Ho fatto un sogno, anzi ho avuto un brutto incubo

Sto camminando su questo ponte assurdo che scavalca una ferrovia. A destra e sinistra vetrine vuote, pronte per ospitare chissà quali negozi. Sotto di me il solito caos di automobili. Alla fine del ponte, ecco finalmente il quartiere moderno di questa città di cui purtroppo non riesco a ricordare il nome. Vedo scale mobili portare in un grande parcheggio sotterraneo ampiamente inutilizzato.Vedo gente dall?aria triste affollarsi all?interno di un centro commerciale alla ricerca di qualcosa che assomigli alla felicità. E vedo un anonimo parchetto come tanti e alcune panchine posizionate nelle vicinanze di un canale. Domina la zona un piccolo grattacielo dall’aria minacciosa. Man mano che avanzo e mi faccio largo tra gli edifici di questo moderno quartiere, le telecamere della videosorveglianza mi puntano, mi squadrano, mi osservano.
Di fronte a me appare un gruppo di uomini in divisa: il sole nero e l’aquila del loro berretto mi ricordano qualcosa. Poi sono a terra, mi hanno aggredito perché stavo bevendo una birra in zona vietata e perché lì da solo, sotto i portici, creavo un certo allarme sociale. Riesco con difficoltà a scappare e mi ritrovo tra un capannello di persone attorno ad un uomo che indossa una fascia tricolore e che pare stia inaugurando una targa all’ingresso di un condominio. Mi avvicino e leggo: “Vietato affittare ai transessuali”. La gente applaude. Non faccio in tempo a chiedere spiegazioni, però, che la mia attenzione è improvvisamente attirata da un lampo bianconero tra le siepi. È una zebra. La seguo e scopro con meraviglia un enorme parco pieno di zebre, mufloni, cervi, antilopi. Un bambino mi dice che ci sono anche ibis, emù e nandù, ma io non so proprio che cosa siano e mi chiedo che razza di zoosafari sia, senza neanche un animale serio come un leone, una tigre o un elefante. La mia mente continua a vagare e improvvisamente mi ritrovo catapultato in un gigantesco autodromo. Il rumore è assordante: in pista sfrecciano bolidi a motore, mentre su un palco sta cantando Laura Pausini.
Scappo disperato fino a ritrovarmi in un luogo ancor più strano, dove gente in giacca e cravatta sta tentando con un retino di catturare idrogeno e anidride carbonica. Devo essere finito nel bel mezzo di un tecnopolo. Speriamo che non sia pericoloso. Frastornato, mi rimetto in strada, tentando di vendere biomasse ai passanti e finendo per insultare la prima donna incinta che mi capita a tiro, giusto per poter finalmente vedere con i miei occhi il carcere di cui si parla tanto, senza dover perdere degli anni per chiedere il permesso alla direttrice, che tanto con i giornalisti non parla.
Sfinito, mi addormento sul pavimento della mia cella da sette metri quadrati.
Nella realtà, invece, mi risveglio. Per fortuna è stato solo un sogno. Vero?

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