La trilogia di Lemaitre: oltre mille pagine che si leggono in un soffio

Sono oltre mille pagine. Eppure la trilogia di Pierre Lemaitre, con al centro il commissario parigino Camille Verhoeven, si legge in un soffio. D’accordo, non è realmente così, ma rende l’idea. Poliziotto indisciplinato e pieno di angosce, nonostante il suo metro e 45 centimetri d’altezza, Camille è decisamente un “gigante”. Non solo per il modo con cui risolve misteri e cattura assassini di una ferocia da far impallidire Hannibal Lecter; ma anche per la malasorte (più che sfortuna) che si accanisce sulla sua vita privata.Trilogia Con piglio quasi apodittico: “Irene”, “Alex” e “Camille” sono praticamente indispensabili nella libreria di un appassionato di polar o thriller. Servono però alcune “istruzioni per l’uso”, con una premessa: oggi i romanzi (il terzo bis, “Les Grands Moyens”, non si trova in italiano) si possono leggere nell’ordine giusto; originalmente Mondadori aveva mandato in libreria prima “Alex” e questo squinternava non tanto la cronologia, quanto la comprensione del personaggio e il lavoro sulla scrittura e la trama compiuto dall’autore. Non basta: il primo e l’ultimo, in originale, si intitolavano rispettivamente “Travail soigné” e “Sacrifices”: conveniva lasciare quei titoli, leggendoli si scopre il perché.
“Irene” è forse il più debole e farraginoso, nonostante la scelta di costruire un percorso con un assassino che colpisce citando celebri romanzi gialli. “Alex” è un affascinante gioco di sgambetti logici e cambi di prospettiva, che si apre con una donna rapita, rinchiusa da un aguzzino in una gabbia sospesa nel vuoto; per proseguire con ritmi adrenalinici e colpi di scena molto ben orchestrati. L’ultimo chiude il cerchio, ribaltando di nuovo i ruoli e completando il ritratto del commissario rimasto così piccolo a causa di una madre tabagista, straordinario disegnatore quanto lei è stata pittrice celebre. E in cerca di calore e affetto. A contrasto arrivano le descrizioni delle atrocità che gli assassini perpetrano sulle donne (in un paio di casi anche sugli uomini, ma in modo quasi “giustificato”). Forzando un po’, ma neppure troppo, questa trilogia richiama i primi romanzi di Jean-Denis Bruet Ferreol con il suo commissario Amédée Mallock.
La Francia e Parigi, anche in queste pagine, sono straordinarie.

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