Quel femminismo pragmatico di Alicia Giménez-Bartlett e la violenza sulle donne

Gimenez Bartlett Serial KillerAncora e sempre applausi ad Alicia Giménez- Bartlett, con Mio caro serial killer uscito come sempre per Sellerio già un annetto fa e tradotto da Maria Nicola.
Un libro quanto mai a tema in questi giorni in cui proliferano le iniziative per ricordarci quanto la violenza sulle donne sia realtà ancora quotidiana e da combattere, uno dei temi attorno a cui si articola appunto quest’ultimo romanzo della scrittrice catalana.

Ma attenzione, non è un libro a tesi, Giménez-Bartlett riesce infatti a imbastire un romanzo giallo in perfetto equilibrio tra lo spazio degli invadenti protagonisti e una trama ben congegnata e ben costruita. Ritroviamo (dopo anni di attesa) l’ispettrice Petra Delicado e il suo vice Firmin più che mai frizzanti e uniti e complici con quel loro darsi continuamente del lei, le battute, le bevute, le mangiate, i “riposini” in ufficio quando il lavoro non permette soste.
Accanto a loro c’è un personaggio che si direbbe non destinato a restare nella serie, un ispettore trentenne dei Mossos d’Esquadra (la polizia catalana). Si tratta di un uomo complesso che nasconde una difficile situazione personale e che dai due imparerà a sciogliersi (e a bere alcol). Contraltare di Petra e Firmin, ne mette in luce le eccentricità e le qualità come un lettore che si approcci per la prima volta a questi personaggi seriali.
I tre sono impegnati nella caccia di un serial killer di donne che hanno una sola caratteristica in comune: la solitudine non voluta e la ricerca di un compagno.

E se Petra è da sempre un inno al femminismo pragmatico, una donna che riesce a unire il salone di bellezza per la cura del proprio aspetto al giro di whisky con i colleghi, che non cede a cliché e che si interroga sul proprio modo di stare al mondo, senza mai concedere nulla al vittimismo o all’autoflagellazione (al contrario di tanti protagonisti uomini che ci tocca in qualche modo consolare), in questo libro emerge con ancora più nitidezza del solito il suo senso di appartenenza al genere femminile. La vediamo incapace di trattenersi davanti a uomini rapaci.
E tutta la storia sembra essere una denuncia della violenza (soprattutto psicologica) sulle donne e del senso di subalternità e fragilità che spesso coltivano le donne stesse nei confronti degli uomini, senza giudicare, senza salire in cattedra ma senza nemmeno negare un’evidenza dolorosa.

E così, come spesso o forse sempre accade nei migliori romanzi di genere, la verità alla fine non sarà del tutto consolatoria e le inquietudini sollevate lungo tutto il libro rimarranno ad aleggiare nell’aria senza risposte definitive. La passeggiata per Barcellona, che qui ritrova una sua affascinante autenticità nella lotta contro il turismo di massa, che ci riporta a casa avrà un sapore amaro.

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