Benni e Bertola, quando far ridere diventa raro e prezioso

Crisi economica, speculazione edilizia, truci episodi di cronaca nera, tutte cose da seppellire sotto una risata. Non manca nulla in Pane e tempesta, l’ultimo libro del maestro indiscusso del genere comico italiano Stefano Benni che ritrova appieno la cifra stilistica forse più amata dai suoi lettori.

Questa volta il Bar Sport è minacciato dalle ruspe che vogliono abbattere il bosco e inglobare il bar in un enorme centro commerciale. Un pretesto da cui si dipana un racconto come sempre fluviale, pantagruelico, zeppo di personaggi memorabili, protagonisti di storie che come mille rivoli distraggono dalla vicenda principale. Ma che importa, con Benni il piacere sta proprio nel perdersi, nel soffermarsi sul dettaglio, sull’ennesimo esilarante eccesso, e lasciarsi travolgere dalla valanga di iperboli che svelano, impietose, le bugie e le ipocrisie della società oggi, senza guardare in faccia a nessuno. Prendete il sermone di Velluti, politico del centrosinistra che appoggia la costruzione dell’insieme edilizio “virtuoso e geodinamico” su cui veglierà una grande antenna televisiva, che recita: «la nostra forza è nel cambiare e anche nel cambiare quello che volevamo cambiare, e quindi cambiare il cambiamento. Se non vogliamo far vincere la destra mercantile e populista, dobbiamo fare spazio a quello che c’è in mezzo. Io non so cosa c’è in mezzo, ma sento che è bello.» (Notare che Benni è bolognese, non starà mica pensando a qualche sindaco e qualche quartiere di periferia delle nostre parti, per caso?) E cosa dire del cosiddetto circo mediatico modello Cogne? Qui, a Montelfo, in un puzzolentissimo allevamento di galline un bambino di nove anni di nome Cino ha ucciso i genitori. «Dinamica del duplice omicidio: soffocamento mediante uovo sodo in bocca. Il bambino aveva nove anni ma pesava ottanta chili». La località diventa meta turistica, innocentisti e colpevolisti si scannano trovando le motivazioni più incredibili (che vanno dalla differenza etica delle galline alla retorica della Resistenza) e viene organizzato pure un festival di genere “Giallo come un tuorlo”. Non mancano le disfide enogastronomiche tra cuochi di fama e semplicemente spassose, poi, le preoccupazioni per la salute di tale Dow Jones dopo il crollo di Ualstrit. Insomma, non si salva nessuno, se non quelli che conservano il patrimonio dei racconti e della memoria tramandati da una generazione all’altra, racconti di chi da sempre è abituato a mangiare “pane e tempesta” e custodisce il segreto che può salvarci dalla barbarie culturale, politica e sociale che sta avanzando. E la cui rappresentazione plastica sta proprio nel modo in cui sono cambiati i bar. Basta vedere «l’anemia saccarifera che ha dimezzato e miniaturizzato il peso di paste e brioche. Paste come la Luisona non esistono quasi più, o vengono vendute come panettoni». Benni invece è rimasto il Benni che conoscevamo. Almeno lui.
Stefano Benni, Pane e tempesta, Feltrinelli

Siccome gli scrittori capaci di far veramente ridere chi legge sono rari e preziosi, vale la pena segnalare che quest’anno è uscito anche il nuovo libro di una delle autrici più divertenti della scena italiana: Stefania Bertola. La soavissima discordia dell’amore è un romanzo ancora una volta incentrato su un’amicizia femminile ed è ancora una volta raccontato con stile lieve e leggiadro dalla Bertola, pennellato con le tinte tenui di un acquerello capace di regalarci qualche ora di impalpabile, quasi terapeutico divertimento.
Stefania Bertola, La soavissima discordia dell’amore, Salani

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