L’appassionante romanzo d’appendice rivive con Marcello Simoni

Simoni Prigione Della Monaca Senza Volto«La buona narratività è un tonico del sistema nervoso», annotava Umberto Eco quasi quarant’anni fa, analizzando il ritorno dell’intreccio come struttura letteraria.
La considerazione oggi è valida più che mai e Marcello Simoni, con il nuovo romanzo La prigione della monaca senza volto (Einaudi), dimostra di essere uno fra gli autori italiani più in grado di fornire questo “balsamo” al lettore.

L’inquisitore Girolamo Svampa si è arricchito di sfumature e di particolari ed è diventato talmente “eroe popolare”, tanto da riuscire a confrontarsi con un monumento della letteratura, I promessi sposi di Alessandro Manzoni e con uno fra i suoi personaggi più affascinanti in assoluto, la monaca di Monza (quella del titolo, appunto).
L’azione, dopo gli intrighi romani fra catacombe e idoli mostruosi del romanzo precedente, si sposta nella Milano del Seicento sempre articolata su due piani d’azione: il mistero di tre donne pietrificate; la spasmodica caccia a chi gli ha ucciso il padre.
Il male assume ancora una volta molti volti e sfaccettature, dimostrandosi davvero difficile da sconfiggere. Così, mentre risolve l’enigma e porta a compimento il primo percorso, apre anche la strada a un’altra narrazione.

Documentatissimo, puntiglioso senza essere pignolo e senza mai salire in cattedra (gli scrittori “professorini” sono insopportabili), Simoni tesse una tela intricata e solida e dimostra più che mai di saper gestire a meraviglia la struttura del romanzo d’appendice. Lo fa in modo esplicito, meglio di molti colleghi che sembrano voler dichiarare la propria indipendenza dai generi, mentre continua ad attingere a piene mani al repertorio che questi hanno codificato.

Simoni, dunque, è bravo. Pur non scrivendo “gialli”, utilizza la struttura della coppia di “investigatori”, ispirandosi alle declinazioni migliori (il classico Holmes-Watson, ma anche il duo Nero Wolfe-Archie Goodwin, che diventa trio con l’insostituibile Fritz Brenner).
Ancora: se con il secondo romanzo dello Svampa aveva inserito una meravigliosa coprotagonista, Margherita Basile, in questa terza avventura le regala maggiore spazio e importanza. Consolida i “cattivi”, sia quelli che vengono puniti, sia gli altri, che sembrano intoccabili. Non dimentica, infine, il fascino dell’esotico, altro cardine della letteratura popolare. Ed è in grado di confondere il lettore, per poi prenderlo per mano e rassicurarlo. Rispetta, infine, la regola aurea dell’intreccio: fare in modo che la soluzione dei misteri sorprenda come se fosse al di fuori delle possibilità di previsione, mentre in realtà è proprio come si desidera e ci si aspetta che capiti.

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