Carrère e la libertà della letteratura

Emmanuel CarrereCosa c’è di vero nella letteratura? È importante che un evento raccontato come vero sia effettivamente accaduto?
In Francia attorno a Yoga di Emmanuel Carrère si è creato un grande dibattito, che sinceramente fa anche un po’ invidia visto dall’Italia in cui invece il dibattito culturale pare ruotare solo sul gossip legato ai premi letterari.

Ogni opera dello scrittore di culto Carrère è in qualche modo un’autobiografia. Ci ha raccontato la storia di un assassino condannato all’ergastolo che conosce Emmanuel Carrère (L’avversario), lo tsunami durante le ferie di Emmanuel Carrère (Vite che non sono la mia), e addirittura la nascita del cristianesimo e la crisi di fede di Emmanuel Carrère (Il regno), insomma pare essere in grado di creare grandi romanzi attorno a qualsiasi argomento, a patto che ci sia lui.

Sono appena un paio i giorni che Emmanuel Carrère riesce a trascorrere al ritiro di yoga eppure questo basta per dare il titolo al suo ultimo romanzo edito da Adelphi. A interrompere la meditazione è la strage di Charlie Hebdo in cui lo scrittore perde un amico, notizia che lo sconvolge e lo costringe a tornare.
Seguono pagine molto crude in cui racconta la sua crisi personale, la sua depressione, i problemi con la ex moglie, le sedute di elettroshock a cui si sottopone.
La critica francese si è concentrata molto sulla inverosimiglianza di questi dettagli, che paiono spesso esagerati. L’ex moglie lo ha addirittura minacciato di fargli causa, perché è stata inserita nel romanzo, con il suo nome e cognome, senza che le venisse chiesto il permesso, e ha dichiarato alla stampa che molti episodi raccontati dall’autore sono inventati.

Uno scrittore è libero di raccontare la sua vita deformandola? Io credo proprio di sì, a me non importa nulla se Carrère ha o no subìto l’elettroshock, mi interessa che il suo alterego letterario ci si sia sottoposto.
La questione più spinosa è: può uno scrittore inserire nei suoi libri delle persone senza il loro consenso? Anche in questo caso mi viene da dare ragione a Carrère.
La letteratura non è cronaca. Non dovrebbe essere sottoposta ai criteri del giornalismo, ma vedremo cosa stabilirà la corte francese, nel caso l’ex moglie dovesse procedere per vie legali.

Cosa si può dire e cosa no in un romanzo? Questa domanda pare diventare sempre più frequente in questi anni di riflessione sulle minoranze, di me too e di quello che alcuni chiamano “politicamente corretto”.
Si può scrivere qualsiasi cosa? Ogni parola ha un peso, anche politico, soprattutto se a scriverla è un autore molto letto e conosciuto.
Detto questo è interessante leggere anche parole che vanno contro il senso comune, anche quando questo ci irrita. Che noia sarebbe la letteratura se ci desse sempre ragione?

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