Bello il nuovo Tool, ma quel primo album…

TOOL – Undertow (1993)

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Tool “Undertow”

Il 10 giugno del 1993 vado a vedere i Fishbone. Dei veri pazzi, li ho già visti un sacco di volte, spaccano, mi sono anche rotto una costola facendo stage diving a un loro concerto, divertimento assicurato. Sono headliner di una scaletta d’eccezione.
Prima di loro suonano i Rage Against The Machine, un gruppo che sta facendo parecchio parlare di sé, io ho già avuto la fortuna di vederli qualche mese prima a Milano, a un assurdo showcase pomeridiano in una discoteca, in cui c’era più gente a buttarsi dal palco che giù a raccoglierla. Lì mi sono guardato bene dal rompermi un’altra costola.
Prima ancora di Fishbone e RATM suonano i Tool, gruppo che seguo molto ma non ho ancora avuto occasione di vedere dal vivo. Ho comprato il primo EP Opiate, promettente, ma soprattutto il nuovissimo Undertow, un calcio nei denti che mi sta facendo odiare da tutti perché lo suono costantemente e non piace a nessuno. A me piace da morire. “Sclero-music”, la definisce il mio amico Davide che ascolta brit-pop.

Beh, a quel concerto del 1993 in cui suonano tre gruppi pazzeschi, con una scaletta da mondo all’incontrario in un’epoca in cui si poteva concepire una serata così, i Tool devastano. Il tizio che canta se ne sta dietro a tutti gli altri, defilato, inquietante. Dopo pochi anni esplodono, suonano in posti enormi, con spettacoli fin troppo grandiosi, Aenima, Lateralus e 10.000 Days sono grandi dischi, pieni di raffinatezze tecniche, che non mi ridanno però l’impatto di Undertow.

Ora, 2019, esce Fear Inoculum, il loro nuovo album, preceduto da un carnevale mediatico con pochi precedenti (e di cui non mi frega assolutamente nulla), per il quale non avevo alcuna attesa. L’ho ascoltato, è bello, massimalista, scritto da paura, ti obbliga a fermarti e prenderti il tempo di ascoltarlo, come tappezzeria non funziona, vivaddio.

Ma di nuovo, datemi Undertow tutta la vita. Datemi la tigna di Intolerance, la rabbia trattenuta della mia preferitissima Sober, la freschezza di pezzi grunge perfetti come Prison Sex ed Undertow, e soprattutto datemi quella finale Disgustipated, archetipo di tutti i magistrali fine-album futuri dei Tool, che ti lascia spossato come ogni cosa degna dovrebbe fare.

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