Il samurai di Kitano, l’epica tra Kurosawa e i fratelli Marx

Ecco il samurai di Takeshi Kitano. Salutato come l’ennesimo capolavoro, il film è in effetti molto ben architettato: parte lentamente, ci presenta personaggi di cui non capiamo le convergenze, li salda tra loro con una naturalezza davvero magistrale, li coagula attorno a un nemico comune e arriva a un finale sorprendente e arioso.

Se le storie sulla yakuza hanno fatto da sfondo al Kitano tragico e pensoso (al suo eroe solitario in cerca di un’estetica perduta), questo divertissment in costume è il volto più solare che Kitano abbia mai mostrato al suo pubblico. Inevitabilmente, perché questo film è la stilizzazione di tutti gli altri, la radice mitologica, lontana, rappresentata, di tutti i racconti di Takeshi. Il regista realizza un film estremamente cerebrale, una cartolina che arriva da un passato formalizzato, l’unico passato che i nostri occhi sono in grado di vedere (Kitano cieco o finto cieco: la metafora è perfetta). Kitano è molto bravo a ribaltare i termini dell’epica samurai e i termini della sua stessa produzione precedente: è impossibile raccontare l’origine perché probabilmente non c’è origine, ma solo figurazione. Tutto è citazione: il musical involontario dei contadini (che ritroveremo nella splendida scena finale), il palese omaggio a Kurosawa nella scena della pioggia e tante gag degne dei fratelli Marx ci ricordano continuamente che stiamo guardano un film nato dopo 110 anni di cinema. Kitano ci fa volontariamente sentire il suono di tutti gli ingranaggi, perché questo suono pare essere il tema dominante. Tappa fatalmente obbligata, per Kitano, sollazzo per i cinefili che amano riflettere sul “meta-” (e si può aggiungere quasi qualsiasi sostantivo). Ci si chiede se, oltre a questo compiacimento, ci sia poi molto altro. Sulla risposta a questa domanda si potrebbe aprire un dibattito infinito, ma si può anche dire che la disgregazione di Brother, l’abbandono metafisico di Hana-Bi e i giochi orfani di senso di Sonatine avevano uno spessore ben diverso.

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