Come “narrare” senza ferire la storia

Mastro Titta E L'accusa Del SangueI romanzi storici hanno un fascino particolare.
A partire da Ivanhoe, centinaia di autori si sono cimentati con questa declinazione del narrare, che è stata incorporata dalla letteratura di genere, fino a diventarne un ramo importante.
Si possono sintetizzare due variabili: romanzi con personaggi immaginari che si muovono in periodi precisi del passato, con l’autore che ricostruisce con cura e attenzione l’ambientazione; oppure protagonisti realmente esistiti, che fanno anche altre cose rispetto a quello che raccontano le loro biografie.
Questa categoria, nella quale si sono incontrati anche un Aristotele che indaga nell’Atene del 300 avanti Cristo (della canadese Margareth Doody) e un Dante Alighieri “investigatore” (sette romanzi di Giulio Leoni), ha un proprio spazio particolare la figura di Giambattista Bugatti, soprannominato Mastro Titta.
È il boia più celebre dello Stato della Chiesa, morto nel 1869, a 90 anni, dopo aver eseguito 514 sentenze di morte.
Grazie alle proprie doti di narratore, Nicola Verde lo ha trasformato in un “eroe” che risolve enigmi e misteri; e, dopo il successo de Il vangelo del boia (Newton Compton 2017), ha mandato in libreria il romanzo Mastro Titta e l’accusa del sangue (F. Frilli Editori, 2021).
In una perfetta ricostruzione storica della Roma nel 1859 – l’anno del “grido di dolore” di Vittorio Emanuele II – Titta, affiancato da due amici, vuole scoprire che fine abbia fatto un bambino di pochi mesi, scomparso insieme alla balia.
Il bimbo è figlio di un ufficiale francese, ebreo, e si teme possa essere rimasto vittima di un “rito del sangue” che la superstizione, sobillata dalla parte più retriva del clero, affibbiava agli ebrei.
A quel primo evento drammatico, però, si aggiungono morti ed ammazzamenti che complicano le indagini; ma Bugatti riesce in ogni caso a concludere con successo.
Nicola Verde lavora con una documentazione imponente e sa raccontare con fluidità e realismo invidiabili, doti che gli consentono di mostrare una Roma corrotta e puzzolente, ma sempre meravigliosa, con il sole che splende sulla scalinata di Trinità dei Monti. E può far sì che le indagini di mastro Titta si incrocino con il celebre caso Mortara e le sue ripercussioni internazionali, mentre l’alleanza sardo-francese avanza a grandi passi verso la Seconda guerra d’indipendenza.
Nicola Verde dimostra come, pur usando il patto con il lettore per una sospensione dell’incredulità, si possa narrare una vicenda immaginaria senza “ferire” la storia (come vanno facendo troppe produzioni televisive presunto blasonate).

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