Dallo snervante “The Dinner” agli inutili paragoni tra libro e film

The Dinner (di Oren Moverman, 2017)
ThedinnerDue fratelli si incontrano in un lussuoso ristorante per una cena con le rispettive mogli. Stan (Richard Gere, non male) è un politico apparentemente conservatore, candidato e favorito per il ruolo di governatore del suo stato, nonchè un uomo anziano, ricchissimo, sposato in seconde nozze con una donna decisamente più giovane di lui. Paul (Steve Coogan, bravissimo ma un po’ troppo istrionico) è un eccentrico professore di storia, apparentemente progressista che non ama lo stile di vita sfarzoso del fratello. I loro figli hanno commesso qualcosa di grave e la cena in realtà è una riunione delicatissima per decidere cosa fare e come affrontare la difficile situazione, anche alla luce della carriera politica di Stan. Il libro è tratto dal famosissimo libro La cena dello scrittore olandese Herman Koch, che chi vi scrive non ha letto ma si espone comunque in un’analisi che vuole andare oltre a una semplice recensione di un film completamente sbagliato. Diviso in capitoli che coincidono con le portate che vengono servite a ristorante, dall’antipasto al dessert, il film inizialmente presenta i suoi quattro personaggi adulti protagonisti per sottolineare le differenze tra le due famiglie che si ritrovano a cena; si capisce presto che l’oggetto del discorso sono i figli ma l’incipit è impeccabile e prelude a una storia dal soggetto interessante, ricco e avvincente. Col passare dei minuti il regista Moverman (anche sceneggiatore) inizia però a commettere una serie di ingenuità narrative dovute sicuramente all’ansia di confronto con il libro originale, saturando il film con flashback più dannosi che inutili che cercano di approfondire il passato dei suoi protagonisti, dando invece alla pellicola grande pesantezza e annullando ogni tensione narrativa.

Un film che ancora una volta lascia aperta la riflessione sul paragone con il libro, un accostamento che si può fare per gioco ma che mai deve essere preso sul serio, perché sono due forme di espressione molto lontane tra loro. Si possono trarre film da romanzi? Assolutamente, ma dal momento in cui il soggetto ricalca il “cugino” cartaceo, il film deve necessariamente vivere in modo indipendente e svilupparsi secondo i canoni che il cinema porta da sempre con sé. Se poi i puristi della lettura si lamenteranno di un film, è un problema loro e quasi sicuramente hanno sempre torto, come tutti i puristi di ogni arte che si rispettino. Il purismo nudo, crudo e severo avrebbe dovuto allora criticare anche il sommo Kubrick, che in quasi tutti i suoi film tratti da opere letterarie di fatto snatura il racconto originale, e Shining ne è un esempio lampante e assai felice.

Sembra che il regista di The Dinner da una parte abbia avuto proprio il timore di perdere i numerosissimi fan del romanzo di Koch, dall’altra abbia voluto metterci del suo per arricchire e “americanizzare” un romanzo europeo, ottenendo come risultato due ore pesanti e snervanti. Alla fine del film resta il gusto per il cibo, che non ha lo spazio che merita ma è la cosa più interessante, con le sue portate e le presentazioni del maître di sala, personaggio tra i più felici visti al cinema quest’anno.

La curiosità non può a questo punto che portarci a riscoprire l’invisibile film italiano I nostri ragazzi, di Ivano De Matteo, che quattro anni fa aveva portato lo stesso romanzo sul grande schermo, con meno squilli di tromba e un cast più umile (in realtà Lo Cascio e la Mezzogiorno non sono affatto male). La curiosità c’è, perché il soggetto di partenza sembra proprio meritare un’altra occasione.

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