostante tutto, la risposta non gli fosse chiara, gli direi che il solo fatto di chieder consigli ad altri in materia letteraria dimostra la mancanza di una vera vocazione. Potrebbe anche darsi che la sediata sia mortale e allora ci sarebbe un epigono in meno».
Mario Vargas Llosa vincerà poi il Nobel per la letteratura, non sappiamo se fu perché sopravvisse alla sediata di Cortázar.

Julio Cortázar

Julio Cortázar

È possibile insegnare a scrivere? Il dibattito è aperto e controverso. È uscito in questi giorni un saggio di Vanni Santoni intitolato La scrittura non si insegna (minimum fax) in cui lo scrittore toscano racconta una controstoria della scrittura creativa.
Negli Usa oggi è difficile che sia pubblicato un romanzo di un autore non uscito da una scuola. In questi giorni sto leggendo Ohio di Stephen Markley e la sua biografia è una riga: si è diplomato all’Iowa Writer’s Workshop, questo è il suo primo romanzo.

In Italia il discorso è molto diverso. Da noi gli oppositori alle scuole di scrittura sono stati molti fin da subito: «è una cosa assolutamente sbagliata» diceva Mario Soldati, «meglio pensare a scuole di lettura» scriveva Luigi Malerba, «Si possono dare consigli, ma non insegnare a scrivere» proseguiva Natalia Ginzburg. Tra i favorevoli c’erano Fruttero e Lucentini che affermavano fosse «una normale materia di studio» e poteva essere trattata come le altre.

Il maggiore sostenitore dell’insegnamento della scrittura in Italia è stato Alessandro Baricco che fondò la scuola di scrittura Holden a Torino nel 1994.
Il rischio più grande è che chi frequenta una scuola abbia una scrittura “normalizzata”, meno personale e più standardizzata, critica spesso rivolta alla letteratura contemporanea americana. La stessa critica però si potrebbe rivolgere anche alla nostra letteratura, che pure non è molto legata alle scuole. Io penso che a omologare le scritture sia soprattutto il mercato, o meglio, l’idea che gli scrittori hanno di cosa può vendere e cosa no e quindi anestetizzate.

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