Ma già prima di giugno: una saga senza il miele delle telenovelas

RinaldiCi sono romanzi che innescano scariche di adrenalina e istigano all’azione. Altri muovono i sentimenti dal profondo. Senza trucchi per sdilinquire, ma con la potenza della storia e la descrizione di azioni che fanno capire le emozioni. Non allungando la storia a colpi di «oddio, sto soffrendo», ma presentando una realtà dolorosa. Ad esempio così: «Se resto immobile, con la testa lievemente reclinata all’indietro, non sento male e così studio il giaciglio presente e il giaciglio passato spostando solo gli occhi, che ogni tanto per riposare ritornano al limite del soffitto e delle crepe che porta». Patrizia Rinaldi è tornata in libreria con un libro inconsueto, e in realtà atteso, Ma già prima di giugno (16,50 euro, e/o edizioni), dopo le storie della poliziotta ipovedente Blanca Occhiuzzi. Ed è tornata con un romanzo che abbandona il velo dei delitti napoletani per parlare di donne e memoria. Con un’affascinante inversione “storico narrativa”. Le protagoniste sono infatti una madre e la propria figlia. La prima, Maria Antonia, è descritta giovanissima quando deve affrontare drammi e intemperie potenti: dalla seconda guerra mondiale alle fuga dalle foibe (dove perde la vita il marito) ai terribili anni Cinquanta e Sessanta (altro che boom economico: disprezzo dei “nobili” ormai in povertà compreso). La seconda, Ena, entra in scena anziana, consumata ma indomita, costretta in un letto ortopedico per la fatale rottura del femore, certa di dover morire “prima di giugno”. Due donne forti, che il romanzo presenta con capitoli alternati, fin quasi a confondere il lettore di fronte alla potenza (appunto) dei loro sentimenti, così simili, così condivisi. Non mancano i tradimenti, di cuore e di politica, in una specie di saga familiare che non scivola mai nel miele delle telenovelas (anche scritte…) e che riesce a portare anche il sorriso. Patrizia Rinaldi, poi, ha lavorato ancora con il linguaggio, con la ricostruzione del proprio dialetto, con la “visualizzazione” delle difficoltà di espressione di chi ha, ad esempio, sofferto di ictus e l’ha miracolosamente sfangata. «Setto puzza di popposità. Hai occhi luccidi, pisciazzanti, la bocca piegata a muso veccio, Ena, peddi coppi».
Così leggere diventa veramente un’emozione, e porta alla commozione. Inutile aggiungere il consiglio: da non perdere. Ai noir penseremo un’altra volta.

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