Roma a mano armata: antologia di racconti da recuperare

NOVECENTO Calibro9L’editoria italiana è una specie di “morto che cammina”? E davvero si legge sempre meno? Alla seconda domanda ha risposto, meno di un mese fa, Pietro Biancardi, editore di Iperborea: in realtà le quote di lettura restano stabili (basse, certo), sono gli acquisti in libreria che diminuiscono. La crisi non allenta la propria morsa, dunque. Eppure, in una realtà così delicata, c’è chi vuole ancora a rischiare, lanciando nuove collane. È il caso di Novecento Editore, sulla scena dal 2001 (con volumi professionali), che a fine 2013 ha tentato la strada della cosiddetta “varia” con due collane di narrativa e affidandone una allo scrittore Paolo Roversi: “Calibro 9”.  La collana ha un’altra caratteristica, rara: valorizza i racconti. La metà dei titoli arrivati in libreria, appunto otto su sedici, è costituita da antologie a tema. Si è così iniziata una specie di geografia metropolitana del noir, con puntate oltre che a Milano, anche a Roma e a Genova. Guardiamo la capitale, oggi, e Roma a mano armata, volume uscito in gennaio. È un piccolo gioiello: sei racconti, scelti da due autori di lungo corso come Andrea Cotti e Luca Poldelmengo (ne firmano uno a testa), che hanno voluto al proprio fianco altre due firme solidissime, come Romano De Marco e Deborah Gambetta; e due esordienti di razza, Igor Artibani e Alessia Tripaldi. I punti di vista sono diversi, l’analisi degli anfratti della criminalità e del male, per così dire “spicciolo”, è comune. Violento e attento alla realtà come sempre, Poldelmengo, si muove fra pusher, papponi e poliziotti corrotti; a lui si collega il durissimo De Marco, che per la gioia dei lettori fa riapparire il suo Rinaldo Ferro, in un quartiere Laurentino da ripulire. Deborah Gambetta, poi, torna (finalmente) con l’ironia feroce e la scrittura cristallina di sempre, con un apparente “born loser” capitato a Roma controvoglia. Alessia Tripaldi indaga, ancora una volta usando il bisturi, nei meandri del Vaticano, dove più che mai i panni sporchi “devono” essere lavati in casa. Artibani arriva come una scintilla, in grado di illuminare non solo la casualità della violenza, ma anche la forza dell’affetto di un genitore per il figlio. Chiude, con un colpo da maestro, Andrea Cotti, che racconta di immigrazione e di giustizia vera, con uno straordinario vicequestore. Da cercare e recuperare.
* direttore del festival GialloLuna NeroNotte

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