Silenzio, quello spazio senza suoni troppo spesso trascurato

SilenzioUn aspetto spesso molto trascurato, ma di grande importanza nella musica è quello relativo non alla mescolanza di suoni e timbri, al loro continuo combinarsi, ma all’assenza di questi: il silenzio. Esiste un vero e proprio horror vacui che ci fa considerare il silenzio come qualcosa di negativo, come un pezzo di tela non coperta dal colore e, perciò, da evitare.

Vi è, invece, un grande bisogno di silenzio poiché il mondo, nonostante la nostra percezione ce lo faccia intendere continuo, è discreto e anche in musica ciò si manifesta. L’esempio più piccolo di silenzio lo si può ritrovare nell’articolazione tra due note: separandole l’esecutore crea una sorta di spazio, come se ci fosse un breve segno d’interpunzione. Ci sono, poi, le pause che possono assumere infiniti significati, dal singhiozzo al respiro per riprendere fiato, per non parlare di quelle grandi pause delle composizioni con più strumenti che assumono, invece, una valenza quasi drammatica.

John Cage

Il compositore John Cage

In tutto ciò, chi ascolta rivede l’assenza di suono. Non la pensava così John Cage, capace di comporre il celeberrimo 4’33’’ nel quale l’esecutore non produce alcuna vibrazione. Questo brano, che distrattamente si può annoverare tra le composizioni provocatorie, pone invece una questione non banale: la definizione del concetto di silenzio.
Si pensi a una esecuzione dal vivo: il silenzio sarà solamente apparente perché su di esso si staglieranno non solo i suoni, ma anche i rumori che esecutori e pubblico produrranno (la sedia che cigola, la caramella scartata, il colpo di tosse, …).
C’è anche chi considera che il silenzio perfetto sia impossibile giacché esso non esista, sia solo teorizzato, ma non sia naturale e l’argomentazione più forte in mano a chi asserisce ciò è quella che gli astronomi chiamano radiazione di fondo e che si potrebbe definire come il suono dell’universo.Nel quotidiano, invece, il silenzio è, ormai, utopia. Come per il cibo, si è raggiunto un consumo bulimico di suoni, soprattutto grazie alla facilità di riproduzione della musica. Salire in auto e accendere la radio, andare a correre con le cuffie, fare la spesa al supermercato sono esempi di gesti diventati comuni per l’uomo d’oggi, ma che sono una spia di quanto l’inquinamento sonoro sia penetrato nella società.

Riappropriarsi del silenzio, quindi, è un esercizio per recuperare uno spazio per il respiro, per il pensiero e, forse, un modo per scoprire quanto l’assenza sia essa stessa presenza.

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