La gente “perbene” del nuovo Carlotto

E Verrà Un Altro Inverno

È un Massimo Carlotto che per certi versi non ti aspetti o non del tutto, quello di E verrà un altro inverno, edito da Rizzoli.
Un Carlotto che racconta ancora il delitto, ma quello a cui arriva la gente “perbene”, a differenza di ciò che ci ha narrato nei romanzi che l’hanno reso celebre per la capacità di raccontare il crimine organizzato soprattutto nel Nord est.

Gente “perbene” e anche “normale”, a differenza di quanto succedeva per esempio ne La signora della martedì, dove i protagonisti erano “estremi” e ai margini della società.

La vicenda si svolge in una valle del Nordest, molto vicina a Cortina che si prepara per i giochi olimpici, una serie di personaggi si trova coinvolta in un delitto che sembra capitare quasi per errore, ma che è di fatto dettato dalle logiche che muovono i vari protagonisti.
Logiche che quasi con naturalezza escono dal tracciato della legalità perché – ha raccontato Carlotto ospite di Scrittura Festival poche settimane fa – ormai il crimine è diventato una modalità pervasiva del paese, la connessione tra malaffare, impresa e politica è diventata sistema.

E così, sembra dirci Carlotto, non si salva più nessuno. Perché appunto il romanzo non è la storia di un crimine e di chi lo commette, ma un romanzo corale dove a interagire ci sono i “maggiorenti”, un termine che ci riporta a un modello di società classista e ottocentesca, e poi ci sono gli operai, gente senza titolo di studio che si ritrova senza lavoro o con lavori di scarsissima qualità perché ormai le grandi aziende hanno delocalizzato e ciò che resta è precario e malpagato (è di questi giorni del resto, la notizia del caporalato nella mastodontica Grafica Veneta).
Poi ci sono le donne dai sogni che sembrano usciti dagli anni Sessanta: fare la mamma e la casalinga. E le donne dei maggiorenti, abituate a rivestire un ruolo sociale, a obbedire alle aspettative della famiglia.

Una serie di predestinati da condizioni di partenza che non sembrano mutabili.
C’è sì un personaggio, il più intrigante e complesso, che cerca di ribellarsi a un destino già scritto e che sta scontando una colpa forse non sua, ma definirlo eroe è davvero impossibile.
Per quanto in modo diverso, nessuno si salverà davvero e tutti rimarrano vittime di una piega degli eventi che non sono in grado di controllare, perché sono tutti ingranaggi di uno stesso meccanismo.

«Volevo raccontare un pezzo di paese che va a una velocità diversa rispetto alle grandi città, dove ancora si coltivano sogni da anni Sessanta, dove la gente smette di studiare e dove non ci sono più presidi di cultura, dove ancora sono i “maggiorenti” a decidere in nome esclusivamente di un maggior guadagno» ha raccontato Carlotto a Ravenna.

Ma è davverso solo un pezzo del paese? O non è piuttosto il paese stesso così, con alcune felici eccezioni?

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