L’America di Ford in Canada

Si intitola Canada, ma quello di Richard Ford è ovviamente un romanzo che parla dell’America. È ambientato negli anni Sessanta, ma di quell’epoca ci parla quasi incidentalmente perché i temi che tocca hanno a che fare con la natura stessa dell’America dalla sua nascita: la frontiera, un mix culturale malriusciuto, l’American Dream, lo sradicamento, il passaggio dall’innocenza alla consapevolezza. Il delitto (anche se commesso da altri) come momento fondativo della propria esistenza. Una sorta di peccato originale da espiare.  Diviso in tre parti, il libro contiene quasi due romanzi narrati dallo stesso protagonista, prima all’interno della sua infelice famiglia nata da un matrimonio fallimentare (la parte più appassionante) e poi della sua vita senza quella famiglia nella solitudine, oltre la frontiera, a confronto con un’umanità confinata ai margini più estremi, nel freddo Canada.  Entrambi i “romanzi” si concludono con fatti rispetto ai quali nulla sarà mai più come prima. Sarebbero due episodi di per sé ottimi per imbastire altrettanti gialli, non fosse che colpevole e reato ci vengono rivelati in entrambi i casi ben prima che accadano, nell’incipit stesso del libro, folgorante. Perché la costruzione della narrazione va a ritroso secondo un punto di vista laterale, quello di un adolescente che si trova a essere testimone involontario e in un certo senso vittima delle scelte (sciagurate) degli adulti che lo circondano. Ford mette in campo un narratore per certi versi perfetto, perché l’io narrante racconta eventi di mezzo secolo prima ed è insieme in grado di ricordare emozioni e sensazioni di cinquant’anni prima, ma anche di osservare con distacco e analizzare con pietas e intelligenza i comportamenti di tutti, mostrando le pieghe più intime degli animi dei vari personaggi. Pochi dialoghi, lunghe descrizioni di stati d’animo, la vita nella provincia desolante del Montana fino al misterioso Canada. Una galleria di pochi personaggi tutti memorabili, tutti fuori dagli schemi più ovvi, tutti desolanti. Nonostante qualche passaggio faticoso  e un po’ verboso (almeno nella traduzione italiana) è un libro che scava nel profondo anche del lettore ponendolo di fronte a domande che hanno a che fare con il libero arbitrio, con le chance, con quella che chiamiamo fortuna e ci mostra come nessun gesto, nemmeno quello apparentemente più folle, è mai del tutto casuale. Evitabile, forse, ma non casuale.
Richard Ford, Canada, Feltrinelli, traduzione di Vincenzo Mantovani

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