Quanto rispettare la volontà dell’autore?

Quando si frequenta da dentro l’ambiente musicale si scoprono pieghe interessanti tra le stoffe dei musicisti.
Una di queste, abbastanza curiosa, è quella che si ascrive al rispetto della volontà dell’autore.

Ci sono, tendenzialmente, due filoni principali di musicisti: coloro che accettano come buona una qualsiasi edizione (anche stampata nello scantinato di casa) e coloro che se non suonano respirando la polvere dell’autografo non si sentono in pace con sé stessi.
Se i primi peccano di dabbenaggine che spesso li rende immuni, gommosi e refrattari a qualsiasi critica, i secondi si beano di quell’aura che si addice soltanto a novelli Siddhārta Gautama.
Vale, invero, la pena indagare questi due aspetti della stessa medaglia.

Nel primo caso, assai diffuso, la coscienza di un approccio critico al testo musicale è assente. Molto spesso questi musicisti sono meri produttori di note che si comportano alla stregua di un sintetizzatore: messo davanti lo spartito lo eseguono come i primi calcolatori le schede perforate. Non hanno vera coscienza di ciò che accade e si limitano al compitino.
Un sottoinsieme di questa categoria è composto dai direttori d’orchestra che, ancora peggio, si glorificano nel suono prodotto dal gesto senza averne ben compreso il perché.

Il secondo caso, invece, vede protagonisti coloro che indagano nelle pieghe dei manoscritti e suonano anche le macchie d’inchiostro, ritenendole espressa volontà del compositore.
Questi si producono in arringhe a favore della loro idea sottendendo di essere in contatto con chi quelle note aveva vergato (magari 300 anni prima).

Inutile dire che entrambi questi occhi soffrono di cecità. Quali fossero le espresse volontà dei musicisti non è dato sapere dai soli spartiti.
Ci sono moltissimi esempi di tagli e riadattamenti di opere fatti dai compositori stessi (un esempio su tutti potrebbe essere quello dei Puritani di Bellini) ed è un esercizio fine a sé stesso determinare quale fosse quella davvero voluta.

L’aderenza è certo interessante, tuttavia si pensi al concerto RV 340 di Vivaldi nel quale il compositore veneziano vergò di suo pugno le cifre del basso continuo insieme all’indicazione Per li coglioni.
In concerto bisognerà rendere anche questa indicazione?

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