Grateful Dead, compilation tributo fine a se stessa

Oltre sessanta artisti, tra cui molti dei più grossi (caviamocela così) della scena folk-rock americana sono i protagonisti di un imponente tributo alla musica dei Grateful Dead in una compilation voluta da Aaron e Bryce Dessner dei The National (che sono protagonisti di diversi pezzi) per Red Hot Organization, organizzazione benefica contro Aids e Hiv. L’album si chiama “Day of the Dead” ed è in realtà un cofanetto di cinque cd, qualcosa come oltre cinque ore di musica, che personalmente in questi giorni mi sono limitato ad ascoltare più che altro come sottofondo, inevitabilmente. Non ne posso quindi e neppure voglio scrivere una recensione, però è chiaro fin dall’inizio che è tutto davvero molto carino: oltre che dei National, d’altronde, ci troviamo di fronte a canzoni rifatte da Bonnie Prince Billy, Kurt Vile (con J Mascis dei Dinosaur Junior), Bill Callahan (quanto ci mancava, Bill Callahan), The Tallest Man on Earth, The War on Drugs, Flaming Lips, Wilco, Antony (che ora si fa chiamare Anohni e ha appena pubblicato un gran bel disco, tra parentesi), da Stephen Malkmus dei Pavement, da Richard Reed Parry degli Arcade Fire (con Garth Hudson della Band) o ancora da Lee Ranaldo dei Sonic Youth, senza contare anche alcuni pezzi sperimentali o più bizzarri per rendere il tutto meno monotono (per esempio un Tim Hecker psichedelico). In generale i Dead va detto che vengono alleggeriti nelle loro parti più obsolete a favore di un approccio maggiormente “pop”, ma in definitiva: dove sta l’utilità di questa roba così pompata e attesa pure da diversi anni? Potrà servire a far scoprire a giovani o meno giovani che non li avessero già scoperti i Grateful Dead? Può essere, bene. L’altro aspetto positivo è lo scopo benefico. Stop. Per il resto, davvero, si tratta di un’operazione fine a se stessa, come tutti i tributi, del resto. E quasi tutte le compilation. In questo caso però, ne approfitto per segnalarne una uscita quest’anno che spero possa trovare un minimo di visibilità. Qui ci hanno già lodevolmente provato i ragazzi di Club Adriatico, portando qualche mese fa a Ravenna il fondatore della label Gqom Oh che ha dato alle stampe appunto la compilation The Sound of Durban, che sarebbe il nuovo suono elettronico nato in Sudafrica, il Gqom. Sedici pezzi davvero travolgenti, tra house, ritmi tribali, electro minimale, dark, dubstep, il tutto avvolto da qualcosa di inquietante che aggiunge un tocco di misteriosità a un album senza dubbio da conservare tra le cose belle del 2016.

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