Il passaparola e l’ansia dell’ignoto Seguici su Telegram e resta aggiornato Caro Dottore, scrivo rispetto al presunto adescatore fuori dalle scuole medie “Don Minzoni”, che si è poi saputo essere una bufala, anche grazie al vostro giornale che è andato a vedere come stavano le cose. Ho letto nello scorso numero l’articolo di Alberizia, che mi trova d’accordo, ma mi domando come si costruiscono psicologicamente questi fenomeni. Perché un’ipotesi come quella del molestatore appunto, dilaga da telefono a telefono, per diventare una psicosi di massa tanto da allertare le forze dell’ordine? Lettera firmata Molte persone che hanno fatto l’università, ma vale per qualsiasi esperienza d’esame, ricordano la vigilia delle prove. La notte poteva capitare di non dormire, di essere agitati e immaginare lo scenario del giorno successivo. Fatto l’esame, quando si ritornava a casa, se ci si fermava pensare come si era effettivamente svolto l’esame, bisognava quasi sempre riconoscere che le cose erano andate in modo meno drammatico rispetto a quanto si temeva. Non so se conosce il gioco del passaparola. Consiste nel creare una fila di persone. La prima pensa ad una parola e la pronuncia sottovoce all’orecchio della seconda, la quale a sua volta la trasmette alla terza, e così via fino all’ultima della fila che la grida ad alta voce. Raramente la parola finale coincide con quella originaria: quella che il primo giocatore ha bisbigliato al secondo. Che sia solo una questione di volume a far si che la parola, persona dopo persona, si trasformi? Sicuramente il fatto di sentire poco bene complica la comunicazione ma è il soggettivo delle persone che contribuisce maggiormente a trasformare il vocabolo. Ognuno capisce a modo suo e ripete come gli sembra che sia. Così anche la notizia del molestatore, è cresciuta e forse si è trasformata, arricchita dalle ansie di ciascuno. L’esempio della paura dell’esame, ma più in generale di ciò che ci è sconosciuto, ci mostra come i nostri timori si innestino in quanto non conosciamo. L’ignoto, lo sconosciuto è duttile per modellarci i nostri fantasmi. Fantasmi ma anche sogni. Ai primi di ottobre una lettrice evidenziava come in una sua chat, in quel caso amorosa, ci fosse molta più vivacità che dal vero. La ragione anche in quel caso riguardava la possibilità di fantasticare e proiettare. Ma torniamo a noi, al caso del presunto maniaco. Qui le fantasie, il timore di non riuscire a proteggere a sufficienza, ma anche, e di segno opposto, i sentimenti negativi e rabbiosi, non socialmente dicibili, assieme all’influenza dei media, hanno annaffiato l’ansioso mondo interno delle mamme social. Total0 0 0 0 Seguici su Telegram e resta aggiornato leggi gli altri post di: Lo sguardo dello psicologo