Scrivere ai tempi dell’AI. Se troppo artificio genera cliché e …noia

Chat GPT«La notte era fredda e buia, la luna piena illuminava appena la strada deserta. Camminava veloce, con il cappuccio ben calato sulla testa, nascondendo il volto. Era inseguito da ombre minacciose che gli risuonavano nella mente come un’eco lontana. Aveva bisogno di trovare un riparo, di scappare da quella realtà che lo aveva intrappolato».

Come vi suona quest’incipit? Come reagireste se vi dicessi che non l’ha scritto un essere umano?
Negli ultimi anni abbiamo visto la fantascienza alla Philip Dick diventare realtà con pandemie globali, ricchi che viaggiano con razzi nello spazio, farina di grilli nei supermercati, e ora il colpo di grazia: le intelligenze artificiali che scrivono romanzi.

Sembra ancora un po’ strano a dirlo, ma sappiamo per certezza che nel prossimo futuro usciranno in libreria romanzi scritti (forse sarebbe meglio dire “compilati”) da Intelligenze Artificiali. Già oggi è possibile testare la loro potenza in alcune forme fruibili a tutti come ChatGPT fondata dal diabolico Elon Musk.

Ovviamente sono subito andato a vedere come funziona e se, in quanto scrittore, devo sentirmi o meno minacciato da questa tecnologia. Gli ho dato l’istruzione molto generica di scrivere l’incipit di un romanzo e quello che avete letto all’inizio è il risultato. L’AI è in grado di produrre un testo formalmente ineccepibile che segue uno schema dato, ma c’era qualcosa che mi suonava strano nel leggerlo, anche se inizialmente non capivo cosa fosse. Dopo un paio di riletture mi è stato chiaro. Era esattamente quello che mi aspettavo. Non c’era niente di fuori posto, niente di originale. Era, parola per parola, quello che doveva essere, niente di più. Un compitino ben eseguito. Sembrava l’incipit del romanzo scritto da Snoopy nei Peanuts: «Era una notte buia e tempestosa». Il cliché degli incipit. Le previsioni si sa possono essere clamorosamente smentite dalla storia, ma credo che (se la tecnologia non viene radicalmente rivista) i libri compilati dalle AI saranno molto, ma molto noiosi. La bellezza dell’arte sta nella sua imperfezione, in cui possiamo vedere noi stessi. Se non c’è nemmeno una crepa la luce non può passare. E in quanto a imperfezione nessuno può essere meglio di noi.

PS: per capire meglio l’argomento consiglio due bei saggi, Macchine ingannevoli (Einaudi) di Simone Natale e Il dominio dei robot. Come l’intelligenza artificiale rivoluzionerà l’economia, la politica e la nostra vita (Il Saggiatore) di Martin Ford.

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