Una piccola Italia, ma un libro gradevolissimo

Carlo MazzaSimbolo erotico e insieme segno di purezza, l’orchidea è uno fra i fiori più raffinati del pianeta. Quando poi lo si affianca alla letteratura di genere e ai gialli, non c’è santo che tenga: viene in mente solo un nome, quello di Nero Wolfe. Nella sua casa al 918 della 35esima strada, a New York, un intero piano è stato trasformato in serra, con le specie più affascinanti del mondo. Carlo Mazza, con il suo Il cromosoma dell’orchidea (edizioni e/o, collana Sabot/age), recupera il significato “ecologico” del fiore, per applicarlo anche alla politica, usando in parte il passo narrativo del grande Rex Stout; realizzando così un romanzo denuncia molto efficace e di gradevolissima lettura. Antonio Bosdaves, capitano dei carabinieri (lo si è già incontrato nel primo romanzo di Mazza, Lupi di fronte al mare) dalla vita non proprio tranquilla, vuole capire meglio come sia morto il suo amico ecologista Lorenzo Vinciguerra. Il caso è stato archiviato come suicidio, ma il capitano non è convinto. Intanto, o meglio, insieme a questo, nel piccolo comune pugliese (non specificato) dove Bosdaves vive e lavora, si sta arrivando alle elezioni amministrative; il sindaco Lovero, pur di essere riconfermato, punta a stringere un patto di ferro con un senatore potente, ammanigliato con palazzinari e “maghi” della speculazione edilizia. Alla faccia dell’assetto idrogeologico del territorio, sul quale vorrebbero aggiungere colate di cemento. Corruzioni, minacce, ricatti; politici incompetenti e spocchiosi, che riescono a isolare i colleghi onesti e impegnati. E non mancano note di “normale perversione”, con escort neppure di lusso, che collaborano nella circonvenzione di piccoli uomini in realtà inutili. Davvero una piccola Italia, riprodotta con attenzione e competenza, dove si può fare davvero di tutto per trasformare in edificabili alcuni terreni agricoli, per altro in una zona ad altissimo rischio alluvione. La trama regge, il tema indigna e, insieme, avvince. Tornando al riferimento iniziale: la scrittura di Carlo Mazza avvolge e scorre quasi placidamente, e i passaggi dal racconto in prima persona (il capitano) a quello in terza convincono e aiutano ad arrivare, insieme all’autore, alla consapevolezza del finale. Tutt’altro che consolatorio; duro com’è la realtà del Paese e purtroppo inevitabile. Fra tutti i personaggi (pochissimi quelli positivi, e non poteva essere altrimenti), spicca la giornalista Martina Bizantino, alla quale viene affidata la chiosa del romanzo. E la scoperta del “cromosoma” dell’orchidea, nelle ultime righe, diviene ancor più simbolica.

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