Il sofferto interno familiare dipinto da Alessandro Piperno

Di Chi è La Colpa PipernoRomanzo di formazione, analisi sociologica, ricostruzione di un’epoca, racconto di dinamiche familiari. Nell’ultimo romanzo di Alessandro Piperno, Di chi è la colpa (Mondadori), tornano le grandi tematiche della sua narrativa in un racconto che si distingue innanzitutto per la lingua. Elegante, fluida, ironica ed elaborata insieme, la scrittura di Piperno ci racconta in prima persona i ricordi di giovinezza di un io narrante che nel frattempo è diventato scrittore, ha scelto di non avere figli e ha chiaramente gli strumenti per una lettura partecipe ma allo stesso tempo distante degli avvenimenti che narra.

E se all’inizio, tutto può sembrare così comune, la storia ben presto prenderà una piega che renderà anche l’esperienza del protagonista unica sotto vari aspetti, in primis nel momento di una tragedia che non può che condizionare la sua esistenza per gli anni a venire e nell’età adulta.
Ma non è naturalmente la trama l’elemento di forza di un libro che è invece un’indagine sui meccanismi e i sensi di colpa che un ragazzino o un bambino inevitabilmente sviluppa a fronte delle sofferenze dei genitori. E se all’inizio queste sofferenze possono sembrare quelle così comuni e quotidiane a tanti nuclei, l’evolvere della situazione lo metterà di fronte a dilemmi invece estremi. E tuttavia la colpa che sembra correre tra le pagine non è solo quella che ruota attorno all’evento focale del libro, ma piuttosto quella che sentiamo crescere in un bambino costretto a crescere tra silenzi e ombre.

L’interno giorno di Piperno in un appartamento della periferia di Roma è per certi versi straziante: le bollette, i litigi notturni dei genitori che rappresentano di fatto ormai una coppia male assortita che cerca di sopravvivere a un’unione che immaginiamo sia stata passionale e travolgente ma di cui non sappiamo nulla. Come l’io narrante, veniamo tenuti all’oscuro dei segreti di un personaggio centrale, quale la madre, che non farà mai in tempo a svelarsi del tutto e soprattutto a farlo in prima persona.

In queste omissioni e questi silenzi c’è la grandezza del libro che riesce anche a ricostruire un’epoca, a mettere a confronto ambienti sociali opposti, a raccontare la capitale tra gli anni Settanta e Ottanta, la ricchezza di lunga data di una famiglia ebrea e la difficoltà di chi invece deve fare quadrare i conti.
E in mezzo a tutto questo lo sguardo intelligente, ormai disincantato, del protagonista che si fa via via più cupo e pessimista e quella voce così abile nel tenerci incantati per vedere non solo o non tanto cosa accadrà, ma come sarà narrato, con qua li curvature Piperno darà forma a un groviglio di dilemmi esistenziali e insieme sociali che di per sé non hanno nulla di nuovo.

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